𝟏𝟕

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Cassandra si irrigidì. Non poteva allenarsi con lui. Naphatos assottigliò gli occhi, ora solo due fessure; con un gesto della mano invitò Cassandra ad avvicinarsi ma lei rimase immobile. Naphatos abbassò il capo e si accarezzò la mascella con una mano.

Gli altri presenti nella stanza, per Naphatos e Cassandra, erano irrilevanti come statue da decorazione. Le loro bocche si muovevano ma le parole non vennero ascoltate.

Nikolai si avvicinò a sua sorella e le toccò la spalla ma lanciò un'occhiata al sovrano, ancora con la testa abbassata.

Raphael tentò di leggere i pensieri di Naphatos e Cassandra ma la maschera di sua maestà non glielo permise. Kairos tossì e riportò quel momento alla realtà.

«Come ha detto?» domandò Cassandra incerta.

«Vi allenerete con me»

Nikolai strinse i pugni. Ognuno di loro aveva un compagno, perché sua sorella doveva allenarsi con il sovrano? Diecimila guardie erano al suo servizio ma neanche una era stata scelta per addestrare Cassandra. Nikolai scattò in avanti ma lei lo fermò.

«Non permetterò che ti addestri con lui.» sentenziò Nikolai.

«Sua sorella è in grado di decidere ciò che vuole da sola» ribatté Naphatos. Il suo sguardo venne catturato dagli occhi cerulei di Cassandra.

«Un re deve sorvegliare il nostro addestramento, non può combattere insieme a noi»

«Vi sorveglierò, non lo nego. Ma non sareste qui se le mie guardie fossero in grado di allenarvi»

«Ma vostra maestà...lei è in grado di combattere?» domandò Remiel.

«Che quesito futile. Non risponderò» lo guardò, le iridi si espansero come una malattia.

Remiel si mordicchiò il labbro poi si scusò. Posò gli occhi su Cassandra, l'unica che non aveva ancora proferito parola. Era immobile.

Naphatos avanzò di un passo, quella linea invisibile era di nuovo lì, ad ostruirgli la possibilità di essere vicino a quella donna. Cassandra si staccò dalla presa di Nikolai, anche lei seguì i movimenti di Naphatos ma non oltrepassò il limite.

«Accetto.» affermò.

Naphatos spalancò gli occhi, una risposta inaspettata. Gli angoli delle sue labbra si incurvarono in un sorrisetto appena percettibile. Con la coda dell'occhio lanciò uno sguardo alle guardie ancora nella stanza poi indicò i quattro eredi maschili. I suoi collaboratori accompagnarono le due coppie di uomini al di fuori della sala del trono.

La stanza, prima immensa, si riversò su Naphatos e Cassandra come un fiume in piena. Si trasformò in una cella, fin troppo piccola per due persone.

«Perché ha accettato?»

«Non voglio diventare una dama di corte»

Naphatos si sistemò la maschera e gli occhi di Cassandra lo seguirono con curiosità. Quei nuvoloni bigi si posarono sullo strappo del vestito, la pelle alabastro scintillò sotto le ombre fiammeggianti delle candele. Cassandra percepì il loro calore fin dentro le ossa. Le pupille di Naphatos si addolcirono.

«Le ha fatto del male?» chiese. Il suo tono gentile provocò un brivido lungo la spina dorsale di Cassandra.

«No, non è grave. Posso ricomprare l'abito» si appoggiò una mano sulla parte scoperta.

Naphatos allungò un braccio, le dita traballanti sfiorarono il tessuto di stoffa del vestito di Cassandra. Lei indietreggiò.

«Non voglio farle del male»

𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora