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- Ah! Ahm, che ore sono? - gli chiese.
Gabriele controllò sul suo cellulare.
- Sono le 14:34.
Ma per curiosità... che hai sognato? Se vuoi, puoi anche non dirmelo. -.
Clem girò in giro con gli occhi, indecisa se raccontargli il sogno o no.
- È un incubo che ho spesso: io sono al buio e una creatura vuole farmi del male.
Niente di psicologicamente pericoloso o che. Un normale incubo. - gli rispose facendo le spallucce, non voledolo far preoccupare ancor di più.
- Bhe, se lo dici tu non posso che crederti. Ma comunque, mi spiace. -
- E di che? - rispose ridacchiando.
Dopo circa mezz'ora ebbero il pranzo.
Clem prese il suo album da disegni e una matita, iniziando a disegnare.
Intanto Gabriele si era nuovamente addormentato.
"Finalmente via... certo, mi mancherà da morire Nancy, ma tutto questo è per il mio bene.
Cambiando aria, mi sentirò meglio. E magari queste brutte fantasie mi lasceranno in pace. " commentò tra sé e sé.
Sul foglio scarabocchiava quelli che parevano il simbolo del Killer dello Zodiaco, ma erano leggermente diversi: il cerchio era segnato da una X e non da una croce.
Disegnava quel simbolo da molto tempo. Precisamente, da quando aveva iniziato a vedere la creatura dei suoi incubi. Una creatura alta come gli alberi, vestita in nero e senza faccia.
Ricordò quando la vide per la prima volta: era quando aveva nove anni e viveva ancora in America. Lei e la sua famiglia erano andati a fare un picnic nel bosco vicino la loro vecchia casa.
Nel pomeriggio, Clemmy si avventurò troppo nel bosco e si perse. Per ore vagò tra gli alberi, piangendo e chiamando la sua mamma e il suo papà.
Era quasi il tramonto quando finalmente vide qualcuno. Gridò per aiuto. E quel qualcuno si accorse della presenza della bambina smarrita: una donna dai capelli lunghi e spettinati che portava una strana maschera bianca si avvicinò a lei.
Clem era intimorita da lei, ma non sapeva a chi altri chiedere aiuto.
La donna andò da lei, ma quando le fu a un passo di distanza... ecco che quella orribile creatura che pareva uscire da un libro horror torreggiava alle spalle della donna mascherata.
Clemmy strillò, scappando via. Un fischio assordante le faceva vorticare la testa e quando si guardava indietro, vedeva che la creatura la seguiva comparendo dietro gli alberi.
Per sua fortuna, uscì dal bosco.
Ma non vi ci tornò mai più.
Quel ricordo la lasciava sempre turbata.
Passarono il resto delle ore di viaggio e finalmente l'aereo sarebbe atterrato.
-Si prega di allacciare le cinture. Stiamo per iniziare la discesa.-
- Ebbene anche questo viaggio è finito. - esclamò Gabriele, allacciandosi la cintura.
Anche lei si mise la cinta, sorrisendogli per risposta.
Arrivarono sulla terraferma.
La corvina prese subito lo zaino e si rimise il cappotto.
Accompagnata dalla hostess e dal compagno di viaggio alle sue spalle, andò all'uscita.
Prima di andarsene, Gabriele prese Clem per una spalla.
- È stato un piacere conoscerti. -
- Anche per me. -
- Uhm... perché non ci scambiamo i numeri di cellulare? - le chiese tirando fuori il suo smartphone.
- Certo! Allora... - e gli dettò il suo numero di cellulare.
- A presto, Clem! - la salutò il ragazzo, avviandosi.
- Alla prossima! - gli sorrise.
Anche lei poi se ne andò.
Dopo aver ritirato la sua valigia, fu accompagnata dalla hostess fino alla sala dove il padre la attendeva con la sua sorellina Christianna.
Era elettrizzata all'idea di rivedere sua sorella. Erano passati ben quattro anni dall'ultima volta: chissà quanto era cresciuta, si domandò la ragazza.
Prese il cellulare per controllare l'orario e per metterlo in modalità online.
- Sa quando mio padre arriverà? - chiese alla hostess in inglese.
- Non ne ho idea, mi dispiace. - le rispose, sistemando meglio la valigia nera ai suoi piedi.
Clem annuì rassegnata.
Aveva le occhiaie di stanchezza sotto gli occhi e i capelli neri un po' arruffati; vi passò una mano per poi subito farsi una coda di cavallo con l'elastico che aveva al polso.
Dopo un'oretta ad aspettare ascoltando musica e chiacchierando poco poco con la hostess, finalmente la ragazza intravide la figura possente del padre in lontananza.
- PAPÀ! - gridò saltellando e agitando le mani in aria.
Ma una ragazzina arrivò veloce come una saetta, saltandole in braccio e facendola cadere a terra.
- Hey! Sorellina! Ma che combini? - squittì Clem abbracciandola.
La ragazzina, che di aspetto le somigliava assai se non per la pelle più rosea e i capelli più lunghi, le sorrise a trentadue denti.
- Mi sei mancata tantissimo! - la abbracciò forte forte, con un coro di persone addolcite dalla scena come sottofondo.
- Su, ragazze, dobbiamo andare. - il padre le tirò su da terra e prese a sé la primogenita per un abbraccio che avrebbe lasciato chiunque senza fiato.
- Papà... mi... soffochiiiiiii... - il papà rise e la lasciò andare
- Allora? Felice di essere tornata? -
- Mhm... sì, ne sono felice. - rispose con un sorrisetto.
Salutarono la hostess e si recarono al parcheggio dove poi si misero in auto per andare a casa.
- Clemmy! Clemmy! Posso vedere i tuoi disegni? Per favooooreeee! - la implorò la sorella che sedeva nel sedile posteriore. Non erano neanche partiti che già dava segni di iperattività.
Sospirando ma non di seccatura, prese il suo album dallo zaino e glielo passò.
- Caterina come sta? - le chiese il padre, il signor John Smith.
- Sta bene, anche se si comporta come la menefreghista che è.
Sono più che entusiasta di non sentire le sue grida per un po'. - sbuffò e incrociò le braccia al petto, guardando dritta avanti a sé la strada scura che, nel giro di due ore, l'avrebbe condotta a casa.
- Purtroppo è immatura e sta anche attraversando "quell'età lì". -
- Sì, sì, come no. Io alla sua età non svegliavo un intero palazzo a mezzanotte solo perché mamma non mi passava le chiavi di casa. - commentò sprezzante.
Il padre sospirò e le accarezzò i capelli, prestando sempre attenzione alla strada.
- Ha il suo caratteraccio e tu il tuo. - concluse infine l'uomo.
Clementine annuì.
- Clem, i tuoi disegni sono fantastici! Ma... chi è questo ragazzo? - Christianna le tirò di poco il cappuccio della felpa per attirare la sua attenzione.
Clem si voltò per vedere che la sorella le mostrava il disegno di un ragazzo dai capelli castani e mossi che portava un paio di occhialoni arancioni e una strana maschera sulla bocca e che salutava chiunque guardasse il disegno.
- È un ragazzo che sogno spesso. Credo sia simpatico. - accennò un sorriso.
- Oh, okay. Anche se è piuttosto curioso... - affermò dubitante.
Clementine le diede un cenno di approvazione. E per qualche secondo si perse in un sogno ad occhi aperti.

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