Facile

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"La cena è quasi pronta" ma a chiamarmi non è la tua voce. Questo suono racconta una familiarità dispersa, una casa non più tua a cui ogni tanto passi davanti e ti perdi a guardarti nel riflesso delle finestre cercando ancora un po' di te. "Grazie Ce, arrivo subito" nemmeno mi volto per rispondere, non ho i tuoi occhi da cercare, spero di incontrarli a cena. Ho fatto un casino anche stavolta, lo so.

Dita sfiorano le spalle, mi ha sempre chiamato così: "Tutto bene?". Sarebbe facile dire di no, con Cecilia è sempre stato tutto facile. Mi è piaciuta la prima volta che l'ho vista, il trucco ancora non faceva comparsa sul suo viso e lo zaino pendeva pieno di portachiavi agganciati alla bene e meglio sui manici. Rideva fortissimo, la risata di Ceci è sempre scattata per nulla, prorompente e contagiosa impossibile da evitare. Così diversa dalla tua che soffia leggera e roca, quasi un gesto intimo per poche orecchie, chiede permesso per esprimersi.

Cecilia è stata una storia semplice. Come l'ho sempre desiderata. Mi piaceva e le piacevo. La amavo e mi amava. Pensavo per sempre. Se poi un sempre esiste.

Adesso che la guardo con ancora le sue dita a sfiorarmi la spalla, agganciate a un passato che conosciamo, mi chiedo quando abbia cominciato a portare il rossetto. Forse nello stesso momento in cui ha spuntato i capelli e li ha resi più biondi, in cui ha iniziato a perdonarsi, in cui ha messo i tacchi per andare a ballare e non mi ha più scritto a che ora sarebbe rientrata, in cui è cresciuta e per me non c'era più spazio. Nemmeno per un messaggio.

"Penso lo sapessi da quando hai deciso cosa cantare che effetto avrebbe avuto" che senso ha nascondersi? Via gli schemi, i costrutti, le colpe. Il dolore deve fluire per riconoscersi, senza più bisogno di carnefici ma solo di cura. Scotta ancora la cicatrice a giudicare dalla velocità con cui si discosta. "Ne avevamo bisogno" occhi a terra, parlarsi senza vedersi. Me li ricordo verdi, chissà se hanno la stessa luce.

"Avevamo?" ripeto, lasciando che il dubbio, vecchia conoscenza, cominci a scivolare nel vuoto tra me e lei, filando la sua tela di fitti interrogativi. Annuisce facendosi finalmente leggere dentro, sono ancora verdi dopotutto: "Avevamo Jo" sospiro mal tenuto "io di perdonarmi e tu di andare avanti".

Non è passato poi tanto, eppure in questo momento non è passato nemmeno un minuto. Uno davanti all'altro e io che cerco le forze per implorarle di restare, nonostante tutto. Perché insieme è stato facile, tanto da dimenticare quanto sia difficile essere soli. Non le ho trovate quelle parole, chiuse a chiavistello nel punto più basso di un uomo: la dignità. Lei è scivolata via tra gli impegni di una vita da riempire, per renderla semplice ma mai facile perché senza di lei cosa lo era? Persa tra centinaia di occhi con cui la sintonia non scoccava per istinto, ma per necessità. Naufragata in lacrime mischiate a alcool di scarsa qualità ma di grandi risultati. Dimenticata su altri volti, seni, mani che hanno disegnato fiori attorno a quella cicatrice senza mai riuscire a guarirla. Perché quando è facile la cosa più difficile è riuscire a smettere.

"Io sono andato avanti" mi piacerebbe che la rabbia parlasse per me invece che il dolore, così secco che gratta la lingua prima di uscire "e per fortuna visto che mi ha regalato la vita". Non voglio perdere il focus, torno a pensare ai tuoi occhi nocciola, alla tranquillità che mi doni, al mio cuore che urla il tuo nome da quando l'ho sentito la prima volta. Amore mio mai semplice, mai facile questo è vero, ma quanto bello. Da costruire insieme, dopo ogni caduta.

Sorride e deve essere proprio amaro questo boccone: "È bellissima, complimenti". Ci metto quel secondo di più a collegare il cervello, l'attacco dell'usb girata male nella porta o Dio sa cosa, per uscirmene con la frase più sbagliata possibile: "Te somiglia".

Ho visto Cecilia rompersi mille volte almeno quante ricomporsi e lo so che queste parole sono esattamente quello che le serviva per cominciare a colmare quel vuoto tra noi. Lo so, ma perché l'ho detto?

"Ti ringrazio ma è molto più bella di me, anche l'età aiuta, sembra proprio una fata. Le hai scelto bene il soprannome" mano che scivola nella sua e la lascio fare nonostante sappia che le mie dita ne abbiano ben altre a cui intrecciarsi. "L'hai vista? La stavo aspettando da un po'" che è un po' come chiedere a Gertrude dove si trovi Cenerentola aspettandosi di ricevere indicazioni.

Scuote la testa e continua a giocare con le falangi che rispondono, facilmente, al suo tocco: "No, in realtà no, credo avesse un po' da fare e non sembrava aver preso molto bene l'esibizione. Era su tutte le furie uscita dagli studi"

Ti ho persa subito alla fine delle riprese e non pensavo che qualche altro sguardo avesse catturato il tuo furore. "Che ha fatto?" chiedo preoccupato da dove le mie lacrime possano averti trasportato. Tu che meriti solo gioia.

"Penso sia giusto che te lo dica lei Jo, ma io qualche domanda comincerei a farmela se le basta una canzone a mettere in dubbio la vostra storia"

Mi aggancio alla sua mano, stringendola, appiglio sicuro: "Che stai a dì? Sarah è la ragazza più innamorata della terra"

Vicini tanto da scrutarsi i pensieri, per conoscersi di nuovo, magari da capo: "Lo ero anche io Jo, delle volte, semplicemente, non basta"

La scruto mischiando i frammenti di passato a presente e forse a quello dell'immaginato futuro. Parentesi ormai chiuse del "come sarebbe andata se", non c'è stato tempo e non ne troverò altro ma è vero, era innamoratissima, prima di conoscermi davvero, prima di capire chi fosse davvero Joseph e volare altrove ma lontano da me.

"Ti aspetto a tavola" scivola ancora via, sempre dalle dita, come ormai sua abitudine e certe cose non cambiano mai. Mi lascia solo con i dubbi che ormai hanno formato una tela impossibile da attraversare senza rimanerne ingarbugliati. Domande sbagliate e risposte peggiori, dovrei cercarti e ripartire ancora e di nuovo da lì, dall'ennesima caduta. Avrebbe poi senso? È per questo che sei scappata? Di nuovo?

Mi accascio esausto al pianoforte, alla fine non era Peter ad aver scelto Wendy era Trilli a non avere più voglia di volare con Peter.


Note d'autrice:

Eccoci qui! Con un aggiornamento più breve del solito ma che preannuncia qualche novità. Innanzitutto, chi non avesse ancora rimediato, subito a stremmare Tacchi, tra le dita! In secundis ho deciso di partecipare, attraverso questa storia all'iniziativa Writober, quindi da qui a fine mese avremo aggiornamenti quotidiani tutti con ispirazioni differenti (le trovate nel titolo di volta in volta). Insomma ci aspetta un mese carico di scrittura e drammi! Che ne pensate? Joseph e Cecilia si sono raccontati abbastanza?

Io come sempre vi aspetto nei commenti e vi mando un bacione

Randagi e AvvelenatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora