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20 marzo 1876

«Signorino Tranivoc venga subito qui, dobbiamo misurare il completo per la sua festa!» urlò una voce acuta nel giardino del castello.

Una donna stava inseguendo un bambino dagli svolazzanti capelli rossi. In ogni angolo del maniero si susseguirono risate finché il fanciullo non scivolò nella fontana centrale.

La donna sbuffò e scompigliò i capelli zuppi del bambino. Lui rise e si distese sulla panchina accanto alla sorgente. Il sole colpì il viso di Naphatos, lui chiuse gli occhi. I demi vampiri non avevano bisogno di un amuleto per esporsi ai raggi ultravioletti grazie alla loro natura demoniaca.

Il momento di relax durò poco. La sua famiglia era tornata. Naphatos si alzò e si nascose dietro la balia. Le tirò il grembiule.

«Il castello non è un parco giochi!» la voce di Bezreth fece tremare perfino le guardie. Un altro fanciullo dai capelli rossi spinse Naphatos. Cadde sull'acciottolato.

Bezreth guardò suo figlio e lui incastrò i propri occhi con i suoi.

«Aspetto una spiegazione.»

«Stavo giocando con Mezi e sono caduto nella fontana»

«Signore non lo picchi, la prego.» Mezi si inginocchiò accanto a Naphatos e lo aiutò a rialzarsi, sotto gli occhi della famiglia.

«Sei licenziata e Naphatos verrai con me nei sotterranei, Morgen verrai anche tu» Bezreth prese suo figlio per il colletto del gilet e lo trascinò.

Raggiunsero lo scantinato e Bezreth strappò via il farsetto di Naphatos.

Morgen era lì ad osservare la punizione che il padre avrebbe inferto a suo fratello minore. Naphatos strinse i denti.

Bezreth afferrò una frusta, la sua punta ancora calda. Percosse il petto del proprio figlio. Un urlo poi due. Lo marchiò per i suoi errori.

Il corpo di Naphatos resse solo due colpi. Ustioni sulla schiena e sul torace. Gli occhi bruciarono come quei timbri.

Bezreth e Morgen si allontanarono e abbandonarono il fanciullo.

Naphatos si risvegliò ma ciò che vide fu uno spettacolo vomitevole. Il suo sangue macchiava la pietra e i lembi della pelle erano stati inceneriti. Provò a rialzarsi ma accusò una stretta al cuore. Un altro marchio che avrebbe portato fino alla fine dei suoi giorni. Nessuno si preoccupò della sua assenza poiché chi lo aiutava veniva ucciso.

Non era mai stato picchiato nei sotterranei, lontano dalle domestiche e dalle guardie; gli unici a poter usufruire di quello scantinato erano Bezreth e Morgen, il figlio prediletto. Ogni sua azione era una benedizione: rompeva oggetti? La colpa era di Naphatos. Rovinava i suoi averi? La colpa era sempre del fratello accusato di invidia. Un'accusa, un'ustione.

Naphatos strisciò fino a una porta d'acciaio. Si appoggiò. Inalò un odore di acqua stagnante e tossì. Allungò un bracciò e provò ad abbassare la maniglia ma la porta non si aprì. Era chiusa a chiave. Con una mano sul fianco si allontanò e salì le scale. Non sarebbe morto nei sotterranei.

Tre giorni dopo

Naphatos controllò la cucina, un silenzio agghiacciante lo avvolse. Suo padre e sua madre non erano svegli e lui tirò un sospiro di sollievo ma accusò un'altra fitta. Le sue ferite non erano guarite e ad ogni respiro quella stretta si ripresentava.

Una figura si mostrò all'interno della sala, era Morgen. I due fratelli si scambiarono degli sguardi.

«Buongiorno fratello» la sua voce arrivò alle orecchie di Naphatos che corrugò la fronte. «Hai idea di dove possano essere i nostri genitori?» continuò lui non ponendo attenzione alle espressioni del fratello.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 7 hours ago ⏰

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𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐈𝐂𝐀𝐓𝐑𝐈𝐂𝐈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora