8 Roxenne

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Stavo ballando tranquillamente con Jhon. Logan, invece, è tornato a casa un po' di tempo fa con la ragazza che ha rimorchiato stasera.

Ma il mio pensiero è lontano dalle loro avventure. Mi sento ancora scossa e confusa. Un uomo, biondo e alto, con jeans e una maglietta bianca, le braccia ricoperte di tatuaggi piccoli in stile old school, ha appena salvato la situazione. Indossa stivali da biker, il che lo rende facilmente riconoscibile: è il vagabondo.

Lo so, è il ragazzo che alloggia al ranch, quello che non ero mai riuscita a vedere così da vicino. E adesso che lo vedo, mi terrorizza e mi affascina allo stesso tempo. Sta picchiando l'uomo che mi ha molestata con una ferocia tale che mi lascia senza fiato. Il sorriso di soddisfazione che aleggia sul suo viso è la parte più inquietante. La sua aggressività è spaventosa, ma c'è qualcosa di irresistibile nella sua determinazione, nel modo in cui combatte per difendere una donna in difficoltà.

La scena si svolge davanti ai miei occhi in modo quasi surreale: il vagabondo, con la sua presenza imponente e la furia che gli scorre nelle vene, è l'incarnazione di una protezione bruta e immediata. Mentre osservo, sento una parte di me sconvolta dalla violenza e un'altra parte che non può fare a meno di ammirare il suo coraggio e la sua passione.

Jhon mi prende fra le sue braccia, stringendomi forte come per assicurarsi che io sia al sicuro. "Avrà un aumento, Austin," dice, indicando la macchina da guerra che sta difendendo il mio onore. Finalmente, qualcuno decide che è il momento di interrompere la sua furia omicida, e tre uomini riescono a staccare il biker dal viscido aggressore.

Austin, ora con il respiro pesante e i pugni ancora serrati, sembra più una belva in gabbia che un essere umano. Il suo sguardo, ancora carico di rabbia, si fissa sul volto tumefatto dell'uomo a terra. La tensione nell'aria è palpabile, come se ogni fibra del suo essere fosse pronta a scattare di nuovo.

Io mi aggrappo a Jhon, ancora scossa, ma con un senso di gratitudine e ammirazione per Austin che cresce dentro di me. È un mix di emozioni contrastanti: il terrore per la violenza a cui ho appena assistito e l'incredibile sollievo di sapere che qualcuno è disposto a combattere così ferocemente per proteggermi.

Gli uomini che hanno fermato Austin lo tengono stretto, cercando di calmarlo, mentre il resto del locale sembra trattenere il respiro. Mi giro verso Jhon, cercando conforto nel suo abbraccio, ma non posso fare a meno di lanciare un'ultima occhiata ad Austin. Il suo nome ora risuona nella mia mente, legato indissolubilmente a questa serata di caos e protezione.

Nik, il proprietario del locale, si avvicina a noi con un'espressione preoccupata. Il caos che si è appena scatenato ha attirato la sua attenzione e ora vuole capire cosa è successo. Austin, con il respiro ancora affannato e gli occhi che bruciano di rabbia, si gira verso l'uomo che ha osato toccarmi.

"Ora chiedi scusa alla ragazza," urla, la sua voce risuonando come un ruggito. Non è una richiesta ma un comando che non lascia spazio a repliche. Il tono della sua voce è carico di una tale intensità che anche Nik sembra un attimo titubante.

L'uomo a terra, il cinquantenne con la camicia che minaccia di esplodere sotto la pressione della sua pancia, è terrorizzato. Si alza lentamente, barcollando, e guarda verso di me con occhi spaventati e colpevoli.

"Mi dispiace, non volevo...," inizia a dire, la voce tremante e quasi inudibile.

"Più forte," ordina Austin, ancora tenuto a bada dai tre uomini che lo hanno separato dall'aggressore. "Chiedi scusa come si deve."

"Mi dispiace davvero," ripete l'uomo, questa volta più forte, guardandomi negli occhi. "Non succederà mai più, lo giuro."

Nik interviene, cercando di calmare gli animi. "Va bene, Austin. Credo che abbia capito la lezione. Ora tutti calmiamoci."

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