20. Colin

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Mi abbraccia seduti sul divano della libreria in cui lavorerò da domani. Non so cosa fare, nella mia mente entra il caos. Voglio che mi stia così vicina per ore esattamente come voglio allontanarla il più possibile dai miei problemi e quindi da me.

Voglio respingerla, ma il suo profumo mi dà alla testa e cedo. Ricambio l'abbraccio con ancora la confusione nella testa.

Poso il capo sulla sua spalla, sconfitto, e inizio a girare i suoi irresistibili ricci tra le dita. Lei li detesta, ma io li adoro, li adoro su di lei.

Stringe le gambe a se, probabilmente per proteggersi dal freddo. In questa posizione la sento ancora più vicina, ancora più magnetica.

Sorprendo il mio braccio a scorrere verso la sua vita, percorro la sua schiena e una scossa mi percorre la colonna vertebrale mandando in fumo gli ultimi neuroni rimasti buoni. Stringo il suo fianco e inizio a disegnare dei cerchi sui suoi pantaloni, cercando di tenere occupate le mani in qualche maniera e che non scappino sul suo volto.

La sua presenza mi fa stare meglio, rende i miei problemi meno pesanti, quasi banali, ma non riesco a evitarli.

Vorrei solo poter alzare il mento con l'indice e stare ore a guardarla, con i campi nei suoi occhi pronti a farmici entrare e perdermi senza più trovare il ritorno. Sentire il calore della sua mano contro la mia, del suo corpo contro il mio mentre restiamo in questa posizione senza muoverci.

Eve mi lascia, provocandomi una sensazione strana nella pancia che non so definire, ma almeno continua a tenermi la mano nella sua, congelata.

Vorrei darle la mia giacca per riscaldarla, ma ormai sarà già tornata fredda.

"Quando posso venire da te per riprendere matematica?" Spezzo un silenzio che non posso più sopportare. Ho bisogno di sentire la sua voce melodica, se avessi qui la chitarra, suonerei all'istante solo per sentirla cantare e mandare al diavolo la razionalità.

Quando si alza per andare al bar e fa cadere i libri inizio a ridere, non perché sia goffa, anche se la uso come scusa, ma per reprimere il gesto di prenderla per la vita e stringerla forte. Certo, è buffa, ma non riderei mai di lei. So cosa significa per esperienza.

Una volta che finisce di impilare tutti i volumi le offro le mani, che afferra e si issa.

Ho tirato più forte di quanto fosse necessario, è vero, e una parte di me sperava che cadesse contro il mio petto, per poterla avere tra le mie braccia ancora qualche istante.

E io che volevo allontanarmi da lei.

Quando incrocio i suoi occhi non posso fare a meno di restare in una specie di trance, ammirando la bellezza delle sue iridi. Scorgo tutto il suo volto, le labbra rosse per il freddo, il mento sottile e la fronte alta, ma le sue labbra.

Dio, le sue labbra. Sottili e chiare, delicate come rose.

Non riesco a toglierle gli occhi di dosso. Torno a guardarla negli occhi. Devo trovare qualcosa per distrarmi, averla così vicina a me mi fa andare fuori di testa.

Perché hai questo effetto su di me? Cosa mi sta succedendo?

"Cioccolata?" È l'unica cosa che mi viene in mente. Mi stupisco di me stesso quando la voce esce fuori. Controvoglia mi allontano da lei per farla passare.

"Comunque, sei tutto sporco!"

"No! Dove?" Non ci credo. Prende un tovagliolo e me lo passa sulle labbra. Per non perdermi in quel gesto inizio a ridere.

"Grazie mamma" scherzo. Come diamine posso aver detto questo? Mi rabbuio, ma sento il contatto con la mani di Eve, che mi obbliga a sorridere sinceramente.

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