Lingua

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Sofi è la mia farfallina, lo spirito libero che alleggerisce le mie giornate sempre pronta a regalare gioia e spensieratezza. Tu l'hai sempre detto che anche Kumo la vede così, quando la guarda di sottecchi in sala prove, perché di farsi scoprire la paura lo sovrasta. O sovrastava. Perché adesso che la tiene sulle gambe e la imbocca come una bimba sembra aver trovato anche lui le sue ali.

Sofia ride e sta al gioco, lo sappiamo bene che essere piccole è la parte più difficile della storia, per questo lasciamo a loro il facile compito di credersi grandi. Almeno lei può continuare a farlo. Io invece ti guardo seduto davanti a me, al tuo fianco il posto era già occupato, e mi sento piccola ma in un senso che non mi piace affatto.

"Dai ciccio basta! Sono piena!" ride forte lei travolta da un nuovo cucchiaio di zuppa, ormai fredda per il loro giocare. "Un altro e basta, dai Sofi, mangi troppo poco questi giorni" le accarezza i capelli ma il tono è serio, le ricorda che vigila su di lei anche e soprattutto quando non se ne accorge. Ed è bello vederli così, finalmente intenti a parlare la stessa lingua, chissà chi dei due ha trovato il vocabolario dell'altro o se ne hanno costruito uno insieme, una pagina a testa. Dove invece ho messo il nostro, non saprei proprio dirlo.

Mano che scorre ad agganciare la mia, dimenticata accanto ad una forchetta che non sto usando: "Sa, mangia qualcosa anche tu". Vedi? Non ti capisco, perché "Sa" non so chi sia. Conosco molti modi che usi per chiamarmi e alcuni che vorrei tu iniziassi ad usare ma "Sa" lanciato lì come il sale grosso su questa zuppa, decisamente insipida, non rientra tra questi. Quello sguardo però lo conosco, non so se basta per capirsi ancora ma lo è per alzare quel cucchiaio e portarlo alla bocca. Non voglio scenate.

Ingurgito mantenendo le mani strette e gli sguardi incrociati, che sfida è mangiare la cena?
"Brava" carezze lievi dal pollice "oggi è stata dura. Te serve". Una lingua persa in tutti quei non detti che ci hanno seppellito, non è bastato nemmeno smontare la torre di Babele, a mani nude per giunta, per metterci sullo stesso piano. Certo che è stata dura, ma non per la Pettinelli o per la canzone e nemmeno per le tue lacrime a dirla tutta ma perché, come al solito, alla vita non piace vederci sereni e stretti l'uno all'altro e se ne inventa centouno per dividerci. Io sono stanca e non so dirtelo o tu non sai più capirlo, avrai messo anche tu via quel dizionario che ci aiutava tanto a nascondere i "ti amo" in tutte le altre parole, timidi ma sicuri.

"Dopo tana?" sussurro sopra un altro boccone, magari i messaggi in codice restano gli stessi anche quando si parlano lingue diverse. Sorridi e voglio crederci che mi capisci, serve solo un po' di ripasso, stessa testa ma diverso modo di esprimersi. Mica puoi cancellare noi, nemmeno se non sappiamo più capirci.

"Scusatemi, non voglio inserirmi, però dopo cena si era detto di stare tutti insieme per festeggiare la puntata e l'ingresso dei nuovi" commenta Nicholas servendosi altra insalata che spero, lo so non sta bene, sia condita con il cianuro. Avvelenata, non è bello pensarlo ma a suo modo non ha rovinato questo momento corrompendolo? Fisico o mentale cambierà così tanto il suo grado di tossicità?

"Tranquilli, se volete stare da soli lo capisco " la sua voce è mielosa anche quando parla, come faceva a piacerti? E perché la stai guardando? Perché mi sembra che invece le sue di: parole, messaggi e sottigliezze tu le intenda perfettamente?

Non voglio essere gelosa, con Martina avevo frainteso tutto e ancora mi scuso per aver pensato male di quella santa donna. Non voglio non fidarmi di te, tu non me lo faresti, lo so, me lo hai promesso ma allora perché non smetti di fissarla?

"Che dici Fatì? Stiamo un po' e poi andiamo? Non mi va di fare l'orso" ridi e ti seguono diversi a ruota ma le mie guance pesano troppo ora per essere tirate su. Tu che vivi nel buio, nell'isolamento e nell'ombra, tu che non pensi mai a quello che dicono gli altri, tu che delle convenzioni sociali ne fai carta igienica decidi di conformarti e fare eccezione. Non per me, ma per lei.

Vorrei parlare ma decido di non dire. Vienimi a prendere tu in questa roccaforte, demolisci questo muro un mattone alla volta, come io ho fatto per sette mesi. Lotta per me, per comprendermi, per parlare una lingua che ti sfugge così tanto da sentirti sempre in errore. Sbaglia per me, fammi vedere quanto provi a buttare giù il silenzio pregno di dolore. Sciogli i miei nodi e prenditi cura di me, guardandomi anche perdermi nei contorti pensieri dettati dalle insicurezze.

Io ho imparato a parlare con te, delle volte anche per te, ma soprattutto con la tua ansia, anche quando urla e non accetta spiegazioni. Conosco la tua lingua, non ne sono ancora interprete ma ci studio ogni giorno, perché se tu stai bene io viaggio a dieci metri da terra. Te l'ho detto tante volte, non mi servono le ali, mi servi tu per spiccare il volo. Ma tu di me, di Sarah, della mia di lingua cosa sai? Poco o nulla se mi poni una domanda del genere. Comodo fare l'incompreso sapendo che avrai sempre qualcuno disposto a carte false per capirti e renderti felice.

"Certo Jo, ci mancherebbe" mi sento rispondere sotto il controllo a vista della mia brutta copia "lo sai che mi piace quando esci dalla tana". Dita ancora strette e tu sorridi, non sembri proprio aver capito, ha ragione Mari, gli uomini sono tutti scemi. "Ma infatti non mi ti ricordavo così socievole" ribatte scompigliandogli i capelli e ricevendo tutto meno che bei pensieri. Ti fai toccare? Da lei? Lei che saprà come toccarti per regalarti ogni tipo di sensazione.

Vorrei un coltello e non un cucchiaio mentre immagino offuscate passano veloci, mostrandomi più baci e pelle di quella che voglia immaginare. "Merito suo" rispondi, almeno questa la fai giusta, con te più che un vocabolario servirebbe un manuale di istruzioni. Risata sguaiata che rimbomba ma non riempie, non è Sofi che avvolge, catalizza solo attenzione: "Ah beh giusto, la fatina"

Ed è tutto sbagliato, lingua biforcuta e avvelenata che corrompe la magia del nostro soprannome, nella sua bocca suona sbagliato, ridicolo. Tutto da rifare, perché tu non la interrompi, non la rimetti al suo posto ti limiti a guardarla corrucciato. Tutto da ricostruire perché io mi sento a pezzi e non so nemmeno dove siano scivolati tanto è stato forte l'impatto. Tutto sbagliato, a partire da me.

Perché glielo permetti Jo? Le favole hanno buoni e cattivi e tu alla tua età dovresti saperli riconoscere. Dita unite ma senza connessione di sguardi e basta questo per avere un brivido di paura che mi attraversa, Peter ha lasciato il posto al gatto con gli stivali, chissà come se la cava a tenere i piedi in due staffe.

Note d'autrice:

Eccoci! Aggiornamento quotidiano come promesso, nuovo tema, nuovo capitolo. Per chi volesse partecipare all'iniziativa, trovate tutto il regolamento sulla pagina ig: fanwriter, io l'ho scoperto dalle storie di GaiaBessie (se non la seguite vi consiglio di rimediare). Qui rotta piena! Che ne pensiamo? Troveranno modo di fare pace?
Io come al solito vi aspetto nei commenti e vi mando un bacione!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 05 ⏰

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