Sposa sì, sottomessa mai

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Sono rinchiusa nella mia stanza, non ho voglia di vedere né di sentire nessuno tanto che il mio telefono è spento. Savannah ogni tanto mi viene a bussare alla porta chiedendomi se ci sia qualcosa che mi possa servire e puntualmente la mia risposta è "no Savannah, niente che tu possa fare" e poi sento i suoi passi allontanarsi. Anche Ramon si è affezionato a me, rimane seduto appoggiato alla porta a raccontarmi le sue bizzarre avventure con donne di tutto il mondo rimorchiate in qualche discoteca. Ascoltare le sue peripezie mi fa stare bene, mi racconta del mondo fuori e di quello che non potrò mai fare perché sono la moglie di un boss mafioso molto potente. Poi piango, mi sfogo con lui che in silenzio si prende le mie lacrime e gli insulti per suo fratello che non si è mai presentato davanti alla porta.

Dormo con le finestre chiuse, ho una paura fottuta che possa ritornare e non voglio che mi trovi debole ed indifesa. Mi alzo e mi prendo la coperta dal letto, insieme ad una matita e il blocco da disegno. Esco in terrazzo sedendomi sulla sedia a dondolo sospesa, mi metto comoda e guardo il mare respirando a pieni polmoni l'aria della salsedine che mi calma e mi riempie. Mi appoggio allo schienale mentre il dolce dondolio della sedia mi culla, chiudo gli occhi rilassandomi. Sento gli occhi pesanti e gonfi per il pianto, sento l'emicrania crescere sempre di più. Non ho una soglia del dolore fisico, possono farmi di tutto, ma non mi piegherò mai a niente e a nessuno. Il mio punto debole volete sapere qual è? Il dolore mentale. Quando credo di essere arrivata allo sfinimento, puntualmente il circolo vizioso ricomincia. Come fermarlo? Come posso fermare i pensieri intrusivi? Come posso fermare le paranoie, le ansie e le paure di non essere abbastanza? Come posso superare l'oggettività di non essere mai la scelta volontaria ma quella costretta? Papà non mi ha mai voluta, avrebbe voluto un maschio ed Elijah è stato costretto a sposarmi per aiutare la nostra famiglia a tornare di nuovo importante.

I miei pensieri vengono fermati da delle voci in spiaggia, probabilmente Elijah starà facendo la sua corsa mattutina con i bodyguard. Non mi alzo nemmeno, non me ne frega un cazzo di quello che sta facendo. Lo odio con ogni cellula del mio corpo, sento anche delle voci femminili assieme che non riesco a distinguere. Forse staranno facendo il bagno assieme a qualche domestica e tra di loro ci sarà anche Olivia, felice di essersi scopata mio marito mentre io sto facendo le notti in bianco e lo sciopero della fame. Da un lato penso beata lei che vive alla giornata e che non si interessa degli altri, ma dall'altra credo che bisogna davvero essere disperate per andare a letto con il proprio capo solo per farti aumentare lo stipendio. Sospiro e mi alzo decidendo di rientrare, non ho nemmeno voglia di disegnare. Non ho voglia di fare nulla ed è qui che capisco che il mio inferno sta ricominciando. Volto lo sguardo verso la spiaggia per vedere il mare un'ultima volta e mi accorgo che Elijah sta guardando in questa direzione. Il suo sguardo è fisso su di me, severo come sempre ed incazzato come non mia, sorrido guardandolo mandandogli un bacio volante per poi fargli il dito medio e rientrare. Com'è che si dice? Un bacio con affetto, ecco è quello che ho dato ad Elijah.

Appoggio il mio blocco da disegno e la matita sulla scrivania e mi stendo di nuovo a letto chiudendo gli occhi cercando di dormire.

Sono nel giardino di casa mia, sto dipingendo davanti al lago mentre la brezza mattutina mi accarezza. In casa si saranno già svegliati tutti e staranno facendo colazione, ma a me non interessa voglio finire questo quadro. "È molto bello ciò che stai disegnando" dice una voce alle mie spalle, mi alzo di scatto per la paura. Non è la voce di papà, come può un estraneo entrare nel nostro giardino. Mi giro e vedo quegli occhi verdi, il mio sguardo vaga sul suo viso ma non riesco a riconoscerlo. Sento un forte odore ferroso nell'aria e non capisco da dove provenga, continuo a guardare l'uomo e abbassando lo sguardo lo vedo. Vedo un coltello da cucina, uno di quelli che il nostro cuoco usava per affilare la carne. C'è sangue che cola dalla punta, tanto sangue. Riporto immediatamente lo sguardo sull'uomo e capisco "no, non puoi averlo fatto" gli urlo contro per poi cominciare a correre verso casa, entro dalla porta del giardino e grido "mamma, papà, Vicky? Dove siete?" comincio a cercare in ogni stanza del piano di sopra, per poi arrivare in cucina. La scena che mi si presenta davanti è agghiacciante, i loro corpi sono per terra, ammassati, quello di papà è sopra e quello di mamma è la base. Mi sale un senso di vomito atroce che non riesco a trattenere, così mi giro e non faccio altro che far uscire il disgusto per questa scena mentre le guance mi si bagnano a causa delle lacrime "come la fai tragica, mi avevano detto che eri abbastanza melodrammatica. Ma non pensavo così tanto, credevo che il tuo paparino ti avesse insegnato il contegno" mi rimprovera mentre io cerco un fazzoletto per pulirmi la bocca "chi sei? E che cosa vuoi da noi?" Chiedo girandomi lentamente verso di lui "nono, da loro non voglio nulla. Ma da te Anais" sussurra avvicinandosi con il coltello ancora stretto tra la mano destra. Più mi si avvicina e più indietreggio fino a raggiungere il muro. Sono in trappola. Questa è la mia fine. Lo continuo a guardare negli occhi "da me cosa?" Chiedo in un sussurro "voglio tutto, piccola" sussurra sorridendomi "ti voglio e un giorno ti sarai mia, la tua famiglia non potrà fare nulla" dice indicando l'ammasso di corpi con la testa "e nemmeno il tuo caro maritino potrà". La punta del coltello finisce sotto il mio mento, sento un leggera pressione e faccio fatica a deglutire "io posso aiutarti a scappare da quel mostro di marito, posso darti tutto ciò che vuoi. Qualsiasi cosa tu voglia l'avrai da me, diventando la mia sposa. Sei un fiore così bello e raro Anais, vedo il fuoco che ti arde dentro e non vorrei mai spegnerlo. Anzi, voglio che bruci anche me, voglio diventare un tutt'uno con te e la tua anima piccola fiamma" il suo respiro caldo mi solletica la guancia e io giro il viso per non guardarlo. La sua mano libera si insinua sotto la mia maglietta e io irrigidisco i muscoli. Le sento le sue dita umide e sporche salire fino al reggiseno, accarezzando la curva del mio seno lentamente. Le lacrime riprendono silenziose a scendere dai miei occhi e io penso che questa sia davvero la mia fine. Non riesco a proferire parola, poi sento un tonfo e subito si allontana da me "è ora di svegliarti Anais, il tuo maritino ti reclama. Non pensarmi troppo mi raccomando" e sparisce dalla mia vista.

Bride or DieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora