𝒞𝒽𝓇𝒾𝓈𝓉𝑜𝓅𝒽𝑒𝓇

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Piangere non indica che sei debole,
Sin da quando sei nato, è sempre stato
un segno che sei vivo
.

Charlotte Brontë


L'aria della sera si faceva meno calda man mano che mi avvicinavo a casa. Ogni passo che facevo mi sembrava amplificato dal silenzio che aleggiava nelle vie vuote. Il ricordo della voce di mia madre, quell'eco lontana di una promessa dimenticata, continuava a risuonare nella mia mente.

"Sotto il tappeto c'è una piastrella."

Non riuscivo a togliermi dalla testa quella frase, come un segnale d'allarme che non potevo più ignorare. E se non fosse stato solo un pensiero casuale, se dietro quelle parole ci fosse molto più di quanto avessi mai immaginato?

Le mie gambe accelerano, quasi senza che me ne renda conto. Un passo più veloce, poi un altro, e in un attimo sto correndo. Arrivo davanti a casa molto prima di quanto immaginassi. La sua sagoma si staglia nel giardino curato, triste e fuori posto.

Non mi sono mai posto la domanda di come potessimo permetterci una casa così lussuosa. Mio padre è un alcolista e mia madre fa le pulizie. Eppure, questa casa sembra appartenere a un'altra vita, a qualcuno che non conosco.

Mi fermo un attimo, respirando a fondo, e inizio a vedere dettagli che prima non avevo mai davvero colto. Il vialetto, perfettamente lastricato, con ogni singola pietra allineata alla perfezione. La fontana in marmo al centro del giardino, sempre zitta, mai accesa, ma non fuori posto. Perfetta come tutto il resto.

Le piante ai lati del viale sono curate, potate con precisione millimetrica. Palme, siepi, rose che fioriscono anche quando non dovrebbero. Chi si prende cura di tutto questo? Un giardiniere, forse. Ma con quali soldi? Il nostro frigo è sempre stato vuoto, come potevamo permetterci tutto questo?

È come se tutto fosse mantenuto da una forza invisibile, una mano silenziosa che tiene ogni cosa sotto controllo, tranne noi. Noi, che in questa casa sembriamo gli unici fuori posto.

Mentre avanzo verso la porta d'ingresso, il mio sguardo si sofferma su ogni piccolo dettaglio, come se stessi vedendo questa casa per la prima volta. Le grandi piastrelle in ceramica smaltata, il battente dorato sulla porta, le maniglie in ottone lucido... tutto parla di una ricchezza che non ci appartiene, che non può appartenere a noi.

I vetri della bottiglia rotta sono ancora sparsi sul pavimento, mescolati a quelli delle finestre infrante. Mi guardo intorno, cercando Erik, ma non c'è traccia di lui. Controllo ogni singola stanza, lasciando per ultima quella di Derek.

Apro la porta lentamente, sperando di trovarlo sotto le coperte. Ma la realtà mi colpisce ancora una volta. Dalla fessura, intravedo un disordine surreale che mi costringe a spalancare la porta con un colpo secco.

Merda.

Il letto, che una volta stava al centro della stanza, è stato ribaltato, le coperte e i cuscini sparsi sul pavimento come fossero stati strappati via di forza. L'armadio è aperto, le ante penzolano dai cardini come se qualcuno lo avesse forzato o frugato con furia. Vestiti, fogli, e oggetti personali sono sparsi ovunque, un caos incontrollabile che sembra raccontare di una lotta o di una fuga improvvisa.

Il comodino è stato rovesciato, la lampada in frantumi, con il paralume accartocciato in un angolo. Sul pavimento ci sono tracce di passi polverosi, come se qualcuno fosse entrato e uscito più volte. Gli scaffali, che prima ospitavano libri e piccoli oggetti di Derek, sono vuoti, con solo qualche libro scivolato a terra, le pagine aperte, strappate o calpestate.

Il mio cuore accelera, martellando nel petto, mentre il respiro diventa rapido e irregolare. I polmoni si riempiono e si svuotano freneticamente, seguendo il ritmo impazzito della mia ansia. La vista comincia ad appannarsi e le mie mani tremano, scosse dall'adrenalina e dal sapore amaro della bile che mi sale in gola.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑳𝒐𝒗𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora