Capitolo 12

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Astrid si risvegliò in una stanza buia, sola e con un dolore lancinante alla testa, a causa di un urlo terrificante. Cercò di fare mente locale di ciò che era successo perché non riconosceva il posto in cui era.
La donna in bianco la stava seguendo, la stava rincorrendo nella foresta. Aveva corso tanto, poi era inciampata su qualcosa. Era rotolata per terra e quando si era rimessa in piedi aveva visto che aveva urtato con i piedi la carcassa di un corpo. Quando aveva notato la testa di Gretchen la Grassa che la guardava con occhi esanimi e un'espressione crudele che neanche la morte era riuscita a levarle, gridò disperata e cercò di allontanarsi il più possibile dal cadavere della ragazza.
Aveva pianto in modo incontrollabile, e quando aveva visto una casa lì vicino, una catapecchia che sembrava abbandonata, aveva deciso di rifugiarsi lì, nella vana speranza di nascondersi dalla donna in bianco.
Dopo essere entrata nella casa, non ricordava più niente. Sapeva solo che si era svegliata in quella stanza.
Cercò di muoversi, ma notò immediatamente di essere legata in catene sopra un letto pieno di macchie di sangue. Quel posto sembrava uscito dai suoi incubi più orribili.
Il panico si impossessò di lei quando sentì dei passi molto pesanti dietro la porta che conduceva a quella stanza. Chiunque fosse il suo carceriere, si stava avvicinando sempre di più.
Iniziò a tremare e le lacrime cominciarono e riempire i suoi occhi. Non aveva le forze di lottare, voleva che tutto finisse al più presto possibile. Guardò il suo vestito: era strappato in più punti e macchiato di sangue e fango. Le sue gambe erano emaciate e pallide, piene di lividi e sporcizia così come i suoi piedi.
All'improvviso la porta della camera si aprì con un rumore assordante. Astrid riprese a piangere e a implorare chiunque stesse entrando di lasciarla andare e lasciarla vivere.
«Ti prego, ti prego, ti scongiuro... non farmi del male!» piagnucolò la ragazza. La sagoma nera gettò qualcosa sulle sue gambe. La testa mozzata di una vecchia che non aveva mai visto in vita sua, con gli occhi aperti la mascella rotta.
A quel punto, Astrid non seppe più che fare se non dimenarsi e gridare per togliere quella testa dal suo corpo.
«Ti ha fatto del male, mi ha fatto del male, e io ora l'ho punita» disse la sagoma.
La voce rauca e profonda di quell'uomo era familiare. Lo conosceva. Non fece nemmeno in tempo a dire il suo nome che Viktor si era avvicinato velocemente a lei, circondandola con le braccia. Astrid lo esaminò, aveva uno sguardo da pazzo, le sue mani erano insanguinati così come i suoi vestiti. La sua bocca era piegata in un sorriso destabilizzante, i suoi denti erano sporchi di liquido cremisi e pezzi di carne.
Alla sua vista, Astrid chiuse gli occhi e ricominciò a piangere e a dimenarsi.
Viktor non capiva...
Era stata sua sorella Agathe a farla svenire con un colpo di cava chiodi dietro la nuca, e quando lui l'aveva sgridata e aveva preferito Astrid a lei, gli aveva riversato addosso tutte le sue frustrazioni, rivelandogli che in realtà aveva fatto stuprare sua moglie Signe affinché rimanesse incinta di un altro uomo, e che lui l'aveva uccisa pensando di essere stato tradito.
Così Viktor l'aveva ammazzata per porre fine al suo dolore.
In quel momento, però, non capiva le ansie di Astrid. Si pulì le mani sul vestito strappato di lei e le accarezzò la testa lentamente.
La contadina tremava, voleva solo andarsene via.
«Ti prego, non uccidermi...» lo supplicò ancora lei, tremando e piangendo.
«Ero sposato con la donna più bella al mondo» iniziò a raccontare lui. «Signe doveva essere sicuramente una delle figlie di Freya per quanto era bella. E io la amavo, la amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma la carne è debole, è viziosa, così come ogni essere umano.»
«Tornavo dalle guerre, fiero e orgoglioso delle persone che uccidevo nel nome della persona che mi pagava. Ho ucciso la persona sbagliata... e sono stato maledetto»
«Avevo lasciato la mia Signe sola, e lei era morta. Avevo preferito lasciarla che restare e placare la mia sete di sangue e violenza. Tu mi ricordi così tanto lei...»
Il cacciatore si avvicinò a lei, le bloccò la testa in modo da poterla baciare. Avvicinò le sue labbra alla bocca di lei e Astrid poté sentire pochi secondi dopo nel suo palato un sapore ramato e nauseabondo. Tossì contro di lui e Viktor alzò un braccio, pronto a colpirla, ma in quello stesso momento sentì un rombo nel piano inferiore.
Qualcuno era lì, non erano più soli.
Il cacciatore ringhiò e Astrid vide i suoi denti allungarsi e diventare più affilati. Lo stesso corpo di Viktor si stava ingrossando e stava lacerando i vestiti che indossava.
La contadina iniziò a gridare e sperò fortemente che chiunque fosse al piano di sotto, fosse qui per lei.
«Aiutatemi! Sono qui!»
Viktor la colpì duramente in testa con un pugno e quando la ragazza perse i sensi, il mostro si precipitò fuori dalla stanza.

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