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Resti di pelle e unghie come coriandoli sul pavimento di una cella. La tintura delle pareti sbiadita. Macchie di sangue secco ricoprivano metà muro e dei graffi venivano utilizzati come calendario. Erano trascorsi sette anni. Ogni gessetto si era consumato a furia di tracciare numeri.

Una figura dagli scompigliati capelli rossi sedeva su una branda d'acciaio al centro della stanza. La maglia bianca del prigioniero a brandelli. Lo sguardo del misterioso detenuto era rivolto sui suoi piedi ma un ghigno feroce disegnava il suo viso e con quella stessa espressione circondò le sbarre della sua cella con le mani.

«La smetta di agitarsi» mormorò l'agente in servizio.

«Vi ucciderò tutti. Avrete una morte lenta e dolorosa, farò sparire le vostre membra dalla città» urlò spingendosi sulla barriera in ferro.

«Stia zitto o la porto in isolamento» colpì le mani del detenuto con il manganello e lui le ritirò.

«Collega, accompagna il pazzoide in sala visite. Ne ha una» annunciò una voce lontana.

L'agente aprì la porta della cella e ammanettò la figura poi lo spinse davanti a sé.

«Cammina, non ho tutto il giorno» continuò a spingerlo.

Oltrepassarono gli altri criminali, il loro sguardo invidioso sul rosso. La guardia spalancò la porta della sala e rivelò l'ospite; controllava le sue unghie e non notò il prigioniero. Lui sputò e il destinatario lo fulminò con lo sguardo. Si ripulì la maschera.

«Caro fratello, non sei cambiato» un ghigno malvagio si allargò sul viso di Naphatos seduto dall'altra parte del vetro.

«Vieni a trovarmi per la prima volta da quando mi hai rinchiuso qui» la voce del fratello era cupa e tonante.

«Non voglio farti uscire. A Sleekmire qualcuno sta uccidendo gli umani» sbattè le mani sul tavolo e il rumore risuonò in tutta la sala.

«Oh, quindi l'attenzione non è tutta su di te? Che peccato, il mio fratellino è stato colpito nell'orgoglio» una risata sprezzante uscì dalla sua bocca.

«Ti odio Morgen. E questa volta il mio orgoglio non c'entra. Voglio scoprire chi è»

«Revoca la mia condanna e ti aiuterò a cercare quell'uomo, altrimenti cosa potresti volere da me?»

«Da te non voglio nulla, era una visita di cortesia. Non tornerò più qui, puoi starne certo. Vado a trovare nostra madre e torno al castello» si alzò dalla sua seduta e osservò il fratello.

«Nostra madre non è qui»

Naphatos ruppe il vetro che li divideva e mise le mani sul collo del fratello. Morgen non si oppose.

«Dov'è? Sta soffrendo?»

Sette anni prima, gennaio 1889

Naphatos aveva convocato Morgen e sua madre per un'udienza urgente e loro avevano raggiunto, seppur titubanti, la sala del trono.

«Madre, Morgen. Sarete esiliati in manicomio fino a data da destinarsi»

«Perché questa scelta?» aveva chiesto la madre.

«Non riceverete nessuna risposta. Ogni vostro abito sarà bruciato, riceverete del cibo solo una volta alla settimana, non potrete richiederne altro. Sarà sufficiente.»

«Condivideremo la cella?» aveva continuato la madre.

«Ognuno avrà la propria. Non potrete interagire con gli altri prigionieri. Le celle in cui verrete rinchiusi non saranno dotate di finestre. L'unico vostro obiettivo è soffrire e sono sicuro che accadrà. L'udienza è conclusa. Guardie portate i prigionieri fuori di qui e spogliateli dei loro averi»

𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora