Un demone dai capelli rosso fuoco

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POV ELIJAH

Stiamo camminando per le vie di New York, dopo che Anais si è messa a ballare in mezzo alla strada ed io mi sono aggiunto a lei molto volentieri, abbiamo ripreso la nostra passeggiata.

Ho ancora le sue scarpe in mano e lei è a piedi nudi, non sono molto d'accordo con la sua idea perchè queste strade non sono pulitissime, però finché si sentirà di camminare scalza non mi faccio troppi problemi.

È di fronte a me e si sta guardando attorno attirata da tutte le luci che impreziosiscono la città, sembra una bambina il periodo di Natale. Continua a sorridere e ogni tanto, quando vede qualcosa che le piace davvero tanto e per cui è elettrizzata, si ferma, torna da me e poi indica quella cosa. Ad esempio, ora sto guardando delle luci appese che raffigurano degli orsetti di diversi colori.

"Non sono teneri? Guardali con quel musetto, a me piace quello blu. E a te?" mi chiede guardandomi speranzosa di darle una risposta positiva e non da burbero "Anais sono tutti uguali, cambia solo il colore" dico guardandola "si lo so, però il blu è il mio colore preferito. Vorrei sapere il tuo" dice alternando lo sguardo da me alle lucine, come se potessero scappare.

Prendo un respiro profondo e guardo su, vedendo tutti i colori "a me piace quello verde" dico per poi tornare a guardarla e vedo che sta sorridendo. Uno di quei sorrisi sinceri, quelli che mi faceva quand'era bimba e mi regalava la caramella.

La guardo e un sento un nodo allo stomaco, cerco di ricambiare quel sorriso meglio che posso ma ho paura che mi sia uscita una smorfia perché lei ridacchia e ricomincia a camminare.

Non capisco come mai rida e sorrida così tanto, sono delle normalissime luci di una città. Mi tocca pure tenerla d'occhio, starle dietro senza perderla di vista dato l'affluenza di persone, spostarla quando magari sta guardando in alto e non vede dove sta andando. Ha già rischiato di avvicinarsi troppo alla strada o andare addosso a qualcuno e io prontamente sono riuscito a non farla finire sotto una macchina.

Neanche fosse una bambina, ignara di quello che può capitarle gira indisturbata per queste vie affascinanti ma allo stesso tempo pericolose. Sto guardando male tutti quelli che provano anche solo a sorriderle o disturbare questo suo momento di felicità, magari ricordandole che si deve mettere le scarpe dato che tutti le guardano i piedi e fanno delle facce schifate.

Ad un certo punto si ferma davanti ad un'entrata laterale di Central Park, quella che ti porta direttamente al Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir, un bacino idrico per la distribuzione dell'acqua che si trova qui. È circondato da una ringhiera e tutta una vegetazione di alberi secolari gli fa da cornice, un posto davvero molto suggestivo devo dire. Se non mi piacesse la tranquillità di casa mia, vivrei anche in città e ogni mattina verrei a correre qui.

Mi fermo vicino a lei cercando di capire che cosa voglia fare dato che non entra e mi sembra abbastanza titubante all'idea di andarci. Dio non mi ha fornito di molta pazienza, quindi glielo chiedo direttamente "perché ti sei fermata? Non vuoi entrare?" le chiedo guardandola. Si risveglia dal suo trans spaventandosi anche un po' per la mia schiettezza "ti- ecco ti dispiacerebbe se entrassimo qui a vedere il bacino idrico?" me lo chiede quasi sussurrato.

Io l'ho capito che quando mi guarda con quegli occhi da bimba non mi sta veramente chiedendo se può fare qualcosa, mi sta semplicemente dicendo "è il mio sogno andarci, puoi realizzarlo?" e io, irrimediabilmente, annuisco.

Il suo sorriso si ingrandisce e si volta verso l'entrata per poi girarsi verso di me come a chiedermi di nuovo il permesso e io senza dire nulla inizio a camminare "principessina, sarebbe meglio che ti mettessi le scarpe adesso. Ci sono sassolini qui" dico guardandola passandole le scarpe. Lei mi guarda sbattendo le palpebre più volte "ti sei incantata Anais?" le chiedo e come se fosse tornata dal trance annuisce prendendo le scarpe infilandosele.

Bride or DieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora