𝒞𝒽𝓇𝒾𝓈𝓉𝑜𝓅𝒽𝑒𝓇

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Tutta la varietà,
tutta la delizia,
tutta la bellezza della vita
è composta d'ombra e di luce
Anna Karenina


Sento le urla di mia madre arrivare da lontano, soffocate, come se qualcuno le stringesse la gola. Provo a raggiungerla, ma ogni passo mi tira indietro, come se il pavimento fosse fatto di sabbie mobili che mi trascinano giù sempre di più.

Mi volto. Derek è lì, proprio davanti a me. I suoi occhi sono vuoti, spenti. Prima che riesca a chiamarlo, prima che possa anche solo allungare una mano verso di lui, svanisce nel nulla, dissolvendosi come polvere portata via dal vento.

Tutto inizia a vorticare. Le pareti si piegano, deformandosi in spirali di ombre e luce, mentre le urla si fondono con un ronzio assordante. Il pavimento si inclina, e il mondo sotto di me perde ogni senso di equilibrio.

Tra la nebbia che avvolge ogni cosa, occhi verdi, luminosi, mi fissano con un'intensità quasi ipnotica.

Meri.

Mi svegli di soprassalto, con la luce invadente del sole che si riversa nella stanza attraverso le persiane semiaperte, tagliando l'aria con lame dorate. È una giornata estiva, ma tutto ciò che vedo è una distesa opaca, priva di colore. Il cielo sarà anche azzurro, ma per me sembra di un grigio sbiadito, senza vita.

La stanza del motel è piccola, anonima, eppure c'è qualcosa di soffocante nelle pareti color crema, stinte dal tempo. Il ventilatore appeso al soffitto gira pigro, come se fosse stanco anche lui, emettendo un suono monotono che si confonde con il ronzio lontano delle macchine sulla strada. Sul comodino, una lampada rossa dall'aria sciatta illumina a malapena un posacenere pieno di mozziconi e un bicchiere con tracce di alcol, lasciato lì chissà quando.

Mi siedo sul bordo, guardando fuori dalla finestra. Il calore dell'estate non riesce a penetrare il freddo che sento dentro, e ogni raggio di sole sembra un'ombra distorta.

Potrebbe essere una bella giornata per chiunque altro. Ma non per me. Non oggi.

Guardo l'ora sul display del telefono. La luce blu mi costringe a socchiudere gli occhi. "Le otto," mormoro a bassa voce. Mi alzo con una lentezza quasi depressiva, ogni movimento pesante come se qualcosa mi trattenesse. Trascino i piedi fino al bagno.

La stanza è piccola, soffocante. Le piastrelle, di un bianco sporco, sembrano riflettere una luce stanca che filtra dal minuscolo finestrino sopra la doccia. Lo specchio, segnato da aloni e macchie di calcare, riflette una versione sfocata di me stesso.

Apro il rubinetto, l'acqua scorre tiepida e gocciola sul metallo opaco, producendo un suono monotono, quasi irritante. Il mio riflesso nello specchio mi fissa: un volto stanco, segnato da una vita che sembra essersi accanita su di me. Le occhiaie sono scure e la pelle è tirata.

Mia madre è morta, usata come una cavia da laboratorio. Mio fratello è scomparso, perché...

Abbasso lo sguardo e chino la testa sopra il lavandino. L'acqua scivola sul mio viso, fredda, seguendo il contorno della mia fronte, fino a raccogliersi sulla punta del mio naso. Le gocce cadono nella scafa con un ritmo lento e regolare, e per un attimo il mondo si riduce a quel suono.

Una scarica di adrenalina mi travolge, annebbiando ogni pensiero. Sento la bile risalire, come se si stesse diffondendo nelle mie vene. La vista si offusca e le mie nocche diventano bianche per la forza con cui stringo il bordo del lavandino.

Solo il suono dello specchio che si frantuma sotto i miei occhi mi riporta alla realtà. Schegge di vetro sono sparse ovunque, scintillano come frammenti di qualcosa ormai irrecuperabile. Il sangue scorre lentamente dalla pelle spaccata, rosso vivo contro i pezzi di vetro che ora giacciono sul pavimento, come testimonianza silenziosa della mia rabbia.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑳𝒐𝒗𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora