𝟏𝟑

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Nikolai appese il giaccone all'appendiabiti. Una chiazza rossa a forma di fungo sulla tasca destra impregnò il cappotto.

Le assi di legno cigolarono ad ogni passo dell'alieno. Camminò come uno zombie, trascinò i piedi fino al divano e ci sprofondò.

Lo specchio sul muro opposto profilava la sua figura; gli occhi incavati erano socchiusi. Le labbra screpolate sanguinavano. Nikolai leccò via il plasma, bagnò il suo palato.

I tronchi nel camino scoppiettarono e la fiamma si attenuò. Nikolai tenne gli occhi fissi sul fuoco mentre aspettava Cassandra. Lei uscì dalla cucina con un grembiule di cotone ancora bianco. Si asciugò le mani sull'abito e il sudore lo insudiciò. Cassandra si stiracchiò il collo poggiando una mano su di esso. I capelli legati le ricaddero sulle spalle. Tirò via l'elastico e si tolse il grembiule. L'animo da domestica era tornato nell'oltretomba come un'anima non degna.

La ramata acchiappò due estremi dell'abito e camminò fino al divano. Si sedette e appoggiò le mani sulle ginocchia.

«Stai bene?» esordì lei.

Nikolai guardò sua sorella e annuì ma non disse nulla. Sospirò e posò la tempia sulla mano sinistra. Cassandra si alzò e si sedette accanto a lui.

«Dimmi cos'hai» mormorò. "Cosa lo tormenta?" pensò Cassandra. I suoi pensieri vennero interrotti dall'urlo di suo fratello.

Continuò a gridare con le mani tra i capelli. I suoi strilli frantumarono i vetri delle finestre come l'urlo di una banshee.

Cassandra accarezzò le spalle di Nikolai. I suoi occhi erano rossi, laghi di sangue. Un ghigno apparì sul suo volto ma dopo qualche secondo sparì e lasciò spazio ad un'espressione neutrale. Gli occhi di suo fratello tornarono normali e lui scoppiò a piangere. Le lacrime gli solcarono le guance. Cosa gli stava succedendo?

«Ti prego, portami via di qui.» la supplicò. La voce spezzata dai singhiozzi.

Cassandra addolcì il viso e abbracciò Nikolai. Nascose la testa nell'incavo del suo collo, le lacrime di suo fratello le bagnarono la clavicola. Cassandra gli sfiorò i capelli ma si impiastricciò le mani di forfora e unto.

Sussurrò un: «respira» ma Nikolai continuò a piangere. Lei gli sollevò il viso, i palmi sulle guance e sorrise.

«Puoi dirmi qualsiasi cosa, questo tu lo sai»

«Non...non ci riesco.» balbettò. Quella voce maledetta si insinuò nella sua mente ma Nikolai riuscì a non sentirla.

«Sono tua sorella, non giudicherò mai le tue scelte» Cassandra continuò a sorridere ma una fitta al petto le tolse il respiro solo per un attimo. Nikolai aprì le mani: due cicatrici erano sulle sue dita. Le accarezzò ma non sparirono.

Non le aveva mai avute. Il corpo dei theiraniani non poteva essere ferito, allora perché quelle due cicatrici?

Si asciugò le lacrime residue e respirò. Cassandra era lì ad osservarlo, la sua bocca tirata in un sorriso di compassione o di pena. Rimasero lì, in silenzio. Erano due persone che non riuscivano più a capirsi.

Cassandra aprì la bocca ma la richiuse subito dopo. "Perché è così difficile?" pensò lei.

«Il sovrano mi ha convocato ancora una volta» sputò fuori Nikolai.

Cassandra lo sapeva già, Naphatos glielo aveva detto durante il loro incontro, in cui c'era anche Faith. Ma la ramata alzò comunque un sopracciglio incuriosita.

«Noi eredi delle casate ci alleneremo, a lungo, per diventare cavalieri del re» continuò.

«Questo vuol dire che vivrete al castello?»

𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora