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Per degli attimi, si vide davanti agli occhi dei simboli, come se avesse visto in 3D un vecchio filmato rovinato. Vedeva solo cerchi con delle X dentro.
Quel simbolo... lo sognava spesso e lo vedeva ovunque. Ed era certa che fosse legato alla creatura mostruosa che abitava nei suoi incubi. Eppure non ne aveva mai capito il significato.
Scosse la testa, riprendendosi da quel trance: di tanto in tanto le capitava di fissare il vuoto a causa di quell'allucinazione.
Passò il tempo e finalmente arrivarono alla loro destinazione.
- Clem, Christianna ... siamo arrivati. - annunciò John.
La casa in cui la ragazza avrebbe vissuto per il resto dei suoi anni da teenager era bianca con il tetto grigio ed era molto grande, aveva anche un giardino fuori la porta ed era accanto a un lago, accerchiato da altre case uguali.
Ma con orrore Clem notò che dietro alla casa c'era un bosco. Un enorme bosco.
Le vennero i brividi al sol pensiero di rivivere quella traumatica esperienza di tanti anni prima.
Per sua fortuna, entrarono in casa velocemente e il papà la aiutò arrivarono posare i bagagli in camera sua.
Clementine si buttó a peso morto sul letto, affondando la testa nel cuscino.
"Finalmente a casa. FINALMENTE UN BEL LETTO."
Si mise a sedere a gambe incrociate, guardandosi attorno. La camera bianca aveva al centro un letto singolo, a sinistra un comodino e difronte un comò con sopra una televisione probabilmente preistorica.
C'erano delle scatole con le vecchie medaglie e altre cose dell'esercito che appartennero al padre.
- E ora queste sono tutte mie! - commentò simpatica, prendendo in mano e osservando le medaglie con attenzione: andava pazza per quel tipo di oggetti. Spostò le scatole all'interno di un armadio dentro il muro.
Il padre le portò la valigia e anch'essa andò nell'armadio.
Clem poi svuotó lo zaino e posò tutte le sue cose a posto.
Si guardò in giro, mettendosi le mani ai fianchi e sorridendo.
- Domani... shopping! - il suo entusiasmo, però, fu fermato da un forte colpo di tosse.
- Ma anche no! - disse la sorellina, entrando in camera sua.
- Così pare, hehe. Basta che mi prendo uno sciroppo e sarò come nuova. - esclamò con un sorrisetto.
- Però, nanetta, devo un attimo chiamare mia madre e poi ci mettiamo a parlare, d'accordo? -
- Oookie dokie! - e si buttó sul letto già messo a soqquadro dalla proprietaria.
Clementine andò su WhatsApp e chiamò la mamma, raccontandole del viaggio e che stava bene.
Dopodiché le arrivò una chiamata dalla sua migliore amica.
- Tempismo perfetto, cara. - la salutò la corvina, accettando la chiamata.
Christianna le mandò un'occhiataccia risentita: non aveva mantenuto la sua promessa!
- Come sempre.
Comunque, mi hai lasciato sola! E ora con chi dovrei cazzeggiare dopo la scuola? E sarà davvero poco divertente fare gli scherzi ai professori senza una complice. - la sgridó scherzosamente l'amica.
- Criminale, sarebbe stata colpa tua se ci avessero beccate a mettere il sale nel loro caffè! - rise l'altra.
Christianna provava a capire di cosa stessero parlando la sorellona, ma la sua conoscenza dell'italiano era davvero scarsa.
- Comunque sia... mica hai avuto incubi? - marcò bene l'ultima parola: Nancy era una delle poche persone che sapeva del mostro onirico di Clementine e del suo "angelo custode".
- Yap... non potevano non mancare, no? Ho anche avuto una specie di blackout. -
- Come quello dell'anno scorso? -.
A quella domanda la poverina sobbalzò mentre la sua mente ravvivava l'ennesimo ricordo assurdo.
L'anno prima era accaduto che le due amiche passeggiavano per un parco, chiacchierando e ridacchiando. Sembrava tutto perfetto finché Clementine non accusò di avere un leggero mal di testa che via via divenne insopportabile.
Addirittura si accasciò a terra, lacrimando ad occhi sbarrati: vedeva figure distorte, simboli incomprensibili e sentiva qualcuno che le sussurrava cose malvagie all'orecchio. Il tutto finì con un fischio finale che stordì la ragazza.
Il tutto durò quasi un quarto d'ora.
- ... no, non a quei livelli. - rispose con un filo di voce.
- Meno male... ah, volevo dirti- - ma il padre delle due entrò nella camera.
- È ora di dormire! - disse loro.
- Certo, papà... !
Nancy, ci sentiamo domani magari, ok? Ora devo andare a dormire... e dovresti anche tu! - sapeva che in Italia erano sei ore avanti, ovvero le sette del mattino.
- Hey, la giornata a me è appena iniziata! Comunque, buonanotte. - e chiusero la chiamata.
- Allora buonanotte anche a voi. - rispose in inglese ai parenti.
- Notte! - Christianna la abbracciò per poi scappare in camera.
Il papà se ne andò, chiudendo la porta.
Dopo poche ore, però, Clem si svegliò. Alzò la testa per guardarsi attorno e adattarsi al buio.
Un dolore lancinante alla testa la fece gemere.
- Ma che cazzo... ? - si lamentó dal dolore persistente. Allungò la mano al comodino dove aveva appoggiato il suo cellulare, per controllare l'orario.
Ma si congelò sul posto.
Il cuore iniziò a pompare sempre più sangue, la pelle impallidiva e le sue mani tremavano: sentiva che c'era qualcosa in camera sua... qualcosa di cattivo.
L'emicrania fu accompagnata dalla nausea e dalla confusione totale, nonché dal panico.
- No... non ancora... non di nuovo tu! - soffocò un grido per tossire a pieni polmoni.
Osò alzare lo sguardo verso l'angolo più buio della stanza: torreggiava lì, nelle tenebre della notte, la creatura senza volto che la tormentava da assai tempo.
- N-no... ! - Clem cadde giù dal letto, agguantando il suo cellulare come una granata ammazza - creature paranormali.
- N-non ti avvicinare... ! - tossì nuovamente. Arretrava verso l'armadio barcollando.
L'uomo in nero le tese la mano, inclinando di poco la testa da un lato. Dei robusti filamenti neri strisciavano da dietro la sua schiena, attorcigliandosi ai primi oggetti che incontravano. Uno, per sfortuna di Clem, si attorciglió alla maniglia della porta.
- Non voglio s-seguirti... m-mostro! - gli lanciò in testa il cellulare.
La creatura ringhiò con tutta la rabbia che aveva in corpo, allungando quelle specie di tentacoli verso di lei.
Con un urlo di paura, la ragazza cadde nell'armadio rimasto per un quarto aperto.
Chiuse subito l'anta e ci mise davanti le scatole e la valigia nella speranza di bloccarla.
Tossiva e fremeva, aveva voglia di vomitare dal terrore. Velocemente si nascose in un angolo.
" Non può essere reale, non può! La dottoressa mi aveva detto che era solo una mia fantasia! " stava iperventilando: a momenti sarebbe svenuta. Ma si diede uno schiaffo per riprendere il senno.
A caso, notò un buco nella parete abbastanza grande da potersi infilare. Senza pensarci due volte, strisciò nel buco che la condusse all'interno delle mura. Camminó tra le pareti per allontanarsi il più possibile e si fermò solo quando la tosse le scomparve e la nausea si calmò.
Si raggomitolò con la testa tra le braccia e le gambe raccolte, lacrimando dalla paura.
- Lui... non è... reale... - mormorò prima di scivolare a terra svenuta.

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