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Continuo a battere il piede rumorosamente per cercare di attirare l'attenzione dell'assistente sociale, che continua a guardare il mio fascicolo.

Non è la prima che vedo negli ultimi anni. Sandra, Giovanna, Pamela, Tiziana... Ne ho passate parecchie.

"Allora?" Le domando spazientita per cercare in lei una risposta.

"È l'ennesima volta che crei problemi, sono dieci volte che cambi famiglia."

Dodici traslochi, dodici giudici dei minori, dodici anni.

A sei anni sono finita in affido. Mio padre era violento, e mia madre era troppo debole. Non era in grado di proteggere entrambe.

Dicevano che era per il mio bene, ma io questo bene non l'ho mai visto. Le cose sono solo andate peggio. Anche se non sono andate bene, non sono neppure convinta che a casa sarebbe potuta andare meglio.

"Dimmi qualcosa che non so... Monica." Leggo il suo nome da dei fogli sparsi sulla scrivania, e lei mi lancia un'occhiataccia.

"Ormai hai diciott'anni, non possono portarti in un'altra famiglia, sei libera di fare ciò che vuoi."

Non vedevo l'ora che pronunciasse queste parole. Prima che lei mi dicesse l'ovvietà, io mi ero già organizzata con mia zia, la sorella di mia madre, per poter tornare a Genova.

Mi ha trovato l'alloggio ed un lavoro in una palestra, alla reception. Non è il massimo, ma non potevo chiedere di meglio.

"E comunque, fate dei controlli, quel bastardo è un pedofilo."

Neanche il tempo di salutarla, che sono corsa fuori dall'ufficio, per prendere il primo treno disponibile per Genova.

Non vedo l'ora di lasciare Milano, l'ho riempita di brutti ricordi. Genova mi manca come l'aria. Neanche lì ho bei ricordi, eppure tengo impresso nella mente solo le cose positive di quella città.

Il mare, il sole, l'odore di salsedine. Mi manca quella pace che provavo ogni volta che andavo a Cogoleto, per scappare dai miei genitori.

A Milano, tra mille famiglie affidatarie, a stento respiravo.


Appena scesa dal treno mi prendo un istante, ad occhi chiusi, per percepire il calore del sole ligure. A Milano c'è sempre la nebbia, e quando c'è il sole non si riesce a stare fuori per più di dieci minuti.

"Mi sei mancata tantissimo, da quanto non ti rivedo."

"Ciao zia." 

Mi stringe in un abbraccio quasi soffocante, ma sono contenta di sentire finalmente il calore di una persona che mi vuole bene.

"Non mi hanno mai voluto dire dove stavi, non ti ho mai potuta vedere."

Ha le lacrime agli occhi, ed anche io, ma le nascondo dietro gli occhiali da sole. 

Odio farmi vedere vulnerabile, così lascio credere alle persone di essere indistruttibile. Dentro però sono più fragile del vetro.

Secondo me, è qualcosa che si sviluppa dopo aver affrontato situazioni difficili. Ci si crea questa corazza invisibile, che tiene lontane le persone.

D'altronde, chi teme l'abbandono è il primo a fuggire.

"Vieni, ti faccio vedere il tuo appartamento." 

Caricate tutte le valige, mi godo il breve viaggio con il finestrino abbassato. Il vento mi scompiglia i capelli, e osservo nei minimi dettagli tutto il paesaggio, come se me lo potessi dimenticare da un momento all'altro.

MAI PIÙDove le storie prendono vita. Scoprilo ora