Mosse necessarie

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"Fratè ma che hai fatto ad Holy?"

Salvo e la sua domanda campeggiano alle pendici del mio studio e mi spiegano, con sette parole, la ragione del tuo ritardo.

Sospiro. Aria dentro e fuori come nei sacchetti di plastica, così fa meno paura. Spero.

"Sempre meno di quello che vorrei, perché me lo chiedi?" sparo così, cartuccia ultima di tante confessioni non fatte, perché il vizio di non parlare lo perdo nella prossima vita, se ce ne è una. Speriamo comunque che in quella il tuo e il mio anno di nascita coincidano, almeno per rendermela facile, una volta, per provare come sia non correre sempre lontano da ciò che si vuole.

Sospira anche Salvatore ancora appoggiato allo stipite della porta, come a chiedere permesso di poter entrare, qui e nel mio mondo, che poi è quasi la stessa cosa: "Perché quel deficiente ha appena fatto una piazzata a Sarah, lasciando intendere che sia stato spinto a lasciarla da te, ne sai niente?"

Grugnisco in risposta mentre mi alzo e rivolgendomi a un Dio tecnologico che sono certo ci stia ascoltando: "Siamo sempre sicuri della storia del "mai più" vero? Io non ci metto molto a ritrattarla"

"Sicurissimi" la risposta metallica non tarda ad arrivare, sempre troppo efficienti, attenti a non far valicare il confine dell'errore, l'ha permesso Dio e non è finita poi così male. Una mela, un omicidio, quale sarà mai la differenza, è sempre peccato, avvelena la mela come gli animi. Avvelenati, siamo una società malata in cerca di sollievo ma mai di antidoto, forse abbiamo paura di guarire perché poi sbagliare è solo nostra responsabilità.

Scuoto le spalle davanti allo sguardo stupito del mio amico, quante non ne sa sempre per questa lingua che di muoversi non ne vuole sapere. "Sai ndo sta lei?" gli chiedo veloce affiancandolo mentre mi racconta che ti ha vista salutare Mari e Sofi per dirigerti in cucina, il film che stavate guardando dovrà aspettare i tuoi doveri o forse la remota possibilità di incontrarmi. Lo ringrazio sorpassandolo prima di sentirmi trattenere dalla spalla: "Poi me la spieghi"

Ha gli occhi come fari nella notte, forse di questi si è innamorata Mari, raccontano quanto sia buono, vero, generoso perché gli straborda da quell'azzurro elettrico. Annuisco e spero di non mentire, spero di potermi mettere a tavolino, guardarlo rubare dei biscotti in più "so fondenti non so davvero dolci" , ridere e raccontargli che cazzo penso da due mesi a questa parte. Se lo merita, anche solo per aver atteso su quel limbo così tanto. Dopo però, prima vieni tu, vieni sempre prima tu.

Ti trovo così, appoggiata a un mestolo che giri impaurita come se potesse animarsi e colpirti, immersa nella farina e con un'espressione di frustrazione sul volto. Sei bella, e quando mai.

"Che c'è mozzica?" ti parlo da lontano così ti abitui al fatto che ti ho trovato anche qui, anche quando ti nascondi da te stessa. Sotto pelle Sa. Ti sento.

Sbarri gli occhi e lasci il mestolo che tanto è incollato a quel cemento che stavi girando, mi sa che stasera meglio pasta per tutti. "Jo" sussurri "scusa non ti ho aspettato"

"No quello so io" parole spicce, sono stufo di aspettare "sono arrivato sei anni prima circa, mi avevi detto aspettami ma non pensavo tutto sto traffico, me sa che non è vero che in Paradiso se scorre"

Fermi. Sul giaciglio del tempo, incerti se dire che si è sentito o meno, se adesso cambia tutto. Allora parlo io va che con i non detti ci ho costruito una fortezza di casini.

"Non gli ho detto de lasciatte" fiume in piena "non te lo farei mai. Gli ho detto che se te faceva soffrì, se te sfiorava e te non volevi, lo ammazzavo, anche sotto tutte le telecamere del mondo. L'ho insultato si, questo si, perché lo doveva sape che è lo stronzo più fortunato su sta terra a statte vicino. Ma non gli ho detto de lasciarti, gli ho detto di amarti se ne era capace o de sparì per sempre"

Tremi, si vede dalle labbra, chissà se anche lì dietro ci sono fiumi di parole non dette.

"Perché non me lo hai detto?" eccolo l'argine che si disintegra davanti alla tua innocenza "lo dovevo sapere"

"Eh perché" lingua fra i denti a sibilare per paura di sbagliare "perché so un cojone, penso che c'hai bisogno de me. Ma tu fai da sola Sarè, sei più forte di chiunque, non hai bisogno né di me né di nessun altro"

Occhi grandi. Li regali anche a me. Neri forse ma sempre grandi.

"Scusa" lanciato lì, perché che ci devi fare con le scuse, eppure non so dire altro. Scusa, se sono così, scusa per quello che voglio.

"Io ho bisogno di te"

Occhi grandi, fiato corto, limbo e spazio infinito

"Per questo non mi devi nascondere nulla, altrimenti come mi fido?"

Ti avvicini tu e mi getti le braccia al collo. Spostati, allontanati, perché io non riuscirò mai a farlo.

La lingua bagna labbra aride delle parole che vorrebbe dirti: "A che te servo io?"

L'anima è nera ma tu forse ci hai visto stelle e ne hai colorato le tue iridi. La notte più luminosa di sempre: "Ad esempio a far avere una cena agli altri" belli i fuochi d'artificio, i tuoi molto di più. Poggi la testa sul mio petto che si alza a ritmo veloce mentre ti lascio un bacio tra i capelli, ora non mi sembrano così lunghi: "Che hai combinato con quelle patate?"

"Non sapevo che 12 fossero troppe" borbotti ridendo ancora nascosta in un abbraccio che non slaccerei mai. Ti sento sempre ma qui, tra le mie braccia, ti vivo ed è decisamente meglio.

"Mi dispiace Sa" soffoco i miei rimorsi tra le tue onde al sapore di vaniglia "non te volevo fa male". Ti stringi di più a me, rassicurandomi, bimba e madre nelle stesse mani che tranquillizzano ma cercano appigli a cui aggrapparsi per non cadere.

"Anche a me" non minimizzi, non ti nascondi dietro la retorica del buonismo, lo senti e lo dici, così pura che non serve leggerti dentro, lo racconti tu. "Ma tanto io lo sapevo che stava mentendo" continui ancora cullandoti nel mio respiro "diceva che ci hai fatto lasciare perché in realtà vuoi stare tu con me, ti rendi conto?"

"Ah si?" dico

"Te rendi conto?" penso

Annuisci e ti allontani con mio enorme disappunto: "Continuiamo la ricetta?"

"Fa bolli l'acqua Fatì, gli esperimenti meglio domani"

Ridi. Va bene così.


Note d'autrice:

Eccoci qui! Scusate un pelo di attesa, qualche piccolo problema nella vita non cartacea. Questo capitolo è un esperimento di un quasi flusso di coscienza, ci tengo molto a sapere che ne pensate!

Ah e ovviamente grazie moltissimo per le 2000 letture!

Un abbraccio

Randagi e AvvelenatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora