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Oggi ho preso un giorno di permesso a lavoro. Da quando sono tornata a Genova, non ho più visto mia zia, e adesso che mi ha chiesto una mano ho colto l'occasione.

Da poco ha deciso di aprire un bar, che però si trova dall'altra parte della città, così sono costretta a prendere l'autobus.

Prendo la borsa e le chiavi, ed esco.

Dopo qualche minuto che cammino, mi rendo conto che c'è qualcuno che mi segue.

Con la coda dell'occhio vedo una donna. Forse una borseggiatrice? Una mendicante? Non saprei, non mi sono girata per guardare.

Dopo qualche metro però vedo che continua a starmi dietro, così una volta per tutte mi giro.

Quando mi giro mi scontro con degli occhi verdi che mi sembrano fin troppo familiari.

"Aurora."

"Saresti?" Domando con un nodo alla gola. So bene con chi sto parlando, ma voglio fare finta di nulla.

"Sono tua madre."

Ecco qua.

Mi si gela il sangue. Sono dodici anni che non la vedo. Credevo che non l'avrei più riconosciuta, che mi fossi scordata il suo volto una volta per tutte. Invece no.

Lo ricordo perfettamente, e i suoi occhi me lo hanno confermato.

"No, si sta confondendo con qualcun'altra." Mi giro, ma mi ferma per il polso.

"Aurora."

"Le ho detto che si è sbagliata." Mi libero dalla sua presa, e riprendo a camminare, stavolta a passo svelto.

Non mi ero mai immaginata come sarebbe stato incontrarla. Forse sarei corsa all'istante fra le sue braccia, oppure mi sarei arrabbiata.

Eppure non è successa nessuna delle due cose. Mi sono congelata, completamente. Come se non riuscissi a provare più nulla per lei, né compassione né rabbia e neanche rancore.

Da piccola speravo ogni notte, che la mattina seguente, mia madre sarebbe venuta a prendermi. E piangevo, tanto. Ma non sono servite né le preghiere né tantomento le lacrime a farla tornare.

Mi ha abbandonata a me stessa, pretendendo che mi facessi le ossa a sei anni. Pretendendo che fossi capace di cavarmela da sola.

Adesso sono in grado di farlo, non ho bisogno di lei.

Apparte il sangue, non c'è nulla che ci lega. Per me potrebbe essere una qualsiasi sconosciuta. Una mendicante, una borseggiatrice, un'impiegata di mezz'età. Non so chi sia, o cosa faccia.

So il suo nome, per il resto di lei non so nulla.

Anzi, vorrei anche scordarmi il suo nome.

Salgo sull'autobus e infilo le cuffiette nelle orecchie, sperando che la corsa duri il meno possibile. Sento le mani tremare, e ho lo sguardo fisso nel vuoto.

Mi ripeto che devo calmarmi, ma non ci riesco.

Quando arrivo al bar di mia zia, quest'ultima mi accoglie con un abbraccio caloroso.

"Tesoro, stai bene?" Mi domanda, probabilmente vedendomi impallidita.

"Mia madre è tornata in città?" Domando e lei si irrigidisce di colpo. "L'ho vista."

"Le ho detto io dove trovarti."

"Cosa?" Domando come per confermare di aver capito bene. "Non pensavi che forse avresti dovuto chiedermelo?"

Quel nervosismo che stavo provando, comincia a lasciare il passo alla rabbia.

Avevo il diritto di avere una scelta. Io non volevo incontrarla, ormai mi sto costruendo una vita lontana dal mio passato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 17 ⏰

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