Capitolo 3 - Parte 2

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Viktor l'aveva presa per mano e l'aveva condotta fuori dalla Taverna, nonostante i continui richiami di Gretchen la Grassa.
Avevano camminato fino alla sua casa, poi l'aveva lasciata nella sua camera con la promessa che l'avrebbe fatta sua se fosse rimasta lì ad aspettarlo, senza uscire.
E infatti, era rimasta e ora si trovava davanti a lui.
Bernadette si girò verso di lui e gli sorrise, consapevole di aver mantenuto il giuramento.
Quando Viktor la prese e iniziò a baciarla, pensò di avere tra le mani Astrid, immaginò il suo corpo quando con furia strappava i vestiti della ragazza.
Bernadette emanava il suo solito profumo, lo stesso che l'aveva riempito di libidine, eppure non era più così forte.
Voleva Astrid.
Viktor la premette contro il muro e la tirò su, fino a sentire le gambe della ragazza attorno alla sua vita. Il cacciatore sentiva il membro premere contro i pantaloni. E quella eccitazione era dovuta solo ad Astrid.
Bernadette continuò a baciare l'uomo, con ardore, foga, senza controllo, e il modo in cui lui rispondeva al suo tocco, ad ogni suo gesto, la rendeva felice.
Quando si ritrovarono sul letto, Viktor si convinse che sotto di lui c'era il corpo di Astrid, e iniziò a riservargli un trattamento di devozione: gli baciava e gli succhiava i seni, mentre con una mano lo teneva fermo e con l'altra stimolava la sua femminilità.
Quando poi decise di prendere la sua verginità, Bernadette gridò, impregnata di lussuria e dolore.
Continuò a farla sua, in molte posizioni diverse, fino al momento in cui raggiunse l'acme del piacere dentro la ragazza, che ormai era stremata da tutti gli orgasmi che era riuscita ad avere.
Poi qualcosa cambiò. Viktor le tirò uno schiaffo e la guardò. Bernadette non capì inizialmente, poi vide gli occhi del cacciatore accendersi di rosso.
«Viktor...» iniziò a balbettare Bernadette, ma il cacciatore la colpì ancora.
Poi iniziò a ritrarsi. L'uomo si allontanò da lei e iniziò a gridare:
«PERCHÉ NON MI AMI?»
Bernadette si alzò velocemente dal letto, nonostante la stanchezza mentre il corpo di Viktor iniziava a cambiare, a trasformarsi.
I suoi muscoli aumentarono il loro volume, la sua pelle si riempì di peli scuri e lunghi. Il suo viso iniziò a mutare, le gengive si squarciarono per lasciar posto a zanne affilate. Bernadette guardò la trasformazione, gridando a squarciagola per la paura e per la consapevolezza di non poter scappare, perché la porta era stata chiusa a chiave, finché davanti non si ritrovò un mostro.
Dentro di sé iniziò a pregare per la sua vita.
Il licantropo si avvicinò a lei, lentamente, il muso allungato digrignava e mostrava le zanne. Un suono gutturale fuoriuscì dalla sua gola, poi si avventò su di lei.
Cominciò ad azzannare la ragazza, sul collo, sulle braccia, riuscì a staccarle un piede, poi un braccio. Le urla della ragazza riempirono con ogni probabilità la foresta che circondava la casa.
Al piano di sotto, la vecchia cucinava e ignorava le grida disperate di aiuto.
Quando tutto tacque, la ragazza era già morta e di lei erano rimaste solo i pezzi che una volta componevano il suo corpo. La stanza di Viktor si era nuovamente sporcata di sangue.

Quando l'uomo riaprì gli occhi e vide ciò che aveva fatto, iniziò a gridare: la maledizione della strega si era nuovamente impossessato di lui.
Si guardò il corpo, ricoperto del sangue della ragazza e iniziò a strofinare via quel liquido con la coperta del letto. Poi raccolse tutti i pezzi con il telo e lo usò per portarli nella cantina sotterranea.
Nudo, si precipitò giù per le scale e uscì dalla casa per andare nel retro. Poi scese nella cantina, ignorando l'odore di marcio e putrefatto, e gettò vicino agli altri pezzi maciullati di donne, la coperta, che si aprì, lasciando che l'ultima vittima potesse conoscere le altre.
Il cacciatore guardò il mucchio e iniziò a piangere.
Perché piangeva? Per la consapevolezza che non poteva fermarsi. Non riusciva a fermarsi.
Era molto più forte di lui, molto più radicato nel suo spirito.
Il respiro di Viktor riprese il suo ritmo naturale quando il suo sguardo si posò su un teschio, illuminato dal raggio della luna che era riuscito a fare breccia tra le assi di legno rovinate.
Ma non era un teschio qualsiasi. Quel teschio sembrava sorridere e prendersi gioco di lui.

"Tic tac, tic tac..."
Risentì la sua voce nella mente.
Quel teschio era della strega che lo aveva ridotto ad un mostro. Poco più vicino al teschio, ce n'era un altro, quello che una volta era di sua moglie.
E nemmeno lei era stata in grado di spezzare l'incantesimo.
«PERCHÉ NESSUNA DI VOI?!» urlò il cacciatore, in preda alla disperazione, contro le ossa e le carni in decomposizione.
Cadde in ginocchio, si strinse la testa fra le mani e continuò a gridare fin quando non ebbe più voce e si addormentò lì in mezzo alle donne che aveva tradito e ucciso con le sue stesse mani.

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