1 - Come sono finita qui?

472 71 89
                                    

"Un'altra giornata del cazz... scusa nonna, dirò meno parolacce"

C'è un sole pallido oggi, il che mi fa desiderare di rivedere le mie scelte d'abbigliamento, ma me ne accorgo troppo tardi e sono già in ritardo per la prima lezione della giornata.

Brava Rebeca, una giacca ti sembrava troppo da portare dietro.

Invece no, stamattina il mio cervello - qualche volta vorrei sbattere la testa contro lo spigolo della scrivania - ha deciso che dei jeans a vita bassa ed una maglietta a mezze maniche, sarebbero stati un buon affare.

Sexy come una clochard e con la voglia di vivere di un mort...

"Bec non si prendono in giro i morti", hai ragione nonna.

Sbuffo e con lo zaino sulla spalla destra ed in mano due volumi da studiare, penso alle due ore che mi aspettano in aula con il professor Collin.

Dopo anni mi chiedo ancora cosa ci faccia una come me che ha a che fare con i morti ed è pure povera come la merda all'Università - per ricconi - di Stanford.

In realtà me lo chiedo praticamente ogni secondo di ogni giorno passato in questo campus...

Perciò partiamo dall'inizio, o quasi.

Quando ho terminato le scuole superiori, sono stata travolta da una vera e propria crisi esistenziale e mi ripetevo:

Cosa vuoi fare nella vita? -

a parte dover toccare la gente e farla morire, sia chiaro

cosa ti piace fare?

Ed in verità non ne avevo la più pallida idea. Non avevo grandi aspirazioni, cercavo di non pensare troppo al futuro, immaginando che avrei continuato a condurre un'esistenza piuttosto vana, perciò è stata la spinta da mia madre, il vero senso di tutta questa faccenda che ancora non mi colpisce.,

La donna che mi ha cresciuta è una modestissima signora delle pulizie che desiderava qualcosa in più per la mia vita o almeno sperava di non vedere sulle mie mani i suoi stessi calli, così pur di rendere felice una delle poche persone che danno un senso alla mia esistenza, ho deciso di iscrivermi ad Economia, assicurandomi ovviamente di poter ricevere una borsa di studio completamente pagata da quest'Università per figli di papà.

Ho cominciato a seguire di mattina, lavorare di pomeriggio come cameriera in un bar qui vicino che fortunatamente paga bene e studiare la sera, con una piccola luce sulla scrivania per non disturbare la mia coinquilina Emma.

Ragazza carina, ammetto, a volte un po' imbronciata, ma chi sono io per giudicare il cattivo umore degli altri se il mio è quasi sempre sotto terra? Nessuno, perciò accetto volentieri i silenzi di Emma, il suo ordine e le volte in cui abbiamo studiato insieme per sostenere gli stessi esami.

Emma non sa cosa faccio nel mio "tempo libero", chiamiamolo così, anzi non lo sa nessuno, eccetto mia nonna ed Ellie, la ragazza e ormai amica che segue con me il Master in giornalismo.

Questa è stata la mia fantastica vita per tre anni, alternando momenti in cui non avrei voluto nemmeno aprire gli occhi ed Emma mi lasciava una camomilla calda sul comodino ed altri in cui ero determinata a rendere mia madre orgogliosa almeno della mia, di vita.

Mamma, occhi castani, capelli ricci e scuri, come i miei, fisico asciutto a causa di tutti i lavori stancanti che ha sempre dovuto fare, gentile come poche persone al mondo e pronta ad ogni sacrificio per me, unica figlia e per giunta un po' "stramba", come dicevano le maestre.

Chissà se lei sa.

Se ha capito, guardando gli occhi di mia nonna, il motivo del mio tormento.

Before your touchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora