Capitolo 19

29 5 0
                                    

Aron

Stanotte non avevo sonno. Quindi ne ho approfittato per pagarne una, portarmela a letto, di darci dentro come non mai, e di bere come non abbia mai fatto.
Ero frustrato. E come ogni volta che lo ero, sapevo già su chi e cosa contare. Anche se tutta questa monotonia, certe volte stufa. Quella mattina comunque feci uscire la mora, o la bionda, non mi ricordo nemmeno, ma sinceramente non me ne frega un cazzo. E poi mi feci del caffè e mi accesi una sigaretta. C'era ancora puzza di alcol, dalla sera precedente. O forse anche prima.
Non mi era mai importato sinceramente. Facevo già paura.
Prima mi importava di più. Forse. O forse era solo finzione. Sta di fatto che ora mi prendo il caffè per svegliarmi un po'. Era sacro nella mia routine. Non poteva mai mancare.
Poi mi arriva una chiamata da uno dei miei amici mafiosi e risposi.

"Ciao, che succede?"
"Li hai avuti sì o no?"
"Non ancora, oggi vado."
"Cazzo, dai sbrigati. Entro dopodomani li vogliamo. Se li hai bene, sennò sai già che succederà." E mi riattacca.

Io mi cago in mano. Ero già frustrato, figuriamoci ora.
Alla fine in tutta sta merda mi ci hanno messo loro. Maledetti quando li ho ascoltati. A darmi i soldi per l'intervento. Ad aiutarmi. Alla fine mi hanno solo rovinato la vita. Ma indietro non si torna. Io ho fatto tanto per essere come loro alla fine. Accecato dal fatto che mi aiutassero, e mi hanno alimentato di odio, rimorsi e mancanze alla fine. Quando potevo stare a casa e non rovinare tutto. Ma mi sono impegnato ad arrivare dove sono ora. Probabilmente rimarrò anche solo. Ma soli è meglio che male accompagnati, no...?

Cercavo di darmi un motivo per cui non vergognarmi ulteriormente. A far finta di essere superiore e di avere un controllo che in realtà non avevo. Prima che andava tutto bene. Avevo i miei soldi, scopavo, avevo una famiglia. Paradiso praticamente. Ed ora invece vorrei tornare indietro. Anzi vorrei cambiare il mio passato per avere magari un futuro diverso. Ma non posso. Non si torna indietro.
Allora presi il telefono e chiamai Leonardo.
Lui dopo un po' mi rispose.

"Cazzo c'è?" Mi dice.
"Sai già cazzo c'è. Se entro oggi non mi date quello che mi spetta ci saranno conseguenze gravi."
"Certo come no, ci hai rotto il cazzo. Ora basta. Riattacco"
"Io toccherò Emily. E non ho paura di farlo."
"Se ci provi ti ammazzo."
"Non riusciresti."
"Vuoi vedere?"
"Come fa una formica ad uccidermi? Io le calpesto tutte direttamente. Ricordalo."

Poi vedo che riattacca.
Tanto quello che dovevo dirgli gliel'ho detto.
Quindi aspettai il pomeriggio e gli scrissi:
"Alle 18 al parco. Sai già che fare."
E quando si fecero le 18 lui non era ancora arrivato ma arrivó Emily. Direttamente.
Le vado vicino.

"Guardate un po' chi abbiamo qui."
"Senti coglione. Tieniti i tuoi soldi del cazzo. Ma non romperci più i coglioni."
Li conto.
"Sono la metà."
"Te li fai bastare per iniziare."
"Io li voglio tutti. "
"Ti attacchi al cazzo" fa così e inizia ad allontanarsi ma io la prendo per il braccio avvicinandola.
"Tu non vai da nessuna parte."
"Certo, e non solo mi allontano. Se rompi il cazzo urlo pure."
"Fallo." E faccio col bendarla la bocca e le braccia.

Non c'era nessuno, e così la sbatto sulla portiera della mia macchina. Prendo un coltello e le rigo tutto il fianco sollevandole la maglietta. E anche sul petto. La vedo cercare di ribellarsi, di urlare. Ma a me non importava.

Ma alla fine sentii una voce alle mie spalle, e fui costretto a girarmi.
"Polizia. Mani in alto. Subito."

Io feci come mi dissero. Notai che c'erano tutti. Leonardo, William, Jasper e Cassandra.
Quando la polizia prese Emily, lei corse dalla sua famiglia, anche se a fatica, dato le ferite.

La polizia mi legó le mani dietro la schiena, mi fecero entrare in macchina. Ma prima di chiudere lo sportello aggiunsi una cosa importante.

"Non finisce qui. Ricordatevelo."
E mi chiusero lo sportello e mi portarono in centrale per un interrogatorio. Era estenuante.

"Allora. Come mai hai fatto ciò prima? Che ci facevi lì? Qual è il tuo obiettivo?"
"Vuole anche il codice fiscale? O sapere quante me ne sono scopate?"
"Le consiglio di attenersi alle domande se vuole migliorare il suo stato. Se non farà ciò che chiediamo farà comunque la stessa fine. Ma con meno privilegi. Veda lei."
"Va bene. Loro mi devono dei soldi. Tanti soldi. Sono in debito con me."
"Di che debito parla?"
"Parlo di tantissimi soldi. Me li devono dopo tutto ciò che ho fatto per loro."
"E cosa avrebbe fatto per loro? Oltre a non fare il padre, a mentire sempre, a ricorrere alla violenza psicologica e fisica, a ricorrere al gioco d'azzardo, a dare sempre la versione peggiore di lei? Ho dimenticato qualcosa?"
Mi trovo in difficoltà sulla risposta.
"Mi stia a sentire. Lei..." mi interrompe subito.
"Il <mi stia a sentire> se lo può ficcare su per il culo. Io non sono suo padre. Non sono suo fratello né suo cugino.
Qui le regole le detto io. Se io dico che mi deve rispondere bene alle domande, lei è tenuto a farlo. Ha capito bene o le serve un disegnino?"
Sbianco. Non sapevo come rispondere. Non potevo nominare i miei amici mafiosi. Devo sperare che non lo vengano mai a sapere. Piuttosto dico che è tutta colpa mia.
"Tempo fa, Cassandra ha avuto un bruttissimo incidente. E doveva fare un intervento. Solo che si doveva pagare una grossa somma. Io mi sono procurato i soldi e ho pagato. Poi ci siamo lasciati. E loro sono in debito con me. Per tutte quelle volte in cui ho dovuto pagare io per loro."
"In sostanza è un manipolatore, narcisista e un immaturo."
"Ma come osa?" Nemmeno mi conosce e già mi giudica. Non sa cosa sono in grado di fare. Ma forse nemmeno io.
"Io oso eccome. Mi dica anche chi sono i suoi amici mafiosi."
Rabbrividisco.
"Chi?"
"Non mi faccia perdere la pazienza."
"Non so di chi stia parlando."
"Perfetto. Lei non collabora e noi lo scopriremo da soli. Intanto abbia già il suo telefono. Comunque lei ha commesso diversi reati. A partire da quando ha iniziato a giocare d'azzardo fino ad ora. Quindi la dichiaro in arresto. Almeno ci ha aiutati leggermente."

Inizio ad avere leggermente paura. Ma non potevo fare nulla. Ormai mi avevano preso.
Ma sicuro io sarei ritornato. Fosse l'ultima cosa che faccio. Non hanno ancora visto nulla. Devo ritornare più furbo che mai. Ma intanto mi portano in prigione.

Quando vidi in lontananza quelle sbarre rabbrividisco. Ero spaventato in fondo. Volevo tornare indietro. Avere una bella vita, in compagnia. Ma quando entrai nella cella mi resi conto che la solitudine, il freddo e l'inquietudine di quelle sbarre era troppo pesante. Mi sentivo mangiare dentro. Piccolo. Invisibile. Impotente. Senza valore.
Ho toccato il fondo. E ora alzarsi? Come si fa?
È proprio in quel momento sentii di non essere solo.
Una voce. Una risata.

"Chi sei?" Dissi.
"Lo sai." A quelle parole iniziai ad avere paura.
Era proprio l'ultima persona che volevo vedere.
"Che vuoi? Che ci fai qui?"
"Beh... ero venuto a fare nascondino sai?
Secondo te perché sono qui eh?"
"Per rovinarmi ancora? Lo vedi che sono qui, non c'è bisogno di ricordarmelo eh"
"Senti. Io do 300 mila euro. E tu così ne esci da qui.
Ma mi ci vogliono dei giorni. Massimo una settimana."
"'Non voglio la tua merda. Preferisco stare qui piuttosto." Non so con quale coraggio lo dissi. Avevo la possibilità di dire addio alla prigione. Ma di essere di nuovo nel tunnel no. Non ci riesco. Non voglio.
"Invece lo faró probabilmente comunque. Ci servi."
E se ne andó.
Quando finirà tutto questo?

~ spazio per il lettore ~
Ed eccoci qua con un altro capitolo!
Scusate, sono stata pienissima con la scuola...,a come promesso, un nuovo capitolo!
Voi come state? La scuola? Spero tutto bene! ❤️‍🩹
Con l'occasione vi ringrazio per i 2000 e passa lettori😭🧸 siete fantastici ❤️, grazie di cuore a tutti!

E se gli altri avessero ragione? Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora