CAPITOLO DECIMO - parte 1

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Un grosso tir avanzava a velocità piuttosto elevata sulla strada buia, fendendo l'oscurità con un paio di grossi fanali.
All'interno della cabina, il conducente intento ad ascoltare della musica anni settanta a tutto volume, notò troppo in ritardo la ragazza che attraversava correndo la strada.
Asya voltò la testa, e si rese subito conto di quanto il muso del camion fosse vicino.
Da quel momento, i secondi che seguirono sembrarono scorrere a rallentatore.
È strana la sensazione che si prova quando si comprende che si sta per morire; non è brutta come dicono. La mente si arrende all'idea, seppur si ostini a cercare una via di fuga.
E così fu anche per Asya: guardò i fari, così vicini ed accecanti, e riprese subito a correre dandosi una spina in avanti, pur sapendo che era impossibile ormai sfuggire all'impatto.
Il ferro duro della carrozzeria era ormai a pochi centimetri dalla sua spalla, la sua fine era giunta.
Gli pneomatici stridevano sull'asfalto, ma il moto del pesante mezzo non accennava a rallentare.
In quell'esatto istante, tuttavia, arrivò qualcuno che come un angelo la strappò dalla morte.
Sentì un forte colpo sulla schiena, come uno spintone, ma dato con così tanta forza da farla balzare in avanti, atterrando sull'asfalto freddo.
E proprio mentre la sua spalla sbatteva a terra, nell'aria echeggiò un rumore ben peggiore. Il camion travolse chiunque si fosse buttato in mezzo alla strada per spingerla via, scaraventando il suo corpo a cinque metri di distanza.
Il tir andò poi in scivolata, finendo per sbattere contro ad un muro e generando un rumore quasi assordante.
Asya si alzò in piedi, confusa e terrorizzata, cercando di penetrare con gli occhi quell'oscurità. Annaspando volse lo sguardo verso il corpo della persona che adesso se ne stava distesa a terra, sull'asfalto, in un bagno di sangue. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola, presa dalla paura e dall'orrore, mentre si avvicinava barcollado.
Era appena scampata alla morte, ma chi ne aveva pagato il prezzo?
Solo quando fu abbastanza vicina la ragazza si rese conto che si trattava dello strano tipo con la maschera.
Si inginocchiò accanto a lui, gridando aiuto con tutto il fiato che aveva in gola, mentre d'impulso poggiava le dita tremanti sulla maschera, per sollevarla.
Le lacrime le appannavano la vista, la paura faceva tremare i suoi muscoli e le chiudeva la gola. Sentiva la testa girare, era così tesa e spaventata che da lì a poco sarebbe svenuta.
Premette le dita sulla maschera e la sollevò lentamente, singhiozzando senza sosta; e con sorpresa e sgomento ricononne il volto di Tim.
La bocca della ragazza si spalacò in un disperato grido. -Tim!!-. Avvolgendo le mani dietro alla sua nuca e rivolse la testa del ragazzo verso il cielo.
-Tim! No! No! Ti prego, no!-.
Gli occhi di lui erano ridotti a due fessure, e la guardava con un lieve sorriso sulla bocca. Il sangue era ovunque: macchiava i suoi vestiti, le guance, le labbra, i capelli. Si allargava in una pozza sotto al suo corpo.
-Ti prego...Tim.... non morire- balbettò la ragazza accarezzandogli la testa.
Ma a quel punto Tim già non poteva più sentire la sua voce.
Era svenuto, lasciando che la sua testa si appoggiasse sull'asfalto freddo, bagnandosi nel rosso del suo stesso sangue.
Da quel momento in poi, anche Asya non capì più niente. Sollevò la testa di Tim e la appoggiò sulle sue gambe, continuando ad accarezzargli i capelli. Sentì il conducente del camion avvicinarsi e gridare.
-Oh mio Dio che cosa ho fatto!-.
Poi sentì le sirene dell'ambulanza e la voce del capo che le ripeteva che andava tutto bene. Non si rese neanche conto che le teneva una mano sulla spalla.
La sua mente era come caduta in un limbo che l'aveva dissociata completamente da tutto ciò che aveva intorno. 
Si staccò da Tim solo quando i medici lo portarono via, e rimase in ginocchio soffocata dal pianto.

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