Il rapimento

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Mi svegliai di nuovo nel buio, ma questa volta non ero nella mia stanza. Mi trovavo in una stanza piccola e sporca, con le pareti scrostate e il pavimento di cemento grezzo. C'era solo una luce fioca che penzolava dal soffitto, facendo luccicare sporadicamente le macchie di umidità sul muro. Sentivo il terrore salire, realizzando che eravamo stati rapiti, io e Andrés.

Accanto a me, Andrés dormiva tranquillo nella sua culla improvvisata. Mi avvicinai silenziosamente per coprirlo meglio con una coperta sottile che avevo trovato in un angolo della stanza. Era così piccolo, così vulnerabile. La mia mente andava a mille all'ora, cercando di capire cosa fosse successo e cosa avrei potuto fare per proteggerlo.

Non sapevo chi fossero quegli uomini o cosa volessero da noi. Sentivo il panico crescere dentro di me, ma dovevo rimanere calma per Andrés. Era così piccolo, aveva solo quattro settimane, e non potevo permettere che sentisse la mia paura.

Passarono ore interminabili, con il passare del tempo segnato solo dal suono dei miei sussurri per tranquillizzare Andrés e dalle sue brevi dormite. La fame e la sete cominciarono a farsi sentire, ma nella stanza non c'era nulla da mangiare o bere.

Poi, finalmente, sentii dei passi avvicinarsi. La porta si aprì con un cigolio sinistro, rivelando una figura alta e massiccia. Era uno degli uomini che ci aveva portato qui. Mi guardò con indifferenza, senza dire una parola, mentre entrava nella stanza con fare minaccioso.

"Per favore," sussurrai, cercando di non far trasparire la mia paura. "Voglio solo tornare a casa. Lasciateci andare."

L'uomo mi ignorò e si avvicinò a me con passi lenti e pesanti. Controllò le corde che mi tenevano legata, assicurandosi che fossi ben stretta e incapace di muovermi. Poi si diresse verso la culla di Andrés, che piangeva debolmente nel sonno.

"No!" gridai disperata, cercando di liberarmi. "Non fare nulla di male al mio bambino!"

L'uomo ignorò le mie suppliche e prese Andrés tra le braccia. Il mio cuore si spezzò mentre vedevo il mio piccolo essere portato via da me, senza poter fare nulla per proteggerlo. La porta si richiuse dietro di loro, lasciandomi sola, impotente e distrutta.

Rimanemmo prigionieri in quella stanza per giorni che sembravano eterni, con la speranza che qualcuno venisse a salvarci. Ogni momento senza Andrés era un tormento, ma dovevo rimanere forte per lui. Era determinata a fare tutto il possibile per riavere Andrés con me, non importa quanto fosse difficile o pericoloso.

Continuammo a vivere in quella prigionia angosciante, pregando per una possibilità di fuga o di essere trovati. Ogni giorno era una lotta per mantenere la speranza viva, per me e per il mio piccolo Andrés.

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