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Clementine ascoltava il ticchettio dell'orologio e il suono della pioggia fuori la finestra.
Si sentiva il collo e la guancia in fiamme perché le aveva appena cambiato le bende e disinfettato ulteriormente le ferite. Qualche ora dopo, le aveva comunicato un'infermiera, sarebbe venuto un poliziotto per condurre le indagini sulla sua aggressione.
Ma si seccava.
Si seccava di raccontare una storia che nessuno avrebbe mai dato per veritiera. Purtroppo, però, era costretta a dare la sua testimonianza.
Giocava con il lenzuolo per perdere il tempo mentre si perdeva nei suoi pensieri.
" Mi uccideranno prima o poi... ma io glielo impediró.
Mi potranno picchiare, perseguitare e farmi andare fuori di testa, ma non mi porteranno mai via la vita e la libertà. MAI.
E se si azzardano a far del male ai miei cari, li tortureró e li ammazzeró lentamente e dolorosamente. Lo giuro." pensò piena di sé.
Sospirò rassegnata.
- Ma chi voglio prendere in giro... probabilmente mi ritroverò in una tomba nel giro di una settimana o due. - si asciugó gli occhi ancor prima di piangere.
Si alzò dal letto e si sporse dalla finestra per schiarirsi le idee. 
Il panorama aveva una bellezza unica: il sole tramontava e andava a nascondersi dietro i palazzi della città, colpiti dalla forte pioggia. Da lì non riusciva a sentire il rumore fastidioso delle auto e dei loro motori, ma solo il picchiettare delle gocce di pioggia sul vetro.
- È così silenzioso qui... - mormorò con un lieve sorriso sulle labbra.
Battè le palpebre pesanti.
Un fischio insopportabile le tappò le orecchie e si mise le mani tra i capelli, con lo sguardo terrorizzato. Riuscì a scorgere dalla finetra un'alta figura che la "fissava" accanto ad un albero nel giardino dell'ospedale.
Si nascose sotto la finestra e intanto iperventilava e tremava come una foglia.
- No no no no no no... allucinazioni... solo allucinazioni, mia cara. Sono solo terrificanti allucinazioni... - si buttò a terra, con le mani sulle orecchie.
Il rumore durò per una manciata di secondi e poi scomparí.
Clem si alzò lentamente dal pavimento, guardandosi guardinga in giro.
" Nessun mostro alto tre metri e senza faccia. Bene. ".
Tirò un sospiro di sollievo.
Si nascose sotto le coperte correndo.
Si cantò una ninna nanna per calmarsi e piano piano fece sbucare la testa dalle coperte bianche, ancora pallida in viso.
Proprio in quel momento, qualcuno bussò alla sua porta.
- Avanti... - rispose la ragazza.
Un uomo afroamericano che portava la divisa da poliziotto entrò con cautela nella stanza, tenendo in una mano il cappello. Aveva le macchie di pioggia per tutta la divisa.
- Salve, signorina... Smith, giusto? Sono l'agente Collins, piacere. - si avvicinò a lei e le tese la mano.
- Piacere mio. - gliela strinse. Si mise più composta che poté per non apparire maleducata al poliziotto.
- Lei sa perché sono qui? -
- È a proposito della mia aggressione avvenuta ieri notte, no? -
- Esattamente. Vede, ora le dovrò chiedere di sforzarsi a ricordare il suo aggressore, così noi potremo catturarlo. - le spiegò con calma, prendendo dalla giacca un taccuino e una penna.
- Mhm... mi... Ci proverò. Anche se era troppo buio e io ero nel panico. - gli rispose poco convinta.
" E perché sono certa che non l'acciufferete mai se quella donna lavora per quel... mostro... " pensò anche.
- Allora... era una donna.
Era mascherata e portava dei guanti... artigliati? Con cui mi ha graffiata. Era forte, perciò credo che abbia una corporatura atletica... mhm... era poco più alta di me... - strinse gli occhi per ricordare meglio com'era la donna.
Intanto l'agente prendeva appunti nel suo quadernino, annuendo di tanto in tanto e mandando delle occhiate alla ragazza per studiarla meglio.
- E... aveva i capelli lunghi... forse castani ed erano molto spettinati. Credo che portasse una felpa o qualcosa del genere e i pantaloni lunghi.
Questo è tutto ciò che ricordo: spero che la possa aiutare nel prendere quella donna. - sorrise cordialmente al poliziotto Collins.
- Il suo è stato un grande aiuto, grazie. Ma, un'ultima domanda... perché era fuori in giardino? E si ricorda se l'aggressore l'abbia trascinata in cucina? -.
Clementine rimase di pietra.
Non le era capitato nulla di tutto ciò!
Il cuore le batteva forte come un tamburo. Un ricordo affiorò all'improvviso.
" Toby. Lui l'ha messa K.O. prima che mi uccidesse... mi ha salvato... la vita. " le si illuminarono gli occhi.
Il poliziotto agrottò la fronte notando il suo sguardo.
" Sarà stato lui a trascinarla fuori? Immagino che lei si sia sporcata col mio sangue e perciò abbia lasciato una scia, forse. " ipotizzò Clem.
- No, agente... non ero cosciente. Ed ero in giardino per godermi l'aria notturna. - mentì.
Il poliziotto la guardò con sospetto.
- Mhm... va bene, la ringrazio per la sua collaborazione. Le auguro una buona guarigione, signorina Smith. - l'agente le strinse nuovamente la mano per poi rimettersi il cappello.
- Arrivederla. - si congedó l'altra.
Il poliziotto se ne andò.
- E quindi... quel mezzo pazzo mi ha salvato la vita. Il mondo sta girando al contrario di sicuro. - commentò ridendo ironica.
Non ci poteva credere.
Si mise stesa nel lettino, guardando fuori la finestra vedendo che si era già fatto buio.
Clementine si mise a cantare per tenersi compagnia: giocò col tono della voce, a cambiare i testi e a imitare la voce maschile. Ma si sentiva ugualmente sola.
Decise di chiamare un infermiere o qualcuno che le potesse dare dei fogli e una penna per disegnare: si alzò dal letto, poggiandosi alle parenti, e andò alla porta.
La aprì e scrutò lungo i corridoi: vide anziani su sedie a rotelle o col bastone che avevano una qualche fasciatura, dottori e infermieri che andavano di qua e di là e altre persone ancora che o erano in visita d'un parente o erano pazienti che volevano sgranchirsi le gambe.
Nessuno prestò attenzione alla corvina, pallida e dagli occhi color nocciola che supplicavano un qualcuno che li notasse. 
- Fa niente... - mormorò a se stessa, rientrando in camera e rimettendosi nel letto.
" Mi farà bene dormire... almeno spero... " si mise su un fianco e chiuse gli occhi.
E nel giro di poco tempo si addormentò pesantemente.

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