Capitolo 13

155 8 13
                                    

Clarissa sedeva sul divano del soggiorno, le luci soffuse, un bicchiere di vino ormai vuoto sul tavolino. Il rumore dell'orologio a muro scandiva il tempo, ogni ticchettio sembrava aumentare la sua ansia. Guardava il telefono, sperando in un messaggio o una chiamata da Giovanni, ma lo schermo rimaneva silenzioso. Le figlie erano già a letto da ore, e la casa era avvolta da un silenzio inquietante.

Finalmente, verso le due del mattino, sentì il rumore della serratura che si girava. Giovanni entrò in casa con passi leggeri, cercando di non fare rumore. Indossava ancora la tuta della squadra, il viso stanco e segnato.

«Giovanni, dove sei stato?» chiese Clarissa, cercando di mantenere la calma ma non riuscendo a nascondere del tutto l'irritazione nella voce.

Il calciatore la guardò, un po' sorpreso di trovarla ancora sveglia.

«Scusa amore, l'allenamento è durato più del previsto e poi abbiamo avuto una lunga riunione con l'allenatore. Ci sono state delle discussioni su alcune strategie per le prossime partite.»

Sua moglie l'osservò attentamente, cercando di leggere qualcosa di più nel suo volto.

«Ma non potevi almeno mandarmi un messaggio? Sono stata qui a preoccuparmi per te.»

Giovanni sospirò, avvicinandosi a lei.

«Hai ragione, scusa. Non ho pensato che fosse così tardi. Sono solo stanco, tutto qui.»

Lei incrociò le braccia, non del tutto convinta.

«Giovanni, non è la prima volta che torni tardi e sembri sempre più evasivo. Cosa sta succedendo?»

Il capitano del Napoli si sedette accanto a lei, prendendole una mano.

«Davvero, Cla, è solo il lavoro. Con le prestazioni in campo che non sono al massimo, l'allenatore ci sta mettendo sotto pressione. Non voglio che tu ti preoccupi inutilmente.»

Clarissa scosse la testa.

«Non è solo questo. Ti vedo distante, diverso. Sembra che tu stia nascondendo qualcosa. Ho trovato un biglietto di un ristorante elegante nella tua giacca. Perché non me ne hai parlato?»

Il calciatore sembrò esitare per un momento, anche perché quella vicenda davvero non c'entrava nulla con Alessia, ma sua moglie stava sospettando di lui, questo era chiaro.

«Era una cena con alcuni dirigenti del club. Non volevo preoccuparti con dettagli inutili, pensavo fosse solo una formalità. Mi dispiace di non avertelo detto.»

Clarissa lo guardò, cercando di capire se stesse dicendo la verità.

«Gio, se c'è qualcosa che non va, devi dirmelo. Non posso continuare a vivere con questi dubbi. Mi sento come se stessi perdendo la fiducia in te.»

Il suo compagno le strinse la mano con più forza.

«Non c'è niente di cui preoccuparsi, tesoro. Ti prometto che non ti nascondo nulla di importante. È solo un periodo difficile, ma passerà.»

Clarissa sospirò, sentendosi ancora insicura ma volendo credere alle parole di suo marito che amava con tutta se stessa.

«Va bene, ma per favore, cerca di essere più presente. Ho bisogno di sentirmi rassicurata.»

Il terzino annuì, avvicinandosi per darle un bacio sulla fronte.

«Lo farò. Mi dispiace averti fatto preoccupare. Ti amo.»

Mai parole furono più false.

Clarissa gli sorrise, ma una parte di lei continuava a sentirsi inquieta. Sperava che le cose potessero tornare alla normalità, ma sapeva che avrebbe dovuto vigilare più attentamente sui comportamenti di Giovanni.

Destini IntrecciatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora