17 - La morte continua a bussare alla mia porta

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"La morte attende fuori, come un'ombra che non smette mai di chiamarmi."

Silenzio.

Axel mi guarda negli occhi mentre pronuncio quelle semplici parole e forse vorrebbe chiedermi "E dov'è che nascondi questo fidanzato?", ma invece resta immobile, le mani ancora accarezzano il mio viso.

«Forse è meglio che vada» dico con voce tremante «è notte fonda, è pericoloso girare per il campus a quest'ora. Ti faccio preparare una camera e domani mattina ti chiamerò un taxi» annuisco alzandomi dalla sedia, mettendo una distanza di sicurezza tra noi che non vorrei neanch'io.

Mentre avvisa i domestici del piano di sotto, mi avvicino all'altro lato del letto e accarezzo dolcemente la mano di Aaron. Gli sussurro un «ci hai fatto spaventare a morte, sciocco!» a voce così bassa che credo che Axel non sia riuscito a sentire.

Nonostante il fatto che Aaron sia ancora vivo e stia "bene", sento in qualche modo di essere arrivata tardi per lui. Forse il suo problema con l'alcol e con le droghe è qualcosa che né io né Axel possiamo risolvere da soli.

«La camera sarà pronta tra 10 minuti» avvisa una domestica bussando appena alla porta aperta. «Grazie Coraline» sorride in maniera frettolosa mentre Axel prende il suo cellulare e scrive messaggi a non so chi.

Lo osservo fino a quando alza il volto e mi riserva un'occhiata stanca «Stai tranquilla, è tutto a posto» lo è davvero? «Mi dispiace se ti ho dato un segnale sbagliato» sono incredula della frase che ho appena detto, ma nella mia testa si mescolano 1000 motivazioni diverse e nessuna è in grado di dare ad Axel la risposta che davvero vorrebbe.

«Il problema sai qual è Rebeca?» posa il cellulare e si avvicina con poche falcate «Il problema è che sono sicuro di non aver frainteso niente tra noi» il calore del suo corpo mi avvolge ed il cuore mi batte così forte da voler uscire da petto. Sembro una statua, lo guardo immobile, le labbra serrate per non rispondere, per non urlargli un inutile "Hai ragione".

E proprio mentre sta per avvicinarsi ancora di più, il maggiordomo che ci ha aperto qualche ora fa la porta d'ingresso entra nella stanza passando ad Axel un cellulare su cui è avviata una chiamata.

«Quando vuole può andare in camera, signorina» mi rivolge un sorriso gentile e ne approfitto per seguirlo in corridoio.

Tre camere più avanti vedo Coraline, la domestica, che mi fa cenno di seguirla per sistemare finalmente le mie cose.

«Questa è la sua stanza ed è pronta. Ha il bagno in camera e tutto ciò che le serve è sul letto, ma se avesse bisogno di altro, sono su questo piano» dice uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.

Finalmente sola.

Quando entro, mi fermo un attimo, colpita dalla sua bellezza e semplicità, come il resto della villa d'altronde. Le pareti sono beige chiaro con delle linee azzurre lungo il bordo del soffitto, come se avessero voluto richiudere in questo soffitto un pezzetto di cielo e c'è una porta finestra che spunta su un piccolo terrazzo pieno di piante curatissime. Apro la finestra e mi affaccio, godendomi per qualche secondo in silenzio le luci della città che stanotte sembra più bella che mai.

Una folata di vento caldo mi accarezza e chiudo gli occhi cercando di inspirare ed espirare lentamente.

"Posso farcela. È solo l'ennesimo capitolo della mia vita in cui rinuncio a qualcuno o qualcosa che amo" mi dico riaprendo gli occhi.

Decido di rientrare e mi siedo sul bordo del letto matrimoniale, altissimo, uno di quelli che si trovano negli hotel a 5 stelle, sopra c'è una trapunta leggera, anch'essa di una tonalità d'azzurro. Di lato vedo degli asciugamani, un accappatoio bianco ed una camicia da notte, che praticamente è più un baby-doll, di un bellissimo blu, con ricami chiari.

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