Capitolo 1

120 16 0
                                    

L'orologio segnava le 16:15. La persona che aspettavo sarebbe arrivata nel giro di venti minuti. Il ticchettio delle lancette era snervante quasi quanto l'attesa. Non avevo mai fatto nulla di così folle. Sentivo la tasca interna del cappotto di un'innaturale pesantezza. Ci infilai la mano per assicurarmi che la pistola avesse ancora la sicura inserita. Era carica di un colpo solo, ma non avevo alcuna intenzione di usarla. Ero una madre, non avevo intenzione di diventare un'assassina. Attendevo con ansia l'ora X mentre mi accarezzavo dolcemente la tenue rotondità della pancia. "Starai bene, figlio mio. Staremo tutti bene."

Circolavano strane voci sul suo conto e lei, che si aspettava una persona di irritante conformità, rimase esterrefatta quando le assurde dicerie trovarono conferma nella scena che le si parò davanti. Era un'umida giornata di novembre a San Lorenzo, il sole faceva capolino tra gli alti rami dei cipressi del cimitero, l'aria profumava di pini e nessun rumore interrompeva il cinguettio degli uccelli, tranne un cantilenare sommesso e piagnucoloso. Un'altra persona avrebbe ignorato la preghiera e sarebbe andata avanti per la sua strada. Emilia Rossi era in ritardo alla conferenza cittadina sul biorisanamento e avrebbe dovuto evitare di indugiare lungo il vialetto di ciottoli. Provava una strana miscela di eccitazione e inquietudine, mentre si accostava al cancello del cimitero, incerta sul da farsi. Fin da piccola era stata una bambina curiosa; non si asteneva mai dal porre domande, sezionava i giocattoli per capirne il funzionamento ed una volta addirittura si era intrufolata nella sezione chiusa al pubblico del museo cittadino, sicura che ivi vi nascondessero parti di navicelle aliene. Entrò varcando la soglia, accompagnata dallo stridere acuto del ferro che strisciava sui sassi. Incespicò tra i cespugli e con una punta di inquietudine nel cuore si incamminò verso la sorgente del suono. A pochi passi dalle sue Jimmy Choo laccate, un uomo in ginocchio stringeva tra i pugni i ciuffetti d'erba che ricoprivano la lapide marmorea. Non v'era altra anima viva nei dintorni, solo un enorme cane nero che scavava buche nel terreno per poi rincorrersi la coda. L'uomo, assorto com'era nel suo dolore, non si era accorto dell'intrusa presenza alle sue spalle che lo osservava incerta. Sembrava una scena troppo intima affinché Emilia potesse irrompere con la sua presenza: lesse l'incisione ma non indugiò sull'epitaffio e sulla data. La sua attenzione era tutta rivolta all'identità del pover'uomo che straziato soffocava tra i singhiozzi. Si chiese cosa fare in una situazione simile. Si accostò piano alla figura, decisa a posargli una mano sulla spalla e a tentare di consolarlo, ma poi si domandò se il gesto sarebbe stato apprezzato o se rischiava di passare come un'invasione del suo intimo momento. Decise, dunque, che fosse meglio lasciar stare e si incamminò verso l'uscita. Si voltò un'ultima volta e indugiò qualche secondo sulla schiena dell'individuo che continuava con la sua cantilena. La figura di spalle aveva un'aria familiare, ma non abbastanza da poter essere riconosciuta. Emilia si guardò intorno per cercare indizi sull'identità dello sconosciuto e notò una valigetta consumata sul prato che recava due lettere appuntate: L. S. Una vaga intuizione sembrava voler cogliere Emilia, ma una densa nebbia nella sua mente le impediva di associare quelle iniziali a qualcuno che conosceva.

Passarono alcuni minuti e poi, finalmente, una folgorante illuminazione colse di prepotenza Emilia, diradando di colpo la nebbia e aprendole una visuale del tutto nuova. Ella riconobbe in quelle iniziali il nome di Luca Salzano, l'anonimo impiegato delle Risorse Umane.

Luca Salzano era agli occhi di molti uno spietato omicida e, per pochi altri, un pover'uomo coinvolto in ciò che i più scettici definivano "una serie di spiacevoli equivoci". Vedovo, senza figli e senza parenti tranne una lontana zia trasferitasi in Germania, Luca Salzano aveva sul capo una denuncia per delitto passionale.

La moglie, Eleonora Brisetti, era stata trovata brutalmente assassinata nella camera 104 dell'Hotel Donatello con due colpi di rivoltella da collezione. L'arma era stata ritrovata per terra, tra le mani della donna, ancora vestita del cappotto. Inizialmente, la polizia aveva supposto si trattasse di un suicidio, e i giornali locali, il giorno stesso, pubblicarono gli articoli con il titolo "Scrittrice di successo si toglie la vita". Ma, date alcune incongruenze tra la scena del crimine e le ipotesi, si avanzò l'idea che Eleonora stesse aspettando l'amante. Così, interrogarono il marito, Luca Salzano, il quale ammise che la donna frequentava da tempo un altro uomo e che non aveva nulla in contrario dato che l'unico motivo per cui non divorziavano era la pecunia a suo favore. Luca era ben consapevole delle ragioni materiali che li tenevano uniti, nonostante il tradimento di Eleonora, poiché il divorzio avrebbe significato una perdita significativa dei suoi beni e della sua posizione sociale. Questo dilemma morale lo tormentava, ma sentiva di non avere alternative se non rimanere con sua moglie per garantirsi una sicurezza economica. Tuttavia, nel profondo del suo cuore, covava un risentimento crescente nei confronti di Eleonora e dell'uomo che aveva distrutto il loro matrimonio.

La signora Maria,
cameriera presso l'Hotel Donatello , si trovava a pochi passi dalla camera in cui era avvenuto il tragico evento. L'udito affinato, caratteristica essenziale per il suo lavoro, non le fece sfuggire il suono di uno sparo. Spaventata, si affrettò verso la camera 104, il cuore battente nel petto.

Giunta sul luogo, trovò Eleonora immobile, distesa sul pavimento. Un misto di paura e compassione si impadronì di lei mentre si avvicinava con cautela. Nel tentativo di soccorrere la donna, Maria toccò il corpo per verificare se fosse ancora viva e sollevò l'arma, sperando di trovare qualche indizio che potesse spiegare quanto accaduto.

Quando la polizia arrivò, Maria confessò immediatamente ciò che aveva fatto, spiegando di aver agito per istinto nel tentativo di salvare la vita di Eleonora. Nonostante l'errore commesso nel manipolare la scena del crimine, la sua sincerità e la sua reputazione di lavoratrice diligente contribuirono a escluderla dalla lista dei sospettati.

Le testate dei giornali del giorno seguente recavano la scritta "Il giallo di Eleonora Brisetti: ora è delitto passionale", e il signor Salzano venne accusato di aver assassinato la moglie a sangue freddo per gelosia. Furono necessari mesi di processi, tre testimonianze dell'amante e il miglior avvocato della città affinché la sentenza fosse sospesa sino a nuovi sviluppi e il pover'uomo lasciato finalmente a metabolizzare il lutto. E a preparare la vendetta.

Ombre tra di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora