Capitolo 4

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Lanciò i gambi verso di me, e solo allora persi le staffe. Mi scagliai contro di lei come una furia, fermandomi solo quando mi trovai a pochi centimetri dal suo viso. Sembrò confondersi per un istante, e io ne approfittai per baciarle le guance con fermezza, cercando di trasmetterle un senso di calma e di accoglienza.

-Grazie per essere venuta.- Dissi con voce pacata, mentre i miei occhi incontravano i suoi con una determinazione misurata. -Gradisci un té?-

Attonita, prese a balbettare, i suoi occhi riflettevano una miscela di sorpresa e incertezza.

-Le mie orchidee...erano bruciate...tutte.-

Mi mossi lentamente alla ricerca della teiera che avevo fatto preparare preventivamente. Mentre versavo il contenuto nelle tazze azzurre pregiate, osservavo il suo sguardo, cercando di cogliere qualsiasi indizio sulle sue sensazioni.

-Vedo che hai ricevuto il mio messaggio.-



Emilia osservava interdetta la scena davanti a sé, mentre il tempo passava inesorabile. Il giorno era ormai spuntato, e ben presto le strade di Napoli si sarebbero riempite di vita, come una linfa vitale che scorre tra le arterie della città.

Decise di allontanarsi dall'uomo e di imboccare il vialetto fatto di ciottoli che conduceva verso l'uscita. Tuttavia, dopo alcuni passi, il tacco della sua scarpa destra rimase impigliato tra i sassolini e, dopo alcuni tentativi di liberarlo, si spezzò sonoramente. L'uomo si voltò di colpo, gli occhi spalancati come quelli di un cervo nella luce dei fari. Trasudava paura, e l'adrenalina lo attraversò come una scarica elettrica, mentre ogni cellula del suo corpo urlava -Pericolo!-.

Le sue pupille, nere come la pece, si dilatarono quando individuò l'origine dell'interruzione, e ciò che fino a quel momento era stato percepito come cacciatore, ora divenne preda. La vide tentare la fuga, inciampando sulla stradina, e con un balzo felino si gettò all'inseguimento. In quel momento, si sentiva più animale che uomo, più predatore che essere umano razionale. Si vedeva già tra le mani l'assassina, assaporando il dolce sapore della vendetta. L'avrebbe derisa per il suo puerile tentativo di metterlo a tacere per sempre - se quello era davvero un tentativo di uccidere anche lui - e poi chi sa cosa ne avrebbe fatto. Nel cimitero, nessuna anima vivente avrebbe potuto fare da testimone: tra i suoi cancelli, solo tre presenze avrebbero visto l'accaduto. E una di esse era un cane. Sarebbe stato il delitto perfetto; nell'ala Ovest aveva anche visto una fossa a cielo aperto. Magari dopo avrebbe potuto seppellirla lì. I pensieri scorrevano veloci nella mente di Luca. "Se anche dovessero scoprirmi, confesserò che e lei l'assassina che ha ucciso mia moglie. Finalmente riposerà in pace."

Raggiunse rapidamente la sua preda, l'agguantò e la tenne ferma mentre entrambi caddero rovinosamente sull'erba bagnata dalla rugiada. Con una mano sulla nuca, la strattonò affinché si voltasse e gliela portò alla gola. Era da tempo che desiderava stringerle la presa al collo, di sentirla chiedere aiuto con tono supplice... Eppure, sciolse la ferrea presa in fretta.

La donna ferma sotto il peso del suo corpo non era l'editrice che riteneva colpevole dell'omicidio. Rimase alcuni secondi intontito, incapace di muoversi e ancor di più di proferire parola. Emilia, terrorizzata, si dibatteva sotto il peso del robusto corpo di Luca, anch'ella incapace di muoversi, seppure per un motivo totalmente diverso.

Ignorava il motivo dell'aggressione, ma capiva che scappando aveva confermato in lui quel moto emotivo che l'aveva spinto a inseguirla. Dunque, lei scappava perché lui la rincorreva e lui la rincorreva perché lei scappava, entrambi all'oscuro dei motivi che spingevano l'altro a farlo.

Temeva che fosse impazzito di colpo per il dolore, o che fosse infuriato per l'interruzione, o addirittura che lui fosse davvero un omicida e che ora volesse uccidere anche lei. Il respiro affannoso le gonfiava ritmicamente il petto premendo contro la giacca di lui.

Ombre tra di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora