Prologo - Parte 2

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Viktor urlò, sentendo le labbra bagnate dal suo stesso sangue dal sapore ramato sul palato.
Infilzò la ragazza con la lama affilata e divise il busto dal resto del corpo. Nel momento che si liberò dal peso della donna, lasciò cadere la spada e si coprì gli occhi. Notò che non perdevano più sangue e che lentamente stava riacquistando anche la vista.
«Lurida puttana! Che cosa mi hai fatto?» gridò. Quando Viktor riprese a vedere, scoprì la cruda verità: vedeva ogni cosa in bianco e nero, eccetto il sangue, che era ancora scarlatta.
«Lo scoprirai presto...» boccheggiò nel suo stesso sangue la strega. «Mostro.»
Le staccò la testa con un colpo di spada e la legò al cavallo usando i capelli. Doveva sapere chi fosse, che cosa in realtà gli avesse fatto.
Una volta portato a termine il suo servizio come mercenario e ricevuti i soldi, ritornò a casa dove sua moglie attendeva impazientemente il suo ritorno.
Salì sul suo destriero, e cavalcò per quattro soli e quattro notti.
Chiese a noti volti chi fosse la donna di cui lui portava la testa mozzata, ma nessuno riusciva a dargli una risposta.
Una volta giunto alla baita che aveva ereditato dai suoi genitori, gettò la testa putrefatta nel seminterrato. Successivamente si diresse alla città di Wönder. Da lì, oltre agli zoccoli del cavallo, i pensieri macabri di Viktor erano sovrastati dalle risa e dalle grida che provenivano dalla Taverna.
Legò l'animale alla debole recinzione che delimitava la proprietà del soldato, e con il passo pesante e stanco entrò nell'abitazione.
La casa era piccola, con pochi mobili di legno ed illuminata con delle candele appoggiate sulle mensole e da una lampada a olio sul tavolo. La miseria e la povertà erano così visibili da scuoterlo. Nei suoi anni di assenza, nessuno si era occupato della sua proprietà.
«Signe?»
Viktor chiamò sua moglie, ma al suo posto comparve sua sorella maggiore. Indossava un vestito grigio e largo, senza fronzoli, con l'orlo ricoperto da grandi fleur-de-lis neri. Quell'abito era un regalo da parte del mercenario.
Agathe, una donna gelosissima del fratello minore, era l'unica famiglia ch'era rimasta al guerriero.
I suoi capelli biondi erano raccolti in una crocchia poco curata e il suo viso era sporco probabilmente di carbone.
Molti uomini erano partiti per la guerra e le donne erano rimaste sole a doversi occupare delle faccende ch'erano considerate maschili.
«Viktor! Oh, fratello mio! Sei tornato!» gracchiò Agathe, avvicinandosi a lui per stringerlo a sé e baciargli le gote. «Mi sei mancato così tanto! Vieni! Vieni! Siediti! Sarai sicuramente stanco. Vado a prenderti qualcosa da mangiare.»
«Agathe, dov'è Signe?» le chiese, sedendosi come consigliato. La donna si avvicinò a lui e congiunse le mani davanti a sé. Poi, con uno sguardo carico di pietà, gli disse: «Durante la tua assenza, Signe... ha concepito un figlio con un mercante. Povera, doveva sentirsi tanto sola. Ho provato a convincerla a non cedere alle tentazioni del Dio Loptr, ma non mi ha ascoltata. Mi ha derisa! Ha riso di me, dico io! Ora è nella vostra camera. Dorme.»
Mentre ascoltava sua sorella, Viktor sentiva dentro di sé ardere la rabbia. Un uomo aveva osato prendere ciò che era di sua proprietà. Sua moglie! Lei, peccatrice, avrebbe pagato per aver ceduto alle lusinghe di un altro.
Si alzò d'impeto e con furia tuonò nella camera da letto, brandendo la spada.
Sdraiata sul materasso, Signe aveva il grembo gonfio coperto. Il respiro era calmo. Ciò che gli occhi di Viktor stavano ammirando era l'immagine di una donna incinta, tranquilla e dormiente.
Quando il guerriero levò in alto la spada, quest'ultima cadde. Il sordo tonfo destò dal sonno la donna. Nel momento in cui vide Viktor, non ebbe il tempo di gridare che la bestia le salì sopra e le tolse la vita. Fra le grida di Signe, Viktor sentì anche le risate inquietanti della strega.

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