19 - Pezzetto dopo pezzetto

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"Conosco solo destini sbagliati." H. Muller

È pomeriggio, il sole batte forte sulle nostre teste e l'aria calda mi accarezza il viso, scompigliandomi i ricci.

«Sei sicuro che funzionerà?» Sono incerta, mentre mi tolgo le scarpe e resto a piedi nudi tra l'erba alta. Il terreno è leggermente umido, probabilmente in questi giorni è piovuto forte qui e intorno a noi non c'è assolutamente nulla, solo distese di verde incontaminato e papaveri sparsi un po' piegati dalla forza del vento, come noi.

«Sicurissimo. Al mio tre urlerai come non hai mai fatto nella tua vita.» Inizia a contare lentamente.

1... 2... sento un macigno sul cuore, una scarica di paura mista a preoccupazione, 3...

Urlo.

Urlo così forte che la gola mi pizzica. Apro le braccia e accolgo il vento che soffia nella mia direzione. Mi chino leggermente per permettere all'aria nei polmoni di uscire con violenza, insieme alle mie urla strazianti.

Urlo per tutte le anime che ho preso, soprattutto quelle giovani. Urlo per la mia vita che non riesco ad amare e apprezzare.

Urlo perché ho pensato così tante volte di farla finita da averne vergogna.

«Così, brava, lascia andare tutto» mi grida Eric, mentre chiude gli occhi e si tuffa indietro atterrando sull'erba alta.

«Così, brava, lascia andare tutto.» Mi grida Eric, mentre chiude gli occhi e si tuffa indietro atterrando sull'erba alta. Quando me lo sono trovata all'ingresso di Stanford ho pensato fosse matto. "Salta su" mi ha detto con la sua solita aria da teppista, ricavandone un irrimediabile dito medio. Poi a convincermi è stata una sua frase: "Vuoi sentirti meglio? E allora sali in auto e smettila di fare la mocciosa."

E io desidero di potermi sentire meglio con ogni fibra del mio essere, con tutta la mia anima nera e sporca di cenere. Lascerei che il mondo bruciasse pur di avere un attimo di tregua. Aprirei le porte dell'Inferno per farvi uscire tutti i demoni maledetti, se servisse a liberarmi da ciò che sono, da ciò che mi tormenta. Ma sono solo io, una stupida ragazza di venticinque anni che prova a scappare da sé stessa.

Mi costa molto ammettere che venire qui è stata la migliore decisione dell'ultimo periodo. Non mi sentivo così bene, così libera da... da mai in realtà. Mentre grido, mentre butto fuori tutto il mio dolore, sento ogni pezzetto della mia essenza ricomporsi temporaneamente. Le lacrime scendono senza controllo, la voce ormai è rauca e finalmente smetto di strepitare, accasciandomi accanto ad Eric.

«È stato liberatorio, cazzo!» Sorrido asciugandomi le guance e l'eye-liner che probabilmente mi è colato. «Sapevo che ti avrebbe aiutata, dovresti fidarti di più di me.» Sogghigna e si gira su un fianco per guardarmi meglio. «Forse dovrei» ammetto ridendo piano e il respiro si placa. C'è ancora una leggera tensione nei muscoli, la gola mi brucia e ho il solito fastidioso ronzio in testa, ma tutto sembra un eco di ciò che ho appena sfogato. Eric mi osserva con un'intensità che mi fa sentire nuda, come se volesse provare a scavarmi dentro e i nostri corpi sono vicini, tanto da sentire il suo calore.

«Dovresti farlo più spesso.» Mi sistema i ricci dietro l'orecchio che continuano a svolazzare impazziti. «Urlare? Hai ragione.» Alzo le spalle, ma lui scuote la testa divertito.

«No, lasciarti andare. Sai qual è il tuo problema, piccola Rebeca?» Inarco un sopracciglio per la sua spavalderia. «Illuminami, Scassa-Eric.» Incrocio il suo sguardo furbo. «Sei troppo rigida. Troppo severa con te stessa. Ti tormenti, ti fai troppe domande che palesemente non possono avere risposte e ti neghi le gioie della vita.»

Before your touch - Tocco mortaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora