4 - Non guardarmi così

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"Lei mi guardava sempre in quel modo, con quello sguardo e sapevo di ... mi sentivo vivo."  

J. Courtney

AXEL

Mi ritrovo a sorridere appena questa ragazza, Rebeca James, lascia il mio studio. Intervista interessante, finalmente. Gli altri giornalisti hanno fatto tutti la stessa cosa: hanno scavato nel passato cercano storie su mio padre, provando a scalfire la mia corazza. Lei no. Lei è stata sveglia, pulita, sfacciatamente onesta nel suo modo di toccare i miei punti deboli. Ha parlato di me, non di chi mi ha lasciato questo fottuto impero tra le mani.

Ben fatto, ragazza! Se fosse ancora qui le batterei un cinque...

O forse le darei una pacca sul culo, con quei pantaloni neri che non lasciano molto all'immaginazione.

Maledizione, se ci ripenso, mi torna duro.

È più forte di me. Ho sempre avuto un debole per le donne e loro per me, spesso più di quanto meritassi. Negli anni mi sono divertito parecchio, ho visto un bel po' di corpi di ogni nazionalità, ma da quando è morto mio padre, ho deciso di darmi un contegno. 

Per lui, per l'azienda. Ho smesso quasi del tutto di frequentare i night club dove mi aspettavano le solite biondine affezionate ai miei soldi. In meno di un mese, ho tagliato del tutto e ora mi sento un vecchiaccio che ripensa ai bei tempi con nostalgia.

Ecco cosa intendeva mio padre quando parlava dei sacrifici richiesti dal lavoro. E io, ormai, non posso più tirarmi indietro.

Anche mio fratello Aaron ha rallentato le sue uscite, ma il sabato proprio non riesce a starsene a casa. Sgattaiola fuori come un ladro e un po' lo invidio. Gli ho chiesto almeno di non finire in prima pagina ubriaco fradicio o steso lungo un marciapiede. Non credo mi ascolterà, ma per me la speranza è l'ultima a morire. 

Mentre rifletto su quanto la mia vita sia cambiata da scapolo d'oro a dirigente, Alfred bussa alla porta, puntuale come gli avevo chiesto due ore fa.
«Axel, come mi avevi chiesto, sono venuto per ricontrollare quei documenti.»


È l'unico che mi chiama per nome qui. Mi conosce da quando ero solo un ragazzino e sarebbe ridicolo sentirgli dire "signor Hill". Per me è come uno zio, uno di quelli presenti sempre, nei momenti che contano e soprattutto in quelli di disperazione, come adesso.
«Ti ringrazio. Iniziamo. Ho la testa che mi scoppia e vorrei tornare a casa un po' prima oggi. Tutti questi documenti, numeri, pagamenti... mi fanno venir voglia di lanciarmi dal cinquantesimo piano.»

Alfred ride appena per sdrammatizzare, ma sa che il lavoro che ha svolto mio padre per trent'anni, non è qualcosa che riuscirò ad imparare tutto in una volta. Ha la pazienza di un Santo e comprende la difficoltà.


Se fossi donna, lo bacerei in fronte, ma suppongo che sappia già che lo rispetto più di chiunque altro in questo palazzo. Con lui vicino, reggo meglio la tensione, persino quando dobbiamo affrontare clienti stronzi e soci falsi come una banconota da tre dollari.

Non avrei mai pensato di dover dare ragione al mio vecchio sul fatto che la disciplina è tutto. E ora mi tocca perché io, Axel Hill, sono il nuovo volto della Hill's Techonolgy.

Che mi piaccia o no. E no, non mi piace per niente.

Rebeca, secondo me sa bene chi sono.
Le ho letto negli occhi la voglia di pormi un paio di battute taglienti e ha notato anche quando ho dato un'occhiata al bottone ribelle della sua camicia.
Scommetto che ha più lato B che seno, ma promette bene, la ragazza.

Capelli scuri, ricci, occhi color miele, labbra che si mordeva per la tensione.

Beh un giro me lo farei.

Before your touch - Tocco mortaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora