5.

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Quando entro in classe, vedo che alcuni studenti sono già seduti. Valtor è tra loro, al posto in fondo alla stanza. Mi guarda per un momento, poi distoglie lo sguardo, come se non mi avesse nemmeno notata. Mi siedo in un banco verso la parte anteriore della classe, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra noi.

La lezione procede stranamente senza intoppi. Il professore spiega il nuovo capitolo, ma faccio fatica a concentrarmi. La presenza di Valtor dietro di me è come un'ombra minacciosa. Continuo a ripetermi che devo ignorarlo e andare avanti.

Quando la campanella suona, respiro un sospiro di sollievo e inizio a raccogliere le mie cose. Mi dirigo verso la porta, sperando di uscire prima che Valtor possa avvicinarsi. Ma proprio mentre sto per lasciare la classe, sento una mano afferrarmi per lo zaino e tirarmi indietro.

«Aspetta un attimo.» dice Valtor, facendo segno a tutti di uscire dalla classe. il tono lascia poco spazio alla discussione.

Mi volto a guardarlo, cercando di mantenere la calma. «Cosa vuoi adesso?»

«Dobbiamo parlare.» dice, tirandomi leggermente verso il corridoio ormai vuoto. «Subito.»

«Di cosa?» chiedo, cercando di liberarmi dalla sua presa. «Non ho niente da dirti.»

Valtor mi guarda intensamente, e per un momento vedo una scintilla di qualcosa che non riesco a identificare. «Non qui.» dice. «Seguimi.»

Contro il mio miglior giudizio, lo seguo fuori dalla classe e giù per il corridoio, fino a una porta che porta a una scala secondaria. Ci troviamo in una zona della scuola poco frequentata, e Valtor chiude la porta dietro di noi.

«Che diavolo sta succedendo?» chiedo, cercando di mantenere la voce ferma.

«Ascolta» dice Valtor, guardandomi con serietà. «Non so cosa tu pensi di fare, ma stai mettendo nei guai non solo te stessa, ma anche me.»

«Io? Mettere nei guai te?» esclamo incredula.
«Sei tu che hai fatto quella sceneggiata ieri!»

«Sì, ma non sei stata tu a fare il mio nome al preside?» ribatte lui, con un tono accusatorio.

«Hai fatto accusare Hector!» rispondo, sentendo la rabbia crescere dentro di me.
Si passa una mano tra i capelli, sta perdendo la pazienza. «Hanno chiamato la mia cazzo di famiglia, per colpa tua.» Ringhia acido, avvicinandosi sempre di più a me.

«Quindi ora tu andrai dal preside a dire che è stato Hector.» insiste, stringendo i denti.
«Scordatelo» rispondo a tono, indietreggiando e allontanandomi da lui.

«Cazzo! impara a stare al tuo posto.» ribatta.
La sua mano afferra il mio polso, facendomi quasi male mentre mi strattona verso di lui.
«Ora o fai come ti dico, oppure ci saranno delle conseguenze.» cerco in tutti i modi di liberarmi dalla sua presa. «Non mi fai paura.» dico, cercando di convincere più me stessa che lui.

La porta della scala si apre di colpo, rivelando Tiffany con un sorriso compiaciuto sul volto.
Valtor mi lascia di scatto, avvicinandosi a lei.
«È tutta tua.»

«Oh, che dolce scenetta.» dice con un tono velenoso. «Me la presti?» conclude lei, come se fossi un oggetto.

Tiffany si avvicina con un'aria minacciosa, e prima che possa reagire, mi spinge con forza. Perdo l'equilibrio e cado all'indietro, sbattendo contro il muro e scivolando a terra. Un dolore acuto mi attraversa l'addome e so che avrà lasciato un livido.

«Ops.» dice Tiffany, fingendo dispiacere.
«Spero di non averti fatto male.» sorride.
«O forse era proprio quello il mio intento»

Prima che possa rispondere, sentiamo dei passi avvicinarsi. Tiffany riesce a scendere prima che qualcuno arrivi, mentre io sono immobile a terra.
Mi volto e vedo un gruppo di insegnanti che si avvicinano, con espressioni severe sui loro volti. Uno di loro è il preside.

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