𝟏𝟓

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Arthne, Theiarquen. 10 febbraio 1973

Un aeroplano sorvolò la città, l'odore pungente del gas di scarico si propagò nell'ambiente e costrinse Cassie a tossire. Arricciò il naso e girò la testa di lato. Galleggiò nell'aria come un gavitello ancorato al fondale marino. Il vento oltre le nuvole le accarezzò le guance come una mano invisibile.
La sagoma dei cartoni risaltò nei finestrini del velivolo.

Arthne, la capitale di Theiarquen, ospitava uno dei magazzini più capienti del pianeta e vari aerei consegnavano la loro merce lì, protetta dai militari.

Cassie ripartì dopo la sosta e atterrò sul balcone della sua camera. La maglietta blu a palloncino seguì il vento e si alzò. La ramata la spinse in giù poi rientrò nella stanza.

Ogni lampadina era spenta, brancolò nell'oscurità, la sua visione a raggi x non era ancora apparsa. Camminò con passi misurati, le punte dei piedi su ogni mattonella. Un chiarore sbiadito baluginò dietro di lei. Il suo piede sinistro schiacciò una papera di gomma e il verso risuonò nel buio.
Cassie si mordicchiò il labbro.

«Cassie san misen?» "Cassie sei tu?" la voce pastosa di Niko echeggiò nella stanza.

«Kuhvalti hazerleyacağem, enne vo bubam haniz dünmadi» "Preparerò la colazione, mamma e papà non sono ancora tornati." le ultime parole vennero sussurrate.

Jaky e Niba Dor-En non erano a casa, da giorni ormai. Avevano lasciato un biglietto: "Ci vediamo tra due dì" le loro firme in fondo alla pergamena.
Erano due settimane da quando li avevano abbandonati, o almeno questo era ciò che pensava Cassie.
Niko passeggiò nel corridoio rischiarato dalle prime luci dell'alba e si fermò sulla soglia della cucina.

«Garçektan gari galecikler mo?» "Torneranno davvero?" chiese, un broncio sul suo viso.

Cassie si avvicinò a lui e gli pizzicò le labbra. I condotti lacrimali si riempirono ma scacciò via quella sensazione. Non poteva piangere, non doveva.

Niko si sedette sullo sgabello di legno massiccio. Percosse la superficie marmorea della penisola.

«Affidersaniz» "Scusateci"

Niko e Cassie si girarono. I loro genitori erano lì, davanti a loro. Un'espressione colpevole sul viso. Jaky aveva una benda sull'occhio macchiata di sangue; a Niba, invece, mancava il braccio sinistro. Il bendaggio intorno al moncone era sporco di fuliggine.
Cassie si coprì la bocca e i suoi occhi si spalancarono.

«Bena sena kem yaptu?» "Chi vi ha ridotto così?" chiese Niko. Si avvicinò a loro. Ogni passo era ponderato.

«Dixtorianler» "I dixtoriani"  la voce di Niba era bassa, ancora una sensazione di paura.

«Hapsine öldäreceğam, siz veriyoram» "Li ucciderò tutti, ve lo prometto" Niko strinse il pugno, le nocche divennero bianche.

«Bez ketil değaliz! San da olmeyaksan!» "Non siamo assassini. E non lo diventerai nemmeno tu!" la voce stentorea di Jaky rimbombò.

«Me setaş yapmen gereku» "Ma avete bisogno di essere vend-" Niko si interruppe. La figura maestosa di suo padre si abbatté su di lui. Jaky gli tirò uno schiaffo e l'attrito fece barcollare Niko. Cassie lo mantenne in equilibrio. Suo padre non li aveva mai picchiati. Qualcosa nel suo cuore cominciò a muoversi, per la prima volta ebbe paura. Le formicolarono le mani ma le tenne ferme. Era solo una bambina, non poteva opporsi.

***

Niba aveva medicato la sua ferita, ora, più di due bende avvolgevano il resto dell'arto, ma lei non smise di sorridere.
Cassie e Niko vennero accompagnati all'asilo.

𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora