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TIRI LIBERI

Chloè serrò le palpebre e respirò profondamente. Quella che sarebbe iniziata a breve era La Partita, Lo Scontro Finale.

Scott e gli altri erano disposti in campo e indossavano una canottiera blu. I loro volti erano contratti e tesi.

Il match era davvero importante, l'occasione per dimostrare il suo talento e per mettere a tacere gli spacconi di Scott e del suo team. Riteneva che lei e i suoi compagni di squadra fossero pronti per batterli, dopo gli allenamenti costanti di quei mesi estivi. Quando in settimana aveva testato le disponibilità, era rimasta di stucco di fronte alle loro reazioni partecipi e gioiose: non aspettavano altro che giocare contro i loro acerrimi rivali. Al campetto aveva fatto poi l'agognata proposta a Scott e le ultime insicurezze che riponeva nell'affrontarlo avevano lasciato il posto a un'ostinata determinazione. Lui infatti aveva accettato senza remore, con il suo solito fare spocchioso e arrogante. «Siete molto coraggiosi a voler giocare un'altra partita contro di noi. Non vi sono bastate le altre?», le aveva risposto con vanteria.

"A quanto pare, l'umiliazione che ha subito alla festa scolastica da Jeff e James non gli ha fatto cambiare atteggiamento. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio", aveva dedotto, infastidita.

Fece un giro su sé stessa e si compiacque. Intorno alle linee che delimitavano il campo, stavano assiepati una trentina di spettatori, alcuni capitati nel parco per caso e con la voglia di gustarsi uno spumeggiante match di basket, altri su invito dei giocatori. Richard saltellava brioso tenuto per mano da suo padre Josh.

Tra la folla notò anche Sarah e dedusse che fosse stata invitata da Scott. Oltre a loro era presente anche Lucas, ingobbito sulle sue stampelle, Grace, e Jeff, che si muoveva avanti e indietro agitato. Il suo amico l'aveva incoraggiata più volte, sapendo quanto lei vivesse quel match come una rivalsa personale, un tentativo di riscatto per affermare che poteva stare alla pari degli uomini.

Chloè colse lo sguardo partecipe di Lia. Giorni prima aveva iniziato a frequentarla e fin da subito lei non le aveva fatto mancare il suo sostegno. Lia le aveva dato la carica e le aveva infuso la convinzione che ce l'avrebbe potuta fare.

Le dispiacque invece che suo cugino Mark e James non fossero venuti. Li aveva avvisati, ma a quanto pareva erano impegnati in altre faccende.

Fissò l'arbitro amatoriale. Il signore sulla quarantina teneva il fischietto tra le labbra. Avevano concordato tre tempi da dieci minuti ciascuno, uno in meno rispetto alle partite dei professionisti. Sarebbero stati trenta minuti di fuoco, incessanti e combattuti.

Suo padre urlò: «Forza ragazzi, mettetecela tutta!»

L'arbitrò fischiò e l'incontro ebbe inizio.

Primo tempo

Nei primi minuti Chloè corse a prendersi molti palloni, smistandoli verso i compagni e indirizzando l'azione offensiva. La sua squadra puntava molto sul gioco di squadra: la palla veniva fatta girare da una parte all'altra del campo con velocità e, appena si intravedeva uno spazio sfruttabile, si andava a canestro. I contatti fisici molto vigorosi, al limite del fallo, si susseguivano uno dietro l'altro, rendendo la partita un po' bloccata e poco esaltante. Scott, nel ruolo di centro, occupava bene la zona rettangolare sotto il canestro difeso dagli avversari. Riceveva più volte il pallone e, dopo essersi girato usando il corpo come scudo, lo schiacciava con potenza. La sua abilità nel destreggiarsi palla alla mano e il suo strapotere fisico sbalordivano il pubblico rumoroso.

Chloè calò ben tre triple, dei tiri perfetti e precisi, che suscitarono l' «Ooohh!» ammirato degli spettatori. Il primo tempo si chiuse sul 13-10. La squadra di Scott si trovava incredibilmente in svantaggio.

Summer '98Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora