18 - Secondo me sono un'ottima bugiarda

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"La mia vita è un fragile equilibrio tra il peso della ragione e il richiamo caotico dei sentimenti."

«Rebeca, ma dove cavolo eri finita? Mi hai fatto prendere un colpo, stavo per avvisare tutte le forze dell'ordine degli USA » ecco Emma che, come previsto, mi da addosso urlando come una matta visto che praticamente sono sparita per quasi 12h «Hai ragione, scusami tanto, ma il cellulare si è scaricato e ho dormito da un amico perché ormai era tardi» insomma dai, una mezza verità l'ho detta.

«Non farlo mai più ok? Mi sono sentita come una mamma esaurita che teme di aver perso la figlia» mi abbraccia e capisco che davvero mi vuole bene, come d'altronde gliene voglio io. Emma non esce con i miei amici e non sa nulla del mio segreto, ma in questi mesi da coinquiline è entrata nella mia ristrettissima lista di persone a cui tengo.

In amore così come in amicizia, mi lascio toccare raramente e sappiamo benissimo il motivo, quindi ogni volta che lei mi abbraccia, riprendo fiato constatando che ancora una volta il mio campanello d'allarme è spento, almeno con lei e le altre poche persone che fanno parte della mia vita.

«Ti racconterò tutto ok? Ma ora devo correre alla lezione del Professor Collin e dopo esco, non aspettarmi sveglia, super mamma!» le scompiglio i capelli in una mossa affettuosa, prendendo in giro per la sua enorme apprensione, anche se ha ragione: sarei potuta essere morta da ore e nessuno avrebbe saputo nulla, il che mi fa venire in mente di dover richiamare mia madre.

Il corso di editoria è ricominciato dopo una pausa di quasi due settimane ed io come al solito sono in ritardo, perciò con il cellulare in una mano e lo zaino nell'altra, mi dirigo velocemente verso la solita aula. Attraverso il solito immenso giardino su cui sono seduti molti studenti che fanno pausa pranzo, qualcuno mi osserva mentre sono rossa in viso ed in affanno, qualcun altro si sbaciucchia sotto ad un albero.

«Mamma? Ciao» quasi urlo al telefono, contenta di sentirla finalmente «Amore, ma dov'eri finita? Ho provato a chiamarti almeno 10 volte» sorrido perché sarebbe davvero assurdo spiegarle ciò che è accaduto ieri «Sì, scusami, ero impegnata tra lavoro ed università» ormai mento spudoratamente, ma sempre per una buona causa «Ti richiamo presto, ok? Devo entrare in aula per la lezione» le dico frettolosamente «Va bene, ci conto, ciao amore!»

Mia madre è così carina e dolce che vorrei creare appositamente l'uomo perfetto e farglielo trovare ben impacchettato davanti la fetida porta di quella che chiamiamo casa. Uno di quelli che ti amano senza riserve, che ti dedicano il loro tempo, la loro pazienza, le loro lacrime. Vorrei che finalmente lasciasse andare il ricordo di mio padre e fosse di nuovo felice.

Ma ora veniamo a noi: entro di nuovo in quest'aula dopo settimane dalla questione della pubblicazione dell'articolo. Ci sono passata sopra? Ovviamente no ed anzi è aumentata la mia angoscia per il futuro perché se quello era il mio treno per avere visibilità come giornalista, allora direi che sono rimasta decisamente a piedi.

Non posso permettere che la mia borsa di studio venga sprecata e nemmeno questa dannata laurea alla Stanford.

Cosa farò della mia vita a parte servire il dio della morte? Non lo so, ma un senso di impotenza e smarrimento si impossessa di me appena mi siedo tra i banchi bianchi dell'aula.

«Ben tornati piccoli scrittori» il professore è più allegro del solito, il che mi fa saltare ancora di più i nervi «Come sapete, la signorina July Clerc ha avuto il grande onore di vedere il suo articolo sul giornale di San Francisco» qualcuno applaude mentre la ragazza è visibilmente imbarazzata «Sono sicuro che tra di voi si nasconde un futuro giornalista talentuoso che ha bisogno solo di... una piccola spinta» una spinta o dell'acqua santa, vorrei rispondergli.

Before your touchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora