la fuga verso la liberta

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Rimanemmo prigionieri in quella stanza angosciante per quello che sembrava un tempo interminabile. Ogni giorno, la speranza di essere trovati o di trovare un modo per scappare diventava sempre più difficile da mantenere. Gli uomini che ci avevano rapiti entravano nella stanza solo per portare un po' di cibo e acqua, ma non dicevano mai una parola.

Durante uno di questi momenti, notai che uno degli uomini lasciava sempre la porta socchiusa mentre portava via Andrés. Osservando attentamente, scoprii che c'era un momento in cui potevo tentare di liberarmi.

Aspettai pazientemente il momento giusto. Il cuore mi batteva forte mentre pensavo al rischio, ma dovevo farlo per Andrés. Quando l'uomo tornò per prendere il bambino, feci finta di essere debole e stanca, sperando che abbassasse la guardia.

Mentre l'uomo era concentrato su Andrés, riuscii a sfilarmi una delle mani dalle corde che mi legavano. Non avevo molto tempo. Con un movimento rapido, afferrai una piccola pietra che avevo nascosto giorni prima e colpii l'uomo alla testa con tutta la forza che avevo.

L'uomo cadde a terra, stordito. Presi Andrés tra le braccia e mi diressi verso la porta, cercando di non fare rumore. Il corridoio era buio e angusto, ma vedevo una debole luce alla fine, una possibile via d'uscita.

Correndo il più velocemente possibile con Andrés stretto al petto, sentii gli altri uomini urlare dietro di noi. Il mio cuore batteva all'impazzata, ma continuai a correre, spinta dalla determinazione di salvare il mio bambino.

Raggiunsi finalmente la luce e mi trovai in un cortile abbandonato. Non c'era tempo per esitare. Mi lanciai verso una recinzione di metallo, cercando disperatamente di trovare un modo per scavalcarla con Andrés.

Proprio quando pensavo che non ce l'avrei fatta, sentii delle sirene in lontananza. Qualcuno doveva aver chiamato la polizia. Continuai a correre, pregando che arrivassero in tempo.

Le sirene si avvicinarono e vidi le luci lampeggianti delle auto della polizia entrare nel cortile. Gli uomini che ci avevano rapiti tentarono di scappare, ma gli agenti li fermarono rapidamente.

Crollai a terra, esausta e sollevata, stringendo Andrés tra le braccia. Un agente si avvicinò e ci coprì con una coperta, assicurandoci che eravamo al sicuro.

"Ce l'abbiamo fatta, Andrés," sussurrai al mio piccolo, le lacrime di sollievo che scorrevano lungo le mie guance. "Siamo liberi."

Federico arrivò poco dopo, correndo verso di noi e abbracciandoci forte. "Non vi lascerò mai più," disse, la voce rotta dall'emozione. "Siete al sicuro ora."

Quel momento segnò la fine del nostro incubo e l'inizio di una nuova vita, dove la nostra famiglia avrebbe trovato la forza di guarire e andare avanti, insieme.

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