7.

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Evyn pochi attimi prima di vedere Valtor.
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Cammino verso casa, sono stata tutto il giorno in giro, dopo l'incontro sgradevole con Valtor ne avevo bisogno. Il staccare un po' da tutto questo trambusto mi serviva, non voglio sentire nessuno e non parlare con nessuno. Solo io e la mia mente, solo me stessa. Spesso vorrei solo scomparire dal mondo, senza fare rumore. Come una piuma che vola libera nel cielo.

L'aria è diventata più fredda e il sole sta tramontando. Guardo il telefono, cercando di capire se sto seguendo la giusta direzione. «Dice di girare a sinistra» mi ripeto ad alta voce, non faccio spesso queste stradine per tornare a casa, ma oggi volevo cambiare. Già me ne pento. Muovo di poco il telefono vedendo la freccetta del navigatore muoversi insieme a me.

Continuo a seguire la strada, ma un senso di angoscia e preoccupazione mi affligge. Non ci sono lampioni e il sole sta tramontando. Cerco di tranquillizzarmi, infondo mancano solo pochi minuti e poi arriverò a casa. Provo a mettere da parte quelle brutte sensazioni e continuare dritta per la mia strada, senza pensare a nulla.

«Non era questo il patto» una voce lontana e minacciosa risuona all'interno della stradina che sto percorrendo.
Il sole è ormai sparito e al suo posto l'ombra è apparsa, prendendo possesso di tutto. Accendo la torcia, in qualche modo devo farmi luce e cerco disperatamente di vedere qualcosa di fronte a me, ma non ci riesco.

Continuo a camminare, evitando varie cianfrusaglie buttate per strada, ma ad un tratto vedo delle luci. Alzo il volto notando vari ragazzi fermi, quasi come se stessero aspettando qualcuno, i fari delle loro moto illuminano quello squarcio di strada.

«Devo farti tornare in galera?» rabbrividisco sentendo la stessa voce di prima, questa volta più vicina che mai, devo andarmene e anche in fretta.

Spengo la mia torcia, cercando di nascondermi dietro un muretto. Non voglio farmi vedere, tornerò indietro e prenderò un'altra strada. Mi volto, iniziando a camminare nella parte opposta a quella dove sono gli uomini, ma una voce mi blocca, o per meglio dire, il sentire un nome mi blocca. Quel nome.

«Valentine, cerca di non deludermi questa volta» mi giro di scatto, cercando di vedere chi fosse coinvolto con questo uomo. Inizialmente faccio fatica a capire, vedo solo schiene di uomini.
«Pensi che io abbia paura delle tue minacce?» spalanco gli occhi, non appena sento la sua voce.

Valtor.

Mi giro di scatto. «Faresti meglio a tacere» l'uomo minaccioso continua ad avvicinarsi sempre di più alla figura di Valtor. «Ricordati, che tu non sei nessuno» sputa acido l'uomo, puntandogli un dito sul petto.

«Pensi che la prigione sia il posto peggiore in cui mandarmi?» sogghigna, avvicinandosi con fare sicuro all'uomo. «Minacciami di nuovo e ti farò rinchiudere in posti che faranno sembrare la prigione un fottuto sogno» lo guarda con superficialità, mentre cerca di superarlo.

L'uomo in risposta gli punta una pistola dritta sulla nuca, e senza esitare fa risuonare il rumore del grilletto nell'aria, resto immobile, pietrificata da quella visione.
«Non mi piacciono le armi» la serietà nelle sue parole, precedono le sue azioni. Si gira, assestando un pugno ben preciso sul volto dell'uomo, che in risposta lascia cadere la pistola.

Valtor tira un calcio a quest'ultima, allontanandola.
La sua mano arriva dritta al collo dell'uomo, lo sbatte al muro e lo osserva. Resta fermo per vari istanti godendosi la visione, l'uomo tenta in tutti modi di liberarsi. Sta soffocando e la sua faccia si tinge velocemente di rosso.
«Se ti uccidessi ora, nessuno lo verrebbe a sapere» sussurra Valtor, stringendo sempre di più la mano.

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