Per fortuna quella sera nessuno aveva preferito Marco a lavoro. Eppure non era male . Oddio aveva solo uno slip striminzito bianco e degli anfibi dello stesso colore alto fino allo stinco . I capelli tutti pieni di olio che li davano quello stile spettinato che lo contraddistingueva . I capelli biondi ricci gli erano cresciuti ancora di più e gli arrivavano ora a coprire tutta la nuca . Gli aveva lasciati così , solo la frangia era accorciata per non andargli troppo davanti gli occhi . Si ritirò nel camerino in comune con gli altri performer .
-Hey ragazzo- un uomo grasso e trasandato con una sigaretta in mano , dei capelli con una perfetta riga in mezzo unti chissà da quanto erano sporchi e una sigaretta appoggiata sul labbro gli si fece vicino.
-Andata magra stasera eh? Eeeeh ci saranno notti migliori tranquillo rimani sempre un bel pezzo di carne da vendere ma comunque gli hai fatti divertire e quindi ecco a te i tuoi 150$ - e gli sganció il cash.
Li conto di nuovo e se li mise nella tasca del jeans mentre dal tavolino di fronte si prese una sigaretta e dopo averla accesa se ne prese una bella boccata svaccandosi sulla sedia e buttando indietro la testa. Prese il telefono e controllò i messaggi. Nessuno dei precedenti letto. Allora gli mandó la buonanotte.
Rimase deluso quando Cesare arrivò online ma non gli rispose.
Allora decise di prendere la macchina del suo amico e andare verso casa sua. Faceva freddo , l'aria condizionata in macchina non bastava.
Marco odiava il freddo . Lo odiava davvero .
Coprendosi con il giubbotto e nei suoi pantaloni della tuta quelli pesanti scese dalla macchina. Quella di Cesare era parcheggiata quindi significava che era in casa.
Non aveva torto .
Cesare non riusciva a dormire. In realtà non andava a dormire fino a quando non era certo che Marco fosse tornato al campus dal suo nuovo lavoro . Quella notte era diversa .
Sono sotto casa tua apri
Cesare lesse la notifica ma non apri il messaggio lasciò il telefono sul letto e si fiondò alla finestra. Si accese una sigaretta ma non staccava gli occhi dal biondino . Lo vedeva girare in tondo , controllare il telefono , riscrivergli di nuovo , scese fino al piano di sotto di fronte al portone principale ma fermo la sua mano non appena stava per girare la maniglia. Marco era a due passi da lui ma si constrinse a non aprire . Chiuse i pugni e si fece scivolare sulla porta con la testa tra le mani. Si immaginava l'altro al freddo. Voleva dargli almeno un qualcosa per riscaldarsi, voleva tenerlo tra le sue braccia, riscaldarlo nel suo letto e invece ad occhi chiusi quasi sigillati batteva i pugni per terra ripetendo all'infinito
Va via , va via, vai via.
Voleva anche piangere, ma aveva finito già le lacrime.

Due settimane dopo , Cesare continuava ad essere latitante. Lo vedeva di sfuggita entrare nelle altre classi e quando cercava di prenderlo da solo , lui si circondava di tante, troppe persone e il tentativo di parlargli veniva subito abortito , aveva già rinunciato a mandargli messaggi ma aveva perso il conto di quante chiamate gli aveva fatto la notte dopo aver finito di lavorare. Ma nulla, non ricevette nessuna risposta.
Sabotarono anche il pullman bucando le ruote della squadra di basket , come gli aveva detto l'ultima volta e rimase lì tutto il tempo per vedere almeno una sua reazione. Mandò avanti tutta la sua squadra a prendersi beffa degli altri mentre lui era sotto la rete degli spalti del loro campo da calcio , aggrappato alla rete di ferro e lo vide. Ero rimasto sull'autobus . Girò la testa e come se sapesse dove guardare incrociarono i loro sguardi . Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due disse una parola. Cesare gli rivolse solo quel ghigno sghembo che piaceva tanto a lui ma per il resto non capiva perché lo stava evitando , perché lo teneva lontano . Lui voleva solo parlargli , dirgli qualcosa , stare con lui anche solo due minuti per poi andarsene.
Sentire il suo calore, annusare la sua pelle , mettere la testa sul suo collo, morire tra quelle braccia...
Il giorno dopo , la stessa cosa, uno sguardo veloce , il giorno dopo ancora un altro e un altro ancora . Ma nessuna risposta , nessuna chiamata , nessun messaggio. Aveva anche cercato di mettere allo prova la pazienza di Cesare diverse e diverse volte senza risultato. Ma non la smetteva mai di arrendersi né di chiamarlo. Anche quando era al compleanno della sua ragazza . Fingeva di divertirsi , fingeva di stare bene riusciva ad ingannare chiunque , tranne se stesso. Aveva ragione . Il dolore senza di Cesare era peggiore di quello che provava stando con lui e no, non si affievoliva. Anzi...aumentava.

Aveva appena posato il suo borsone per terra quando era tornato a casa. Si spogliò , non gli fregava nemmeno di puzzare e ne gli andava di farsi una doccia la sera. Tanto , se la sarebbe fatta la mattina dopo per tornare a indossare i panni del capitano di basket . Si stesa sul letto spogliandosi del tutto rimanendo solo in boxer e la maglietta di Marco addosso . Prese il cellulare e aspettó che arrivasse la sua chiamata. Era l'unico , l'ultimo modo , per quanto egoista fosse, di sentirsi vivo per quei 5 minuti che squillava il suo telefono . Si appigliava a quel piccolo nome sullo schermo che lampeggiava , come se da quello dipendesse la sua vita. Lo squillo del telefono erano i suoi 5 minuti di sollievo dal dolore e dal distruggersi giornaliero che passava in aula a due passi dal suo Marco . Quante volte aveva tentato di urlargli qualcosa, di fermarlo in bagno o di presentarsi nella sua aula e stare la , solo con lui in silenzio.
Aspettava e aspettava e aspettava ancora fino a quando non arrivò la chiamata. Si morse le dita per non rispondere e aspettò tanto prima che come per un riflesso del suo cervello accettò la chiamata senza però dire nulla.
-Lo so che ci sei , e forse so anche che non vuoi parlarmi , ma io non rinuncio a te -
Strinse ancora di più la maglietta al petto chiudendo gli occhi immaginandoselo lì , vicino a lui , che faceva i suoi sproloqui infiniti , che adesso gli mancavano perfino .
-Non sono arrabbiato con te , ti amo ancora , non riesco a essere arrabbiato con te, non ce la faccio. Ma vorrei sapere perché....- Marco prese una pausa dall'altra parte del telefono
-Perché farmi sentire il peso dei tuoi occhi se poi non mi vuoi più , la canzone che ieri mi faceva stare bene oggi mi fa soltanto piangere. Ma lo sai, se tu vuoi, potremmo smetterla di ucciderci a vicenda e potremmo fare di nuovo finta di non sapere come dormi la notte o cosa fai la mattina appena ti svegli , potremmo farlo sì . Dalla tua parte hai quegli occhi che solo a vederli mi fanno paura ma che cerco tutto il santo giorno anche per una volta , e ti basta fare qualche passo indietro per riuscire a non trovare i miei . Ti volevo dire solo questo però amore mio , se puoi tu non guardarmi...perché se lo fai...io mi dimentico di odiarti-
Cesare si dimenticó di respirare invece.
Dalla sua parte del telefono c'era solo un respirare forte e annaspato , dei singhiozzi degli ansimi , del fiato pesante sulla cornetta del telefono . Prese tutte le sue forze e serro gli occhi. E tra i denti stretti riuscì a dire solo un flebile
-Buonanotte- prima di chiudere la chiamata.

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