14.

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Finalmente, usciamo dal locale. L'aria fresca della notte mi colpisce in faccia, ma non riesco a godermela perché Valtor non accenna a rallentare.

Mi trascina in mezzo a varie persone che aspettano la loro entrata nell'edificio.

«Non puoi continuare a trattarmi così, Valtor!» urlo, cercando di fargli capire che non sono una sua proprietà. Ne tantomeno ha il diritto di trascinarmi via ogni volta che vuole.

«Oh, posso eccome,» replica freddamente, non rallentando nemmeno un po'. «E lo farò finché non imparerai a seguire le mie regole.» Resto esterrefatta.

Mi trascina verso la sua macchina, dove finalmente si ferma e mi lascia andare. La mia schiena è appoggiata allo sportello del guidatore. «Che diavolo pensavi di fare lì dentro?» mi chiede, il suo sguardo è duro.

«Io?» rispondo, incredula. «Sei tu che mi hai trascinata fuori senza motivo!» roteo gli occhi sbuffando. «Io dovrei chiederti cosa pensi di fare una volta avermi portata via.»

Valtor scuote la testa. «Senza motivo? Quel tizio ci stava provando con te e tu lo lasciavi fare.» La mia faccia è disgustata, prima di tutto non lo stavo "lasciando fare", secondo, anche se fosse a lui cosa importa?

«E allora?» ribatto, incrociando le braccia sul petto. «Non sei nessuno per dirmi cosa fare.»

«Forse no» dice avvicinandosi, abbassando la voce. «Ma tu sei sotto il mio comando ora. E non permetterò a nessuno di toccarti.»

Lo guardo negli occhi, cercando di capire se è serio. C'è qualcosa nella sua espressione, un lampo di rabbia, che mi lascia senza parole. «Non ho bisogno della tua protezione» sussurro, ma la mia voce suona meno convinta di quanto avrei voluto.

«Tu non mi priverai di un sano divertimento, che tu lo voglia o no.» mi allontano dalla macchina, iniziando a camminare verso la fermata del bus, poco distante.

«Dove stai andando? Dobbiamo seriamente ripetere il casino dell'altra notte?» lo sento urlare alle mie spalle, ma non mi giro, sono stufa di questi suoi comportamenti insensati.

«Fermati.» Non rispondo, continuo lungo la strada, cercando di allontanarmi il più possibile.

«FERMATI, CAZZO!» La sua voce mi immobilizza. L'ho già sentito arrabbiato, ma questa volta sembra diversa, più carica di qualcosa che non riesco a decifrare.

Solo in quel momento decido di girarmi. Lo vedo fermo, lontano da me, che mi guarda con un'intensità che mi toglie il fiato. La sua camicia nera è sbottonata e i capelli arruffati. A quella vista, perdo quasi un battito; la sua bellezza è qualcosa di disarmante.

«Che cazzo vuoi da me?» grido, la mia voce piena di frustrazione e rabbia. «Non puoi continuare a trattarmi così, Valtor!»

Lui avanza verso di me, i suoi occhi scintillano di rabbia e qualcosa di più oscuro. «Non puoi andare in giro a fare quello che vuoi, Evyn. Non quando sei sotto la mia protezione.»

«Protezione?» rido amaramente. «Non mi proteggi, mi controlli! Mi usi come un giocattolo!»

Valtor si ferma a pochi passi da me, la sua espressione è dura. «Non capisci niente, vero? Non è solo questione di controllo. Quel che ho fatto ora, è per la tua sicurezza.»

«La mia sicurezza?» ribatto, la mia voce tremante di rabbia. «Sei tu il pericolo maggiore per me! Mi hai portata via da lì come se fossi di tua proprietà!» Mi passo le mani tra i capelli, la rabbia mi brucia in corpo. «Non fai altro che rendermi la vita difficile, mi ricatti e mi usi per farti da cameriera, cazzo»

Mi avvicino di poco, le mie scarpe risuonano sull'asfalto.
«E io non ho altra scelta se non ascoltarti, perché non tutti sono dei ricchi di merda come te.» Gli punto il dito contro.

Secret Heart.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora