𝑀𝑒𝓇𝒾

91 25 62
                                    

A pelle si sentono cose
a cui le parole non
sanno dare un nome

Alda Merini


Sono passate due settimana da quando ho incontrato l'amico di Coralline al bar. Ancora riesco a percepire i suoi occhi studiare il mio corpo. Non sono mai stata guardata in quel modo da un ragazzo. O, se fosse successo, non me sono mai resa conto. Il suono acuto della campanella cresce insieme alle voci dei miei compagni, che entrano come una mandria di bufali in aula. "Buongiorno a tutti", segue il saluto di Morrison. Lo scruto attenta, la sua mano tesa, regge un libro aperto, mentre l'altra aggancia l'angolo della pagina.. Passa di fronte al mio banco, con un mezzo sorriso e occhi densi. "Signorina Cavallaro, buongiorno". La voce bassa del professore  spazza i miei pensieri. "Buongiorno, professore", rispondo con più scioltezza rispetto all'ultima volta. "Come procedono le lezioni?". Chiude il libro che stava sfogliando e mi guarda con gli stessi occhi intensi del quadro "L'angelo caduto" di Cabane. I suoi lineamenti netti e scolpiti sembrano congelati in un'espressione gravosa, come se celassero una profondità insondabile. Il silenzio tra noi diventa denso e spero di non diventare rossa.

"Abbastanza  bene, grazie". Schiaccio l'insicurezza. "Le-Lei come sta?". Chiedo con la voce tremante. Certo che le pick me girl, possono solo imparare da me. Solleva un sopracciglio, un lieve sorriso sfiora le sue labbra. "Sto bene, grazie," dice con tono calmo. "Oggi esploreremo un concetto fondamentale. L'equilibrio dei sapori", Morrison inizia la lezione. Spiega lento ogni concetto, ma tutto quello che il mio cervello pervertito percepisce, sono i suoi bicipiti tendere il tessuto della camicia bianca. 

Mentre parla, passeggia per la stanza, gesticolando con le mani. "Pensate a una vinaigrette," continua, "La chiave è trovare il giusto equilibrio tra l'acidità dell'aceto e la dolcezza dello zucchero o del miele." I suoi occhi si posano su di me, per un attimo più lungo del solito, e un lieve sorriso sfiora le sue labbra. Un brivido attraversa la spina dorsale, abbasso lo sguardo, cercando di rimanere concentrata sugli appunti. Gli appunti? Cavolo sono l'unica ad avere ancora il banco vuoto. Il suo fascino sovrumano mi ha fatto il lavaggio del cervello. Lo seguo con lo gli occhi, mentre muove le braccia per indicare i punti scritti alla lavagna.

"Prendiamo un altro esempio. La ratatouille," spiega Morrison. "È un piatto semplice, ma ogni ingrediente deve essere trattato con rispetto per mantenere il proprio sapore distintivo, ma deve anche armonizzarsi con gli altri". Ascolto incantata, non so se per le sue parole o per il suo carisma. Una mano si alza in fondo all'aula. "Professor Morrison, come si può riconoscere quando un piatto ha raggiunto il giusto equilibrio?". chiede un mio compagno.

"È una domanda eccellente," risponde il professore, annuendo. "Il miglior modo per sviluppare questa abilità è l'esperienza e l'assaggio costante. Ogni piatto che preparate vi insegna qualcosa di nuovo sui sapori e sull'equilibrio". Scrivo l'univo appunto inutile sul quaderno, per fare scena. Rileggo. "E quando il piatto è fuori equilibrio?", scappa involontariamente, forse troppo ad alta voce. Me ne accorgo subito dopo, ma tengo la vista ferma sul foglio bianco, sperando che nessuno, o meglio, che Morrison non abbia sentito.

"Ottima domanda, signorina Cavallaro". I miei occhi scattarono subito dalla punta della biro, ancora puntata sul quaderno, a quelli del professor Morrison. Le guance si scaldano e le spalle tremano leggermente. "A volte basta aggiungere un pizzico di sale, un tocco di acido o una nota dolce," inizia tenendo lo sguardo fisso nel mio. Con passo lento attraversa l'intera stanza fino a fermarsi di fronte al mio banco. "Anche quando un piatto sembra fuori equilibrio, c'è sempre un ingrediente che bilancia". Un silenzio assordante, cala nella classe, subito spezzato dal suono della campanella.

Tutti si alzano, strisciando sedie e banchi sul pavimento. Corrono verso la porta della classe, tranne Alex. Morrison, mi scruta con occhi penetranti e urgenti e con la coda dell'occhio riesco a intravedere Alex osserva scena. "Allora", allunga le consonanti, "io vado", dice, sono ancora sugli occhi del professor. Il corpo sembra essersi congelato e anche se la mia testa urla di andarmene via. "Va bene", la mia risposta trema. Alex aspetta ancora qualche secondo, come se mi stesse dando una seconda possibilità per andare via con lui, ma io non mi muovo.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑳𝒐𝒗𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora