𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑜𝑙𝑜 𝑉𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑟𝑒.

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"Volevo urlare quello che sentivo, ma sono rimastozitto per paura di non esserecapito

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"Volevo urlare quello
che sentivo, ma sono rimasto
zitto per paura di non essere
capito."

Cʜᴀʀʟᴇs Bᴜᴋᴏᴡsᴋɪ.

Scaglio un pugno. Ne do uno ancora. E ancora. Fin quando non cado esausto.

Mi porto le mani sanguinanti al viso come una protezione. Una protezione ai miei occhi. Perché non voglio più vedere il suo viso con le lacrime. Non voglio più vedere io e lei, quella sera.

Ma anche con gli occhi chiusi, la rivedo.

Rivedo tutta la scena e soffro di nuovo.

Soffro così come ho sofferto la sera stessa. Se solo sapessi controllarmi.

Ho rovinato tutto.

Come sempre.

Ma non posso darlo a vedere.

Non mi è concesso.

Non posso. Non capirebbero.

Devo tenere tutto dentro di me.

Non devo tralasciare agli altri niente.

Ed è lì che mi sembra di tornare indietro con la mente.

                      Inizio Flashback

11 anni prima.

«Signora Lancaster, grazie d'essere venuta. Devo comunicarle i risultati venuti fuori dalle nuove analisi di vostro figlio» comunica la dottoressa McKenzie.

«Mi dica pure, dottoressa» pronuncia mia madre.

È nervosa.

Non l'è mai piaciuto venire qui, in ospedale. È sempre venuta la signora Davies con me. Lei mi dice sempre che mamma non viene perché è impegnata, ma io so che non viene perché non le importa di me. Sono un problema per lei.

«Come ben sapete il disturbo di vostro figlio è in continua evoluzione, questo apporta a delle continue analisi e dunque a delle nuove diagnosi» dice ticchettando con penna come antistress.

Ciò non fa altro se non mettermi ancora più ansia e paura. Tant'è che mi stringo ancora di più alla mia felpa.

𝐉𝐮𝐬𝐭 𝐌𝐢𝐧𝐞✰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora