Era passata una settimana da quella notte e ancora ci pensava. Non riusciva a togliersi dalla bocca il sapore della pelle di Marco , sentiva ancora le sue mani che gli accarezzavano il corpo e il senso di protezione e completezza.
Ci stava pensando quando era seduto al suo posto in aula e lo vide fuori la porta accarezzare una guancia di Bea
Quel gesto lo ferì più di tutte le volte in cui l'aveva visto baciarla e toccarla. La carezza era una cosa così intima e affettuosa che non poteva associarla alla loro coppia, proprio no. Lui lo aveva accarezzato così . Quella carezza era solo per lui .
Si guardarono negli occhi e ci vide tutto il dolore che celavano.
La smorfia di un sorriso verso di lui era un "scusa, se per colpa mia stiamo uno schifo tutti e due" straziante.
Distolse lo sguardo per un po' e quando ritornò con la coda dell'occhio alla porta vedere Bea baciare e abbracciare Marco gli fece salire un senso di rabbia che gli bruciò nel petto.
Si chiamava gelosia
Sbatté il pugno sul banco, e si rese conto di essere stato lui solo quando sentì il forte rumore e il lieve dolore alla mano.
Un bacio. Uno stracazzo di bacio bastava a far risalire a galla tutti quei sentimenti che aveva provato ad affogare per mesi e mesi? Un solo misero bacio li aveva portati al punto di partenza, ma stavolta faceva ancora più male.
Si alzò di scatto e uscì dall'aula, colpendo con la spalla Marco ma senza avere il coraggio di guardarlo per chiedergli scusa o per insultarlo per mantenere su quella stupida recita alla quale nessuno più ci credeva.
Sentì Bea dire -Non andare, non cedere alle sue provocazioni- ma era già troppo lontano per sentire la risposta dell'altroSi scrollò e mani della fidanzata dalle spalle.
-Non mi tengo una spallata da quello la. Tu stai tranquilla-
La realtà era che lo sguardo di Cesare l'aveva letteralmente ucciso e voleva solo parlargli per due minuti e ripetergli quanto gli dispiaceva. Quanto anche per colpa sua adesso , ci stava male
Lo seguì fino a piano terra e lo vide entrare in palestra, deserta a quell'ora del mattino.
Entrò anche lui e lo vide seduto sui gradini degli spalti.
Appena si videro Cesare lasciò il suo posto e andò dietro gli spalti e si appoggiò al muro, in attesa.
Marco lo raggiunse velocemente, ma poi non riuscì ad avvicinarsi molto.
Non sapeva che dire, non sapeva che fare.
-Ciao-
-Hey Ciao-
Silenzio.
-Mi volevi parlare?-
Marco spostò a disagio il peso del suo corpo da un piede all'altro.
-Io non... cioè si, però... volevo sapere come stai. Hai il cellulare spento e non sapevo come contattarti -
Cesare lo guardò e si accese una sigaretta. Non voleva fare un passo falso. Era nervoso.
-Sto bene, grazie per l'interessamento. Tu?-
E Marco sapeva che a Cesare importava davvero la risposta.
-Bene...-
Nessuno dei due ci credeva
-Tra qualche giorno avete la partita fuori casa, in bocca al lupo-
Cesare alzò gli occhi facendosi forza per guardarlo fisso
-Crepi-
Marco si morse il labbro , fino a sentire il sapore amaro del sangue.
-Vi faremo uno scherzo, tipo bucheremo le ruote delle macchine e del pullman con il quale dovete andare-
-Perché me lo stai dicendo?-
Marco biascicava qualcosa senza dire qualcosa di sensato
-Marco mi dispiace. Io vorrei poter cambiare per te-fece un piccolissimo passo avanti -dico davvero vorrei poterti dare amore come vuoi tu senza avere paura, ma è così difficile e lo so che il problema non sei tu. Sono io-
Marco lo vide lì, davanti a sé, mentre inciampava tra le parole, e si rese ancora più conto di quanto lo amasse.
-Basta io volevo dirti altro, il fatto è che l'altra volta in terrazza è stato cioè boh come...-
Cesare lo guardò, e sentì il gelo scendergli giù per la schiena quando vide gli occhi lucidi di Marco.
-Come al campeggio- e gli occhi del biondino già iniziavano a essere lucidi.
-Io... Cesare tu...- e la conclusione alla quale era arrivato gli faceva scendere delle lacrime.
Non avrebbe voluto piangere davanti a Cesare, mostrandosi ancora così debole, ma ormai erano lì, e voleva dirglielo.
-Che cosa stai cercando di dirmi?-
Vedere la risata bagnata dalle lacrime che inondavano silenziose il viso di Marco lo fecero indietreggiare di un passo.
- Sto cercando di dirti che ti amo ancora. E anche se sono patetico e stupido a dirtelo ora, a dirtelo mentre stiamo entrambi soffrendo, so che ti amo ora e non ho smesso di farlo, e proprio in questo momento ti amo più di quanto ti abbia mai amato in questi mesi. Ti ho odiato, e anche tanto. Ma alla fine mi sono reso conto di odiarti perché non riuscivo a smettere di amarti, a fermare il battito accelerato del mio cuore ogni volta che ti vedo, a cessare quel dolore che mi sta uccidendo. Mi sto distruggendo per te, e non so nemmeno io perché te lo sto dicendo, quando so che tu non potrai mai amarmi come io vorrei.
Quando abbiamo litigato, quella sera ho provato a dirti quello che provavo. Stavo per pronunciare quelle due paroline, te lo stavo per dire 'ti amo' proprio mentre tu mi urlavi contro, mentre io cercavo di spiegarmi. Te lo stavo per dire perché in quel momento avevo capito che eri tutto per me, e che quest'amore mi stava distruggendo, e volevo che facesse male anche a te.
Ti ho lasciato pensando di salvarmi, di essere in tempo dal non cadere in mille pezzi, e invece mi sbagliavo. Senza di te sono in pezzi, senza di te mi sono ritrovato davvero distrutto. Il fatto è che il dolore che provavo con te si ok è grande ma è niente in confronto a quello che provo standoti lontano, quindi se proprio devo distruggermi, vorrei farlo tra le tue braccia-
Cesare si sentì atterrito a quelle parole.
-No , no , no smettila NO! BASTA! -si portò le mani alla testa
Marco non poteva dirgli che lo amava in quel momento, proprio quando aveva deciso di non illudere nessuno dei due.
-Marco non posso. Non posso farti questo . Io l'ho capito perché mi hai lasciato, e avevi ragione, tu hai ragione e io non posso farti stare male ancora...-
-No- fece un passo verso Cesare -Te lo sto chiedendo io, non ti farò pressioni basta che stiamo insieme, stavamo bene prima di questo casino, non è vero? Staremo bene di nuovo-
Cesare ingoiò il magone che aveva in gola.
-Noi non stavamo bene, tu non stavi bene. Secondo te non vorrei tornare a dormire nel letto con te, a farmi stringere da te la notte, a passarti le mani tra i capelli e tenerti le mani e ad annusarti il collo e tutto il resto ? Guarda - si aprì il giubbotto : aveva ancora la sua maglia addosso -Secondo te non lo vorrei?-
-Allora che aspetti, sono qui!-
-Io non posso farti ancora del male! Non chiedermelo! Ho solo questa stramaledetta maglia che mi rimane di te e questo mi merito ! Il tuo ricordo e basta che mi logora dentro ma è giusto così! Anche se tornassimo insieme, tu torneresti a morire per un mio bacio e per gli stessi motivi che ti hanno portato a lasciarmi, e io non potrei sopportarlo. Io non posso comportarmi ancora da egoista. Almeno stavolta Marco capisci tu me!-
L'altro lo fulminò con lo sguardo, per quanto gli era possibile, con le guance rosse e bagnate.
Cesare aveva finalmente capito, ma perché proprio quando lui aveva deciso di sotterrare tutti i suoi desideri di libertà solo per riaverlo tra le braccia?
Provò a guardare la situazione dall'esterno.
Quanto risultava patetico in quel momento?
Lo stronzetto della squadra di calcio ridotto in lacrime e preghiere per un pezzo di merda che si era comportato da egoista appena l'aveva lasciato, senza capire le sue ragioni, e decideva di fare la cosa giusta quando lui era pronto a fare un passo indietro pur di salvarlo da lui
Come ci erano arrivati a quel punto?
Si asciugò le lacrime con le mani, e poi decise di comportarsi da egoista.
Allungò una mano e prese Marco per la maglietta e se lo trascinò addosso catturando i suoi capelli e il suo collo in un bacio violento e passionale proprio sulla giugulare e su quel tatuaggio. Morse il suo orecchio già martoriato che subito sanguinò . Succhiò il sangue e sentì il biondino abbandonarsi a lui.
Lo girò verso il muro e lo denudò dalla vita in giù.
Gli intrecciò i polsi e li portò in alto, verso il muro, e li imprigionò nella sua forte mano.
Marco non si lamentava, era pronto a subire l'ira che si era meritato.
Cesare si abbassò quanto bastava pantaloni della tuta e boxer, e senza pensarci due volte entrò dentro Marco stringendo la presa sui polsi e portò l'altra mano a chiudere la bocca del biondino, per non farlo urlare.
Colin si sentì letteralmente spaccare in due. Non era più abituato a quel cazzo a quella violenza, non era più abituato a Cesare.
Cesare sentì la sua mano bagnarsi a causa delle lacrime di Marco che scendevano copiose.
-È questo che vuoi eh? È questo che vuoi da me? Farti scopare il culo fino a quando non mi soddisfo e mandarti a cagare alla prima occasione che si presenta? È questo che vuoi Marco?-
Cesare invece voleva proprio quello . Marco doveva sentire tutto il dolore che stava sentendo lui.
Spinse più velocemente dentro quel corpo così stretto, che gli era mancato come l'aria.
Marco non era più abituato a soffrire, ma non era neanche più abituato a tutto quel piacere che gli partiva dal basso ventre e gli infiammava tutto il corpo.
Prima di quel momento, non ricordava neanche più come si sentisse così vivo.
Avrebbe voluto guardare Cesare negli occhi, baciarlo e accompagnarlo nelle sue spinte, ma non se lo meritava, e capiva la rabbia cieca della persona che lo stava possedendo con tanta violenza e tanta passione.Marco cercava di portarsi la testa dell'altro per vederlo negli occhi
-Lasciami! Vuoi stare ancora più male perché vorresti un bacio da me che non ti darò mai?-
Cesare portò la mano che teneva imprigionate le mani di Marco verso il suo cazzo, era duro e umido, e iniziò ad accarezzarlo a ritmo delle spinte.
Più si spingeva in quel corpo più si sentiva di nuovo potente, più sentiva le grida e i gemiti soppressi di Marco provocati dalla sua mano più si sentiva soddisfatto, più sentiva la sua mano riempirsi del cazzo duro più capiva che nulla poteva davvero sostituire quello che c'era tra loro due.
Le ultime spinte furono date con più vigore e quando venne dentro di lui , Marco si sentì finalmente pieno e quella sensazione accompagnata dal grugnito della voce profonda di Cesare, il grugnito che faceva ogni volta quando veniva lo fece venire nella mano dell'altro.
Uscì piano dal suo corpo, e Marco cadde sulle sue ginocchia e quasi scoppiò di nuovo a piangere quando non trovò le braccia forti di Cesare a sorreggerlo.
Cesare lo guardò sulle sue ginocchia con la testa appoggiata al muro e si costrinse a non aiutarlo. Si sistemò velocemente e andò via, con le lacrime agli occhi e il macigno che si era fatto ancora più pesante sul cuore.
Marco restò lì a terra per un po', non aveva la forza di muoversi e neanche quella di affrontare la realtà.
Tra un singhiozzo e l'altro, tra il senso di colpa e la sofferenza, riuscì solo a sussurrare a quelle mura vuote un flebile perdonami.
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Unspoken
DragosteSi odiano ma si scontrano sempre . Il capitano della squadra di calcio non ha bisogno del Cestista e vice versa . Marco però ha bisogno del corpo di Cesare e Cesare ha sempre fame di Marco . Quando le parole non dette ti fanno incazzare come una be...