Piccoli pazienti

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Il 29 novembre Elisa fu dimessa dall'ospedale e poté tornare a casa.
Sentì Filippo per il caso del bambino che voleva sottoporle, ma lui la rassicurò dicendole che forse era riuscito a creare un piccolo varco, un punto di contatto e in ogni caso che l'avrebbe aggiornata sull'evolversi della situazione.
Elisa il giorno successivo avrebbe visitato il suo primo paziente nello studio della sua nuova casa.
I pazienti che seguiva privatamente erano due, con età diverse e differenti problematiche.
Il primo si chiamava Andrea ed era un adolescente di tredici anni la cui infanzia era stata negata.
Il padre morì a casa di un incidente quando era molto piccolo e da quel momento la situazione economica della famiglia peggiorò drasticamente. La madre era totalmente assente perché costretta a lavorare tutto il giorno e con quel poco che riusciva a racimolare facendo le pulizie nelle case private, pagava a malapena l'affitto, le bollette e la spesa anche grazie al sostegno di alcuni parenti che badavano al piccolo in sua assenza.
Andrea si trovava adesso a vivere nuovamente un evento traumatico dovuto questa volta alla morte di sua madre, causata da una grave malattia che inesorabilmente la consumò giorno dopo giorno.
Così era stato affidato a una zia materna, la quale su consiglio della scuola aveva deciso di chiedere un consulto psichiatrico.
Il ragazzo mostrava chiaramente i sintomi di un disturbo affettivo e relazionale, con tendenza all'isolamento e rifiuto di ogni contatto o relazione interpersonale; con comportamenti oppositivi e di rifiuto; con rabbia e aggressività, bassa autostima, insicurezza e difficoltà di concentrazione.
Lo psichiatra evidenziò la necessità di un percorso psicoterapico che aiutasse il ragazzo ad affrontare e gestire le sue paure, a comprendere e accettare le proprie emozioni e di conseguenza a imparare a elaborare quei dolorosi lutti.
Quando Elisa lo incontro' la prima volta, avvertì istintivamente una profonda connessione con quell'adolescente costretto dalla vita a crescere troppo in fretta. La situazione era assai delicata e complessa, infatti la prima reazione di Andrea alla psicoterapeuta fu di totale rifiuto, di ritiro, di irrequietezza e di profonda angoscia.
Si mostrava chiaramente spaesato, triste e passivo ma poco a poco imparò a esprimere le proprie sensazioni e paure, trovando la forza per affrontare quei fantasmi che lo perseguitavano durante i suoi incubi notturni che rendevano il suo sonno agitato, spezzato e angosciante. Riviveva incessantemente la morte dei genitori e aveva l'impressione di non riuscire a svegliarsi o a volte di non respirare.
Iniziò a raccontarle delle sue difficoltà a scuola e del suo progressivo allontanamento dagli amici.
Il suo rendimento scolastico era insufficiente perché aveva difficoltà a concentrarsi per lunghi periodi.
Soffriva di una profonda solitudine, di un forte senso di abbandono, si sentiva perso e solo al mondo.
La verità è che non sapeva più a cosa credere, a chi affidarsi perché non aveva più i suoi genitori; aveva paura delle emozioni e dei sentimenti e quindi ricercava continuamente una distanza emozionale, rifiutando qualsiasi tipo di aiuto.
Con il passare del tempo Elisa riuscì a conquistare la sua fiducia, evitando di esercitare eccessive pressioni e facendolo sentire al sicuro, a suo agio, libero di parlare di ciò di cui aveva voglia e nulla di più. 
Elisa divenne un suo punto di riferimento, riuscì ad affidarsi completamente a lei e poi gradualmente iniziò a fidarsi anche di sua zia che lo accolse come un figlio, facendolo sentire amato e restituendogli quella voglia di sorridere e vivere che ormai sembrava aver dimenticato.
Il secondo paziente era Olivia una bambina bellissima di soli tre anni, con grandi occhioni verdi, capelli rossi e ricci, una carnagione molto chiara e lineamenti estremamente delicati.
La madre riferiva della sua iperattività, della difficoltà che incontrava nel farla mangiare oppure nel calmarla quando d'improvviso scoppiava a piangere ininterrottamente.
La madre era visibilmente stanca, lavorava mezza giornata e quando tornava a casa la bambina richiedeva un impegno continuativo e sfiancante. Il padre rincasava molto tardi la sera e non poteva supportare adeguatamente sua moglie.
La madre presentava chiaramente dei sintomi di depressione e di stress prolungato, mostrando una scarsa energia, un forte sentimento di autosvalutazione e impotenza di fronte agli impegni che doveva affrontare quotidianamente. Tutto ciò minava il rapporto con la bambina e con suo marito, compromettendo l'equilibrio e la stabilità della famiglia.
Elisa sapeva che la valutazione diagnostica di una bambina così piccola richiedeva un'attenta analisi del sistema familiare, del contesto socioeconomico in cui vivevano, delle loro caratteristiche personali. Si rendeva necessario coinvolgere i genitori sia per una corretta diagnosi che per la collaborazione di entrambi nella risoluzione delle problematiche persistenti.
Elisa mirava a creare la cosiddetta "alleanza terapeutica", vale a dire un processo nel quale la psicoterapeuta e i genitori arrivano ad una comprensione condivisa delle reali cause dei disturbi del bambino.
Quello che emerse nel corso delle sedute con i genitori e durante le prove che Elisa svolgeva nella "sala dei giochi", nella quale sperimentava il modello di attaccamento della bambina verso le figure genitoriali, fu una scarsa qualità della relazione coniugale che aveva influenzato negativamente lo sviluppo di Olivia, avvenuto all'interno di un sistema affettivo carente.
I coniugi non erano complici, al contrario non facevano altro che litigare incolpandosi a vicenda e creando un clima familiare conflittuale.
Emerse che la madre di Olivia ebbe un padre alcolista, violento e indifferente ma non era mai riuscita a elaborare il dramma che aveva vissuto; non aveva mai affrontato le sue paure e i conflitti interiori; aveva semplicemente scelto di metterli da parte nella vana speranza che il tempo potesse guarire tutte le sue ferite.
Purtroppo con la gravidanza e la maternità le paure riaffiorarono prepotentemente con importanti ripercussioni nell'ambito della vita di coppia e nella relazione con Oliva.
Il suo costante senso di colpa, la paura di non essere una brava mamma ma di somigliare a suo padre e il timore di non essere all'altezza, instaurarono dinamiche complesse ed estremamente pericolose.
Elisa riuscì a creare un clima di collaborazione attiva tra gli stessi genitori e l'amore smisurato nei confronti della figlia li convinse ad allearsi con la psicoterapeuta, per la comprensione e la risoluzione dei conflitti e dei disturbi di Olivia.
Con il passare del tempo i risultati arrivarono e la qualità del loro rapporto e dell'ambiente familiare migliorò sensibilmente.
La terza paziente che Elisa conobbe circa un mese e mezzo dopo il trasferimento nella nuova casa, in realtà non poteva definirsi tale.
Tuttavia finì presto per diventare quella che richiese maggiore impegno e tutta la sua dedizione.
La piccola paziente approderà nella vita di Elisa come un uragano in grado di turbare e stravolgere la sua vita.

Cari lettori/lettrici,
cosa avrà di tanto speciale questa piccola paziente per riuscire a sconvolgere Elisa?... lo scopriremo presto nei prossimi capitoli!

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