𝟏𝟐

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Le porte si aprirono. Le bandiere con lo stemma della casata dei Tranivoc sventolarono.
Il sovrano con un gesto della mano li fece avvicinare. I candelabri sulle loro teste illuminavano la via. Ogni passo fu studiato. I gioielli sulla corona del re brillarono.

Raphael provò a leggere la sua mente ma le manette gli impedirono di avvicinare il dito alla tempia.
Naphatos espirò, le mani aggrappate al bracciolo del trono, le vene visibili, simili a rami; lui fermò i quattro uomini in mezzo alla sala. Loro non lo guardarono.

Il cuore di Nikolai palpitava contro la cassa toracica ma lo percepiva fin dentro le dita. Osservò le fughe delle piastrelle pur di non incontrare, ancora una volta, gli occhi di sua altezza reale.
Remiel alzò lo sguardo, un pizzico di curiosità. Non aveva mai visto il suo re, era la prima volta. Le fiamme delle candele formarono dei riflessi aranciati sui suoi capelli già rossi. Tuttavia non potè scorgere neanche una microespressione sul suo viso a causa della maschera che indossava.
Kairos, invece, aveva chiuso gli occhi; la mente svuotata dai pensieri negativi, non aveva la minima idea del perché fosse lì con gli altri.

«Vi ordino di guardarmi» esclamò Naphatos. Il suo tono, però, non era autoritario.

I quattro uomini obbedirono, nessuno parlò per primo. La sala avvolta dal silenzio come in una cattedrale. Le guardie si erano dileguate dopo aver accompagnato gli invitati.

Naphatos si alzò e si schiarì la gola, camminò piano, un passo dopo l'altro come una belva in procinto di attaccare. Il cuore di Nikolai palpitò ancora più veloce.

«Non voglio decapitarvi.» infilò le mani nelle tasche. Ogni parola che usciva dalla sua bocca era ponderata.
Era vero, Naphatos non voleva ucciderli. Le manette erano precauzionali.

Naphatos richiamò le guardie, le fece attendere nella stanza. «Vi ho prelevati dalle vostre abitazioni o luoghi di lavoro, per esporvi una delle mie leggi. Voi le ricordate tutte?»

Nel regno di Zanthios, solo nove erano le leggi da rispettare e tre riguardavano proprio le casate: gli eredi di ogni dinastia erano costretti a fornire protezione ogni giorno della settimana nel momento in cui la salvaguardia del sovrano e del suo consigliere fosse in pericolo. Dovevano unirsi al corpo di guardia, giorno e notte, dopo aver seguito un adeguato allenamento, consono alle forze reali.

I quattro scossero la testa, non ricordavano le leggi. Naphatos si sfregò la fronte della maschera e sospirò.

«Questa notte è morta un'altra donna, una strega. È stata riconosciuta.» fece una pausa. «L'assassino ha cominciato con gli umani poi con le mie guardie, infine con l'anziana. Siamo tutti in pericolo, compreso io. Con questo, voglio dirvi che siete obbligati a prestarmi servizio, diventerete i miei cavalieri. Ma prima vi allenerete» annunciò.

Nikolai alzò una mano e Naphatos gli diede il permesso per parlare.

«Io ho mia sorella, non posso lasciarla da sola»

«Cassandra e Faith vivranno a corte, così come voi»

«Ci alleneremo qui al castello?» chiese Remiel. L'idea di allenarsi insieme a Nikolai non era di suo gradimento ma una legge doveva essere rispettata. Avrebbe potuto tenerlo d'occhio.

«Vi allenerete a coppie, a giorni alterni ma finchè non saranno terminati ognuno dormirà nella propria casa. Comincerete lunedì. Il vostro compagno lo scoprirete solo quel giorno. Avete altre domande?»

I quattro eredi si inchinarono e all'unisono dissero: no, vostra maestà.
Naphatos ordinò alle guardie di liberarli dalle loro manette. Avevano accettato, l'allenamento sarebbe durato a lungo. Doveva mettere alla prova ogni loro abilità: combattimento e strategia. Sapeva che Raphael fosse un soldato, era quasi pronto ma non poteva sottrarsi all'addestramento.

𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora