𝟏𝟎

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Picchiò più volte la testa sul cuscino di seta bianca. Le mani sulle estremità.
Il vento sbatacchiava contro il vetro della finestra e i resti di pioggia gocciolavano sul davanzale ad un ritmo incessante.

Naphatos sbuffò a voce alta poi sbadigliò. Poggiò i piedi scalzi sul marmo e un brivido di freddo lo travolse. Si passò le mani sul viso e si ripulì gli occhi dalle cispe oculari.

Un battito costante contro la porta lo fece rialzare. Recuperò la maschera abbandonata sulla scrivania e la indossò. Trascinò i piedi fino all'entrata e aprì: la guardia reale si schiarì la gola. Naphatos si accostò allo stipite di legno e aspettò un accenno da parte del suo ospite.

«Mio signore vostro padre non è ancora tornato al castello, è uscito ieri pomeriggio ma nessuno lo ha visto rincasare. Devo smuovere le truppe?»

Naphatos si accarezzò i capelli e scosse la testa. «Non serve, non sarà andato molto lontano» la sua voce bassa preoccupò l'uomo davanti a lui.

«Sire va tutto bene?»

«Sono solo stanco, mi riprenderò» congedò la guardia e richiuse la porta.

Si tolse la maschera ed entrò in bagno. Aprì il rubinetto. La figura nello specchio non assomigliava al vero Naphatos, lei aveva gli occhi scavati e la barba ispida.
Si sciacquo il viso con l'acqua fredda poi si tamponò con l'asciugamano, le goccioline residue scivolarono sul suo petto e seguirono la forma delle sue cicatrici.

Tornò in camera e infilò solo una camicia cremisi insieme a dei pantaloni neri. La maschera era già tornata sul suo viso.
Uscì e camminò fino alla sala del trono, le sue guardie si scostarono e aprirono il portone. Naphatos andò a sedersi sul suo seggio e richiamò a sé i suoi maggiordomi e cavalieri.

«Ho un annuncio da fare» disse. «Voglio ogni informazione sulla casata Montgomery. Non dovrà mancare nulla»

I collaboratori si scambiarono uno sguardo. Il loro re non era mai stato interessato alle altre casate. Il capo delle guardie fece un passo in avanti e alzò la mano. Naphatos accolse la sua richiesta.

«I Montgomery sono stati già interrogati o mi sbaglio?»

«Non importa, ho bisogno di altre informazioni. Portatemi ogni fascicolo, qualsiasi cosa» annunciò lui con una mano sul bracciolo destro.

«Al suo servizio sire.» si inchinò.

Il generale accompagnò i domestici e il resto dei cavalieri fuori dalla sala. Dovevano cominciare le ricerche.
Naphatos rimasto da solo rimembrò l'incontro con Cassandra e la sua bocca si aprì in un mezzo sorriso. Quello non sarebbe stato il loro unico colloquio.

***

Kenji Horton oltrepassò il cancello di Sleekmire con la cartina tra le mani. Era un umano, il sindaco di Drakeyard. La carrozza lo aveva accompagnato fino alla capitale: quattro giorni di viaggio.

Drakeyard, una città di soli umani: i sopravvissuti. Diecimila vite rifugiate in un unico posto dove sono state salvate. Kenji, grazie al suo consigliere, aveva deciso di parlare con il sovrano. Aveva violato la legge di non belligeranza. I drakeyardiani non potevano essere uccisi. Il trattato di pace era stato rinnovato sei anni e mezzo prima. Nessuno di loro voleva la guerra, non sarebbero sopravvissuti.

Kenji seguì il sentiero segnato sulla mappa e finì nella piazza della città. Un miscuglio di voci e odori sgradevoli. Non venne notato da nessuno, neanche dalle truppe reali in marcia. Il loro capo urlò e comandò i cittadini, ognuno di loro si spostò senza obiettare. Il sindaco di Drakeyard venne spinto e la cartina gli cadde dalle mani. Un ragazzo, dai riccioli biondi, la raccolse e gliela porse con un sorriso.

𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora