20 - Il giorno in cui una stella...

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"Persino il peso delle stelle può dissolversi tra frammenti di promesse e baci."

Oggi è il 10 luglio e fa così caldo che vorrei girare nuda per l'università.

È il 10 settembre ed è il mio compleanno, il che mi fa pentire subito di aver aperto gli occhi, soprattutto quando Emma salta sul letto cantandomi "Tanti auguri a te".

«Sai che lo odiooo!» urlo nascondendo la testa sotto al cuscino mentre lei continua muovere le coperte «Oh andiamo Rebeca, non fare la solita stronza!» mi dice abbracciandomi ed appoggiando un pacchetto sul letto.

«E questo cos'è?» dico sorpresa «Un pensierino, aprilo» faccio una smorfia per l'imbarazzo e decido ad alzarmi, mentre Emma mi guarda con entusiasmo. Dalle dimensioni capisco subito cos'è e per quanto la pila della vergogna sulla mia scrivania aumenti giorno dopo giorno, un libro resta sempre un regalo sempre azzeccato.

Le intermittenze della morte di José Saramago.

Mi viene da ridere perché mai regalo è stato così appropriato per me come questo «So che questo scrittore ti piace tanto, ho visto che c'era anche questo tra la lista di libri da comprare» mi sorride mentre è seduta sul letto con le gambe incrociate e gli occhi che le brillano come una bambina «Oh Emma, grazie» mi sporgo per abbracciarla e darle un bacio sulla guancia.

«Ho capito in questi mesi che non ami il tuo compleanno quindi niente candeline» mi sussurra all'orecchio mentre mi accarezza la schiena ed io annuisco, rilassandomi.

Il mio compleanno è la giornata che cancellerei dal calendario, se solo potessi. Mese di merda in cui fa un caldo terribile, la scuola è ormai finita, tutti sono in vacanza e nessuno dei tuoi amici, se li hai, ti considera. E poi mi sono sempre chiesta cos'avessi da festeggiare proprio io con la mia esistenza scadente, un padre che non ho mai conosciuto, una madre che cerca di non annegare nei debiti ed un dio dei morti che controlla la mia vita.

Da quando ne ho memoria, vivo questo giorno chiusa in camera, con le cuffie ed il volume al massimo e rispondo solo alla chiamata di mia madre che imperterrita cerca di farmi gli auguri.

Lei, che nonostante la nostra povertà, ha sempre fatto di tutto per farmi spegnere anche solo una candelina. Diceva che quello è il giorno in cui una stella ci ha donato la sua vita, esplodendo con la sua immensa luce.

Così tornava da lavoro con la schiena a pezzi, ma sempre con un piccolo dolce che ci dividevamo sul divano di casa guardando una commedia.

In un attimo ripenso alla me di tanti anni fa che stringe gli occhi prima di soffiare ed esprime un unico desiderio per 25 anni di fila: "Essere felice". Non è mai cambiato negli anni, così come non è cambiata la mia condizione di vita e se spegnessi ora una candelina, esprimerei esattamente lo stesso instancabile desiderio.

Essere felice, serena, spensierata come una ragazza della mia età, vivere i drammi amorosi, stare il più possibile lontana da cose spiacevoli come funerali e morti tragiche.

Ma rincorro un desiderio irrealizzabile.

Penso mentre Emma mi lascia il mio spazio ed inizio a vestirmi per affrontare l'ennesima giornata fatta di università e lavoro al bar.

Poso il libro sulla scrivania, accanto alla scatolina di Axel e penso a quanto sarebbe bello se anche per me ci fossero delle intermittenze dal dio dei morti.

Come da routine, dopo la lezione vado a lavoro ed il pomeriggio trascorre lento tra la chiamata dolce di mia madre che mi ricorda di passare a casa stasera per la nostra serata di rito e i messaggi dei miei pochi amici che sanno quanto odio questa giornata, ma continuano comunque a mandarmi fastidiosissime immagini di auguri stile 50enni.

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