Prologo - Parte 1

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In una piccola cittadina sconosciuta chiamata Wönder, un angolo remoto delle terre del Nord dimenticato dagli Dei, sfortuna volle che, durante una gelida notte, Brynja Kösztelnig non riuscì a mettere piede in casa e partorì dentro la stalla di un ...

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In una piccola cittadina sconosciuta chiamata Wönder, un angolo remoto delle terre del Nord dimenticato dagli Dei, sfortuna volle che, durante una gelida notte, Brynja Kösztelnig non riuscì a mettere piede in casa e partorì dentro la stalla di un bestiame prevalentemente fatto di vacche, vitelli e capre.
Le sue urla svegliarono tutti gli abitanti della piccola casa che distava pochi metri, in particolare una donna: Cara Kösztelnig, la sorella della povera donna che stava mettendo al mondo in quel momento una nuova creatura.
Cara, dalle caratteristiche uguali a quelle della sua consanguinea, quelle di una tipica donna dei paesi freddi, corse fuori indossando il mantello rosso con cappuccio. Quest'ultimo era il capo d'abbigliamento con cui si facevano riconoscere le prostitute della città.
La bambina appena nata, dalle guance rosse e tanti ricciolini biondi sulla testa, venne battezzata sotto i flebili raggi lunari con il nome di Astrid perché nata grazie all'amore e alla benedizione del loro Dio, Óðinn.
Crebbe in grazia, con dei bellissimi capelli color grano e occhi freddi come il mare del nord, ma soprattutto consapevole del lavoro delle uniche donne che componevano la sua famiglia e del fatto che ben presto anche lei sarebbe diventata una di loro. Questo perché non vi era riscatto all'epoca: se si nasceva femmina e si era figlia di una prostituta, l'unico futuro immaginabile stava nel donare il proprio corpo per qualche moneta d'oro.
Ma per Astrid non sembrava un problema: sapeva di essere intelligente, dopo essere cresciuta sotto gli insegnamenti del padre del suo migliore amico, quanto nemico, Alastair Bergen, che desiderava un futuro migliore anche per il figlio, nonostante il lavoro di falegname fosse remunerativo quanto bastava per procurare alla propria famiglia il pane e mantenere un tetto sicuro.
Fu così che Astrid imparò a leggere e a scrivere nel tempo libero, dopo aver coltivato gli ortaggi dell'umile orto dietro la piccola casa, pulito la cucina e le camere, preparato la cena e dato da mangiare al bestiame nella stalla.
Poi, se fortuna voleva, aveva anche il tempo di andare in città con Alastair per fare una passeggiata, per poi litigare con lui per il suo linguaggio parecchio scurrile.
Mai pensava al suo futuro.
Mai pensava avrebbe incontrato il pericolo.

Mezzo secolo prima la nascita di Astrid, un uomo violento e feroce di nome Viktor, stava valutando se risparmiare o meno un'anima innocente della guerra. Era stato pagato dal suo signore e i suoi ordini erano stati chiari: nessun superstite. Era notte, la battaglia era appena finita, la città era stata occupata e lui l'indomani sarebbe ritornato a casa.
«La prego signore, ci lasci andare! Mia sorella ha solo cinque anni, non farebbe mai del male ad una mosca ed è innocente! Ce ne andremo e non ci vedrete mai più!» supplicò la donna che fra le sue braccia stringeva protettivamente una ragazzina in lacrime.
«Viktor! Che cosa stai facendo lì?» urlò Balthazar il suo superiore. Nonostante fosse un mercenario, il suo signore gli aveva chiesto di obbedire a quell'uomo. Impugnò la sua spada e la puntò contro le due femmine in piedi davanti a lui.
«Superstiti» disse Viktor.
«E cosa stai aspettando?»
«Non uccido donne o bambini» ribatté, in uno stupido tentativo di sottrarsi dai suoi obblighi.
«Hai ucciso la loro famiglia, hai già le mani insanguinate. Falle ricongiungere ai loro padri e finisci questa manfrina» gli ordinò.
Viktor desiderò che si allontanasse: non voleva spargere altro sangue quel giorno. Ormai era sazio.
Ma lui non venne lasciato solo e fu costretto ad essere il tristo mietitore anche per le due ragazze tremanti.
Levò la sua spada in alto e colpì prima la più piccola, tra le grida disperate e scioccate della sorella maggiore. Quando il corpicino esanime della prima crollò a terra, con uno scatto felino, la sorella di buttò sopra il suo assassino e cercò di cavargli gli occhi pronunciando una maledizione mentre le lacrime d'ira rigavano il suo volto.

«Ogni fanciulla tu vorrai.
D'innocenza ti nutrirai.
Ogni dì adorerai,
odierai e ucciderai.
L'occhio del lupo amerà,
nel tuo sangue morirà!»

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