10 - Un mare infinito di possibilità

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"La possibilità di essere ciò che vogliamo è un'idea che ci accarezza piano, in punta di dita."

AXEL'S POV

Alle 19.45 sono già fuori ai cancelli di Stanford che l'aspetto. Non mi è sembrata molto entusiasta dalla risposta al messaggio. Un "ci sarò" secco quasi a dire "mollami Axel".

Ma io non ti mollo, ricciolina.

Rebeca mi sembra diversa dalle altre. È spiritosa, sembra avere una pazienza infinita, è intelligente e non pensa solo ad apparire, come le ragazze a cui sono abituato. È sexy in un modo tutto suo, senza mettere in mostra nemmeno un po' il suo corpo, che scommetto non sia niente male, senza attirare la minima attenzione volontaria su di sé.

Eppure è bellissima.

Sono sempre stato un tipo da "bionde", le classiche modelle mozzafiato che, con i miei geni, potevano regalarmi dei figli perfetti, ma Rebeca... Rebeca ha degli occhi che scrutano: due pietre ambrate... lame appuntite che scorgono verità senza chiedere e che non si lasciano intimorire da ciò che la circonda. Ed i ricci le ricadono morbidi, ma indomabili lungo il viso.

Alle 20 precise si avvicina ai cancelli ed io scendo dall'auto per andarle incontro ed aprirle la portiera. Sono pur sempre un gentiluomo, anche se di solito lo sono molto di più a letto...

E quando si fa più vicina, illuminata dalla luce soffusa del lampione, resto imbambolato. Ha un vestito bianco, lungo fino alle caviglie, ma con uno scollo a cuore che le mette in risalto il seno formoso. L'abito, che vedo appena si volta un po', ha una cerniera che parte dalle spalle ed arriva fino ai polpacci, percorrendo tutto il suo corpo magro, ma tonico. I fianchi sono fasciati perfettamente mettendo in risalto la vita stretta, i capelli lucenti sono sciolti e appena mi guarda le svolazzano avanti al viso per una folata di vento che la fa sorridere imbarazzata.

«Ciao Axel» mi dice con voce pacata «Ciao Rebeca... sei... stai molto bene»
«Grazie, non sono molto abituata a vedermi così, ma grazie» arrossisce appena.

Si avvicina a me piano a causa delle scarpe che hanno un tacco alto. Sono nere, a punta ed eleganti. Il vestito lascia scoperte le caviglie ed intravedo un piccolo tatuaggio su quella sinistra: un occhio stilizzato. Uno di quelli che rappresentavano gli egizi nei loro disegni.

Le vado incontro e le porgo la mia mano gelida e al tocco sussulta appena, poi l'afferra con delicatezza.

Quando sta per salire sul sedile del passeggero, allungo lo sguardo irrimediabilmente verso il suo fondoschiena, ben incorniciato dal vestito attillato. Mi lecco il labbro inferiore.

Oddio... questa ragazza mi farà perdere la ragione.

Respiro profondamente ed entro anch'io. Lei è leggermente rigida, la borsetta stretta sulle gambe, i capelli spostati tutti da un lato e guarda fuori dal finestrino.

«Spero tu abbia fame, ho prenotato in un posto davvero carino» le dico per rompere il ghiaccio, ma la verità è che tra noi in questo momento c'è un vero e proprio Iceberg.

Non fare l'idiota, sei uscito con centinaia di ragazze, parla, cretino!

«Sono sicura che mi piacerà qualsiasi posto, stai tranquillo» deve aver percepito il mio imbarazzo, perché si volta appena e mi sorride.
«Posso?» indica lo stereo «Spero di non dover subire le canzoni di Justin Bieber» alzo gli occhi al cielo, rilassandomi.

«Nah, non stasera» e mi fa una linguaccia.

«Puoi collegare il cellulare e mettere ciò che vuoi» e detto fatto, non se lo fa ripetere due volte che parte Look after you dei The Fray.

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