Di tuffi e chitarre

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La voce metallica in filo diffusione non mi fa più nemmeno tanta paura, ormai mi sono abituata come chi vive vicino alle stazioni del treno, almeno fino a quando non mi riguarda personalmente:

"Sarah in sala sei, velocemente grazie"

Guardo immediatamente l'orologio, mancano poche manciate di secondi alle diciannove, sicuramente non si tratta di una lezione, che cosa ho combinato?

Avviso Sofi al volo che continueremo la nostra chiacchierata non appena torno, sperando sia breve e non grave, ma questo lo ometto, la piccola di casa ha già abbastanza grane per la testa in questi giorni. Mi stava proprio raccontando delle sue preoccupazioni sulla preparazione del compito di latino e di quanto non si senta all'altezza di poterlo proporre in puntata. Sofia è così, ride e si nasconde lì dentro, in un sorriso enorme e disordinato quanto i pensieri che la tormentano. La notte poi si infila nei nostri letti perché dormire sola <<è troppo triste Sarotta>> e ti abbraccia fino a quando non ti fanno male le costole, così forse si sente meno sola. Anche se lo sappiamo che l'abbraccio che le manca non è né il mio né quello di Mari, seppur sempre pronti, ma quello di un certo ballerino aracnide che da qualche giorno non si vede più da queste parti. Sofi è pura e molto più coraggiosa di me e glielo ha detto, dietro un sorriso intento a mascherarne il disordine, che loro non sono amici, almeno per lei, perché se lo aspetta come Natale un motivo c'è e non ha proprio voglia di ignorarlo. Lui si è spaventato, forse quel diciassettenne scritto sull'ultima torta (come se lui non lo avesse mai avuto)  o quel sorriso che ti scava dentro anche quando non vuoi, le ha detto che non può o non deve ed è scappato via (però i grandi sono loro).

"Sarà il nome d'arte" mi aveva detto con gli occhi combattenti una guerra contro delle lacrime dispettose ma il sorriso, quello sempre, steso sulle labbra. Kumo e Holden. Sono pure amici.

Il pensiero volato su di te mi innervosisce. Ecco vedi, ora ti parlo come se fossi qui, come prima, come sempre. Ha ragione Sofi <<si pensano tanto più maturi>> e poi sei scappato, come lui, come tutti. Una vocina interna mi suggerisce che nemmeno il mio sia stato il comportamento migliore ma non ho nessuna voglia di ascoltarla.

Mi pensi piccola, perfetto, so fare benissimo questa parte.

Arrivo alla porta sei con la testa a te e il cuore in gola, che cosa sarà di così importante da richiamarmi in studio di sera?

Sbircio all'interno rimanendo ancora all'esterno come se quel limite di faggio possa proteggermi da ciò che vedrò. Ho sbagliato un'assegnazione? Non ho passato la verifica con Lalla? La mia prof di chimica mi ha trovato anche qui?

Qualsiasi film mentale mi sia fatta non è paragonabile a vedere due chitarre al centro della sala in penombra illuminate da un cono di luce. Un trillo si espande nella stanza quando mi decido ad attraversare l'uscio, uno scaccia pensieri rosa con una piccola fatina metallica che risuona quando scossa.

Fatina.

Forse non lo dici ma io già lo sento, animale in trappola, senza via di fuga, mi hai catturato molto tempo fa senza che me ne accorgessi.

Passi lenti, trascinati e io chiudo gli occhi perché tanto lo so che sei tu ma proprio non ce la faccio a guardarti negli occhi.

Il suono della chitarra comincia a richiamarmi e mi costringo a scorgerti da dietro le ciglia , socchiuse ancora davanti a questo incubo agrodolce. Sei ricurvo sullo strumento che si piega tra le dita come stregato, incantatore di serpenti e anime. Tra tutto ti salva il talento.

Le note però, non sono tue, stranamente, più continui a giocherellare con le corde (dell'anima) più riconosco la mia canzone, o quantomeno la bozza che ti avevo fatto vedere, piena di dubbi, su quel diario rosa mentre la notte calava fuori dagli studi. <<Ci lavoriamo>> mi avevi lanciato lì dopo un ascolto a cappella, <<manca la base>> e forse i miei occhi avevano tradito che non avrei saputo nemmeno da dove cominciare a rendere musica qualcosa che cantava solo nella mia testa. Ora però, mentre pizzichi carezzevole quelle note, penso che "Mappamondo" può suonare solo così, almeno per me, almeno per noi.

Randagi e AvvelenatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora