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Fumo una sigaretta fuori, durante la mia pausa. Il secondo giorno di lavoro è un po' meglio del primo. Ma se fosse stato peggiore, comunque non avrei potuto lamentarmi.

I soldi mi servono, sia per vivere sia poi per studiare. Ho sempre voluto andare all'università.

Non sono mai stata una studentessa modello, ma credo sia per la situazione difficile che stavo vivendo.

Ho sempre amato la letteratura italiana, in ogni sua forma e genere. La sera mi addormento leggendo le raccolte di poesie.

Mi piacerebbe diventare insegnante, ci so fare con i bambini.

Mentre sto al telefono, qualcuno mi tira una spallata, che mi fa cadere il cellulare a terra.

"Ehi!" Esclamo raccogliendolo, e noto che lo schermo si è spaccato.

"Bene." Borbotto tra me e me.

"Scusami tanto, non l'ho fatto apposta, questo deficiente mi ha spinto." Dice il ragazzo indicando l'amico.

È un ragazzo con gli occhi ed i capelli scuri, e dei baffi molto riconoscibili. L'altro invece è ricciolino, e ha lo sguardo stanco come se non dormisse da giorni, delle occhiaie molto pronunciate.

Solo adesso mi rendo conto, che il secondo, è il ragazzo con cui mi ero scontrata pochi giorni fa. Ma faccio finta di nulla, e lo stesso lui.

"Io sono Diego, e il deficiente è Andrea." Si presenta.

"Aurora."

Sono seccata al pensiero che mi si sia rotto il telefono, ci mancava questa spesa da aggiungersi alle altre.

"Ti vorrei ripagare, ma non sguazzo nell'oro."

"Non ti preoccupare, me la caverò." Faccio un gesto con la mano, come per fargli intendere di lasciar perdere.

"Ti vorrei offrire un caffè, intanto per sdebitarmi."

"Accetterei, ma devo lavorare."

"Lavori nella palestra?" Annuisco.

"È la stessa dove va Mario."

"Ah lo conoscete?" Domando un po' confusa.

"Siamo come fratelli. Tu come fai a conoscerlo?" Mi rigira la domanda, ma io mi irrigidisco.

"L'ho conosciuto a Milano." Taglio corto e il moro annuisce.

"Quindi non sei di Genova?" Continua con l'interrogatorio.

"Sono nata qui, ma mi sono trasferita a Milano per più o meno dodici anni. Sono tornata pochi giorni fa."

I due cominciano a parlare di come hanno conosciuto Mario. Erano tutti vicini di casa, quindi sono a conoscenza dei suoi problemi familiari.

Dicono anche che Mario gli ha parlato spesso di me, e di quanto io sia stata importante per lui a Milano. È stato lui ad essere una roccia per me, non il contrario. Senza di lui sarei persa.

Non hanno mai nominato le case affidatarie, e per questo ne sono grata. Non mi piace pensarci.

"La mia pausa è finita, scusate."

"Scusa ancora per il telefono!" Urla Diego mentre io mi allontano per rientrare.

"Mi sdebiterò!"

Poco dopo essere rientrata, vedo entrare Mario. Parli del diavolo...

"Ciao Mario." Accenno un sorriso che lui ricambia.

"Ciao Rora."

Era da così tanto che non sentivo questo soprannome, ma mi fa sorridere. Se l'era inventato lui, ma lo odiavo da morire. Adesso invece, lo apprezzo molto.

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